Punti di svista

Siria, la volta che sogna una generazione senza pace

I trascorsi jihadisti del ribelle al-Jawlani preoccupano la comunicta internazionale, per una Siria martoriata con legittime aspirazioni di democrazia. Il suo futuro sarà laico o talebano?

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    C’è una generazione di giovani siriani che aspetta, col fiato sospeso e il cuore diviso tra la speranza e la paura. E con la lontananza da casa che aumenta e amplifica queste sensazioni. Sono studenti, lavoratori. Ragazzi e ragazze che non tornano in Siria da anni perché la guerra continua, le bombe e un regime sanguinario non lo hanno permesso. Adesso, nel giro di pochi giorni, tutto è cambiato. Già, ma come?

    Ribelli al potere

    I ribelli guidati da Abu Mohammed al-Jawlani hanno preso il potere e rovesciato il regime di Assad che da 50 anni teneva il potere con la violenza, la repressione e la paura (non a caso, da buon tiranno, si è rifugiato in Russia dall’amico Putin). La svolta è possibile ma non è scontata. Le prime mosse e le prime parole di al-Jawlani sono state all’insegna della moderazione, della tolleranza e del rispetto, anche di quelle minoranze come cristiani e curdi che negli ultimi anni hanno sofferto la repressione.

    Preoccupazione diffusa

    Si spera che la transizione prima e il nuovo corso poi siano all’insegna di una democrazia che dalle parti di Damasco manca da troppo tempo. Ma la comunità internazionale è preoccupata, per il passato jihadista di al-Jawlani e di molti dei suoi uomini. Un nuovo regime integralista sarebbe come passare da un male all’altro.

    Una generazione che merita la pace

    Ecco perché migliaia di giovani siriani che guardano l’evolversi della situazione da lontano vivono con speranza e paura, così come il resto del mondo. Ma è per loro, il vero futuro di una Paese troppo a lungo martoriato che ha tanta voglia di rinascere, che la comunità internazionale, oltre alle solite parole di circostanza, deve garantire che questa sia davvero la svolta. Non interessi di bottega, non ragioni di confine, non motivi di potere e tantomeno smanie di conquista. No, lo si deve a loro. Una generazione che dopo tanta sofferenza merita finalmente un po’ pace.

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