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Punti di svista

Sinner: uno smash in faccia agli invidiosi

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    È giovane, è simpatico, è educato. È il figlio che ogni mamma vorrebbe avere. Ma soprattutto Jannik Sinner è un tennista fortissimo, attuale numero 2 al mondo e prossimo a scalare la vetta. Ma quando da simpatico diventi anche vincente succede una cosa particolare.

    La fama genera mostri (d’invidia)

    Oltre a quelli che continuano a guardarti con simpatia, ecco spuntare quelli che non vedono l’ora di un tuo passo falso, che aspettano il momento di colpirti, che sperano di poterti in qualche modo criticare. Solo e soltanto perché mossi da un sentimento tanto triste quanto diffuso: l’invidia.

    Una ragazza così non è per tutti… e c’è chi rosica

    E sia mai dunque che il giovane Jannik si trovi una fidanzata, ancor di più se bellissima e famosa. E la collega Anna Nikolajevna Kalinskaja, numero 25 al mondo, è entrambe le cose. Da poco i due hanno ufficializzato la loro storia e apriti cielo. «Sì, è vero: stiamo insieme, ma teniamo alla nostra vita privata», hanno detto. Fosse facile. Oltre al nomignolo «Kalinskinner» appioppato alla coppia, ecco spuntare quelli che «non vincerà più perché è distratto» e quelli che «ecco, lo rovinerà», dimenticando due cose fondamentali.

    Abnegazione totale

    La prima è che per arrivare al livello raggiunto da Sinner c’è davvero poco spazio per la vita mondana e lui è uno che si allena con metodo, cura e attenzione costante e non sarà certo una relazione a distrarlo dalla sua carriera. Anzi, da che mondo e mondo se qualcuno è appagato e felice nella sua vita privata renderà meglio anche sul lavoro. Vale per uno sportivo top come per un qualunque impiegato. La seconda è ancora più semplice: ma saranno affaracci suoi cosa f o non fa fuori dal campo??! Ovviamente sì ma vallo a spiegare agli invidiosi…

      Punti di svista

      The Donald: un clamoroso autogol prima ancora di scendere in campo

      Fresco di nomina alla sanità nel nuovo governo Trump, l’anti-vax Robert F. Kennedy Jr scatena violente critiche da parte degli esperti.

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        È evidente che in un modo o nell’altro siamo tutti appesi al ciuffo più famoso del mondo. Ma quello che realmente farà Donald Trump una volta insediatosi come presidente degli Stati Uniti è ancora tutto da vedere. Tra annunci, promesse, slogan e gaffe assortite, quello che si può già giudicare è come sta componendo la sua squadra. Nomi bizzarri, fedelissimi, tanti punti interrogativi ma di certo un clamoroso autogol prima ancora di scendere in campo: Robert Kennedy Junior. Un negazionista dei principi base della salute e dichiarato No-vax non può assumere il ruolo di segretario alla Sanità del più importante Paese al mondo.

        Fanalino di coda della stirpe Kennedy

        Tra le altre cose, il più bistrattato della famiglia Kennedy, (non a caso rinnegato e disconosciuto dal clan) ha sostenuto che l’autismo è causate da fattori ambientali, tra cui gli agenti nocivi contenuti nei vaccini. In pieno Covid, è stato ufficialmente bollato come “disinformatore” per aver promosso sui social network notizie false sulla pandemia Covid-19. Peraltro, ha detto che il Covid-19 potrebbe essere una malattia “etnicamente mirata”, ingegnerizzata in modo da risparmiare gli ebrei ashkenaziti e i cinesi.

        Si preannunciano tempi cupi

        Non basta? È riuscito a sostenete che l’Hiv non causi l’Aids e ha insinuato che i vaccini obbligatori siano peggio dell’Olocausto. E in una deposizione ufficiale del 2012, mica al bar dopo il decimo bicchiere, ha detto che un verme gli ha mangiato parte del cervello. Dopo le elezioni e l’incarico ha promesso che licenzierà tutti i responsabili della Sanità negli Stati Uniti e, quel che è peggio, che ha detto che bloccherà la spesa destinata alla ricerca di nuovi farmaci per vaccini (ovviamente) Alzheimer e malattie rare, con il probabile risultato di far regredire il mondo della sanità di qualche decennio.

        Scherzare col fuoco

        In politica va bene tutto, siamo abituati. Promesse assurde, personaggi impresentabili, balle colossali. Passi tutto. Ma sulla salute no, non si può scherzare. Chi come Robert Kennedy Jr non è adeguato a un ruolo del genere non deve avere nessun potere. Tantomeno negli Stati Uniti.

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          La lezione di Valencia: chi nega il cambiamento climatico è complice del disastro

          Altro che «anomalie stagionali» o «cicli naturali» o fesserie del tipo «è sempre successo». No, non è sempre successo: il clima è fuori controllo e molto (troppi) stanno a guardare senza fare nulla.

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            In un giorno è caduto il quantitativo di pioggia che solitamente si registra in un anno, forse un anno e mezzo. Così Valencia è sprofondata in un’ondata d’acqua e fanga che ha seminato morte e terrore in città dimostrando una volta di più quanto il cambiamento climatico sia un problema per tutti. E come sia pronto a diventare un disastro per tutti, anche per quelli che fingono che non esista. Ma c’è il rischio, che è quasi certezza, che possa succedere ancora.

            Negare equivale a suicidarsi

            Politici, opinionisti o irriducibili negazionisti del cambiamento climatico sparsi qua e là dovrebbero farsi un bell’esame di coscienza. O almeno un bagno di realtà. Negli ultimi anni i fenomeni meteorologici violenti, con precipitazioni estreme alternate a periodi di siccità, stanno diventando quasi la norma in tutta Europa. E la causa è chiara: un clima che si riscalda e si destabilizza a velocità crescente. Negarlo, significa ignorare dati palesi e auto condannarsi a una crisi che invece richiederebbe misure urgenti.

            Il piano o, meglio… il pianeta B non esiste: bisogna agire subito

            Il tempo delle misure è scaduto. Bisogna agire e bisogna farlo subito. Anzi, potrebbe essere troppo tardi e non c’è più spazio per inutili Cassandre. Perché ormai è evidente: chi nega oggi è complice diretto del domani che rischiamo di non avere.

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              Dall’Iran una lezione di coraggio per tutti

              Il caso della ragazza che, per protesta, è rimasta in intimo dopo essere stata redarguita dalla “polizia morale” iraniana, offre lo spunto per una riflessione più che mai necessaria. Che stimola, una volta di più, alla valorizzazione istituzionale di un simile gesto.

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                Facile parlare e fare la morale a tutti e su tutto quando si vive dalla parte buona del mondo, quella comoda, quella in cui si può dire e fare praticamente tutto ciò che si vuole. Provate a farlo dove le più basilari libertà individuali sono negate. Provate a farlo in Iran. È per questo che la ragazza che si è spogliata in strada dopo essere stata malamente sgridata dalla polizia morale (si, avete letto bene, polizia morale) perché non indossava il velo correttamente è diventata un simbolo. Un’immagine potente, che rappresenta tutto il coraggio di sfidare un regime liberticida a costo di pagare, pesantemente, sulla propria pelle.

                Uno “strip” che deve fungere da sveglia d’allarme

                Il suo gesto non è stato solo un’affermazione di libertà personale, ma una denuncia pubblica contro l’oppressione delle donne in Iran. Di una generazione stanca di subire in silenzio. Di tante persone che vogliono un cambiamento e pretendono giustizia. Una scintilla, non la prima in questi anni, e un ulteriore fortissimo richiamo per noi tutti. Già perché per noi che viviamo belli comodi è facile parlare.

                Noi, spesso “eroi” da salotto

                È facile fare i fenomeni, magari sui social, giudicando questo e quello dal nostro divano. Per nostra enorme fortuna non rischiamo nulla. Ma perlomeno, evitiamo di girarci dall’altra parte. Condividiamo quell’immagine, chiediamo a chi di dovere, alla comunità internazionale, di intervenite davvero contro un regime ormai insostenibile. Facciamo, per quanto possibile, che il coraggio di questa ragazza non vada sprecato.

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