Sic transit gloria mundi

«Fallo ti prego, fallo ti prego», ma quella di Tamberi è una favola triste

Gianmarco Tamberi, campione fino all’ultimo salto, costretto a fermarsi da un calcolo renale nella sua finale olimpica. Con una preghiera disperata al cielo, ha tentato l’impossibile, ma il destino ha giocato la sua carta più crudele.

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    Il destino sa essere beffardo, e Gianmarco Tamberi ne ha avuto la prova più crudele. Nel giorno che avrebbe dovuto coronare il suo sogno olimpico, a sconfiggerlo non è stato un avversario in carne e ossa, ma un maledetto calcolo renale, un minuscolo sassolino che ha azzerato tre anni di duri sacrifici. È quasi ironico, se non fosse terribilmente ingiusto: la corsa all’oro di Parigi si è fermata a 2,27 metri, molto lontano dai 2,37 che lo avevano fatto trionfare sotto il cielo di Tokyo. La Bastiglia, stavolta, è rimasta inespugnabile.

    Mentre il suo corpo lo tradiva, Tamberi, il Gimbo che tutti amiamo, ha continuato a lottare con ogni fibra del suo essere. “Fallo, ti prego, fallo,” sembrava gridare al cielo, rivolgendo una preghiera disperata a quel corpo che fino a pochi giorni prima sembrava invincibile. Ma il suo corpo, quella macchina perfetta che lo aveva portato sul tetto del mondo, non ha risposto come sperava.

    Abbiamo vissuto la vigilia della finale del salto in alto come un autentico psicodramma collettivo. Ogni minuto, ogni aggiornamento, ogni post di Gimbo sui social era un colpo al cuore. “Anche quella che era la mia ultima certezza sta per svanire,” aveva confessato, lasciandoci tutti in sospeso, con il fiato trattenuto, sperando in un miracolo. Eppure, nonostante la febbre, i dolori lancinanti e il vomito di sangue, Tamberi si è presentato alla finale, cappuccio in testa e sguardo determinato.

    Quando è sceso in pista, il pubblico dello Stade de France lo ha accolto con un applauso che sembrava voler scacciare via quel dolore che gli impediva di essere al massimo. Tamberi ha attaccato l’asticella, ha saltato con tutto ciò che aveva dentro, ma quel maledetto sassolino ha fatto crollare le sue certezze. Ha superato i 2,22 metri, ma al terzo tentativo sui 2,27, le preghiere non sono bastate. Il campione olimpico ha dovuto arrendersi.

    Alle 19:48, Tamberi abdica. La sua corona passa ad altri, ma non la sua grandezza. Perché Tamberi, con il suo coraggio e la sua tenacia, ci ha dimostrato che la vera vittoria non è sempre l’oro, ma la dignità con cui si affrontano le avversità. E mentre il nuovo re del salto in alto veniva incoronato, tutta l’Italia ha continuato ad applaudire un campione che, anche nella sconfitta, ha saputo essere grande. Grazie, Gimbo, per averci fatto sognare e per averci insegnato che, nonostante tutto, vale sempre la pena lottare fino all’ultimo salto.

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