Connect with us

Sic transit gloria mundi

Fratelli coltelli: al Ministero della Cultura va in scena la resa dei conti tra insulti, chat e stracci che volano

Scontri in Transatlantico, consulenze d’oro e complotti: mentre il caso Spano infiamma la politica, Alessandro Giuli si trova sempre più isolato. E con la puntata di Report all’orizzonte, la sua poltrona è appesa a un filo, tra fazioni che lo vogliono fuori e sorelle Meloni divise sul suo destino.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Fratelli coltelli, si potrebbe dire. Al Ministero della Cultura ormai non si parla d’altro: veleni, accuse e faide interne che sembrano uscite da un romanzo di potere e tradimenti. Protagonisti, questa volta, i Fratelli d’Italia. E non è solo un modo di dire: la guerra intestina tra alleati è esplosa in pieno Transatlantico, sotto gli occhi di tutti.

    La scintilla: uno scontro che sa di resa dei conti

    In piedi, vicino a un divanetto, c’è Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura e fedelissimo di Giorgia Meloni. È primo pomeriggio, e il Transatlantico è la solita giostra di incontri e sguardi sospetti. All’improvviso, Antonella Giuli — sorella del ministro della Cultura, Alessandro Giuli — entra in scena. Non è lì per caso. Ha saputo che Mollicone avrebbe chiacchierato un po’ troppo con un giornalista e vuole delle spiegazioni. Da subito, l’aria si fa tesa.

    “Perché negare?”, lo provoca Antonella, accusandolo di essere “una persona piccola piccola”. Mollicone, visibilmente alterato, replica negando tutto e guardando incredulo il collega Paolo Trancassini, questore del partito: “È tutto folle!”. Il botta e risposta degenera rapidamente: “Mi stai minacciando?”, urla Mollicone avvicinandosi pericolosamente alla sorella del ministro. Lei, senza battere ciglio, risponde: “Se per te parlare è minacciare, mi arrendo”. Trancassini, intuendo che la situazione sta sfuggendo di mano, interviene trascinando Antonella via.

    Ma la faida è ormai esplosa. L’atmosfera si è fatta pesante, e non solo per le minacce a mezza bocca tra colleghi. Tutti sanno che dietro c’è molto di più: la caduta di Francesco Spano, dimessosi da capo di gabinetto del ministero, non è che l’ennesimo tassello di una crisi che minaccia di travolgere anche lo stesso ministro.

    Giuli in bilico: Report e le dimissioni che incombono

    Mentre la puntata di Report si avvicina, Alessandro Giuli è sotto pressione come mai prima d’ora. Ufficialmente, l’incontro è con Alfredo Mantovano, ma le voci di corridoio parlano di un possibile colloquio riservato con Giorgia Meloni stessa. In ballo c’è la sua stessa sopravvivenza politica. Deve spiegare ai vertici del governo cosa sta succedendo davvero dentro il ministero, tra consulenze d’oro e accuse di mala gestione. È in grado di reggere altri scandali? E soprattutto, che altre rivelazioni sono in arrivo?

    Come se non bastasse, Giuli è costretto anche a trovare un sostituto per Spano. Ma ha fatto già sapere che non accetterà imposizioni. Se tentano di commissariarlo, minaccia di dimettersi lui stesso. Tuttavia, Giovanbattista Fazzolari, l’uomo forte di Palazzo Chigi, non è certo disposto a concedergli troppo tempo. C’è chi dice che la sua pazienza si sia esaurita: “O si allinea o esce di scena”.

    Tutti contro tutti: la crisi si allarga

    Ma Giuli non è l’unico a tremare. Anche Emanuele Merlino, lo stratega della destra culturale voluto da Sangiuliano, rischia di essere travolto dalla valanga. Era il suo compito vigilare, ma non ha potuto fermare né il caso Boccia né quello Spano. Ora, anche lui è nel mirino dei falchi meloniani.

    In tutto questo, si mormora di una chat interna ai parlamentari pro-vita, in cui si fanno ironie pesanti sulla nomina di Spano. Qualcuno parla di messaggi firmati da una figura di spicco del governo, una donna vicina a Giorgia Meloni. Se dovessero venire alla luce, le ripercussioni potrebbero essere devastanti.

    Il cerchio si stringe: Meloni e la resa dei conti

    Alla fine, come in tutte le storie di potere, la decisione finale spetta alle sorelle Meloni. Se Giorgia ha finora mantenuto buoni rapporti con Giuli, è con Arianna che il ministro della Cultura ha un legame ancora più solido. Ma di fronte a uno scandalo di queste proporzioni, persino il loro rapporto potrebbe non essere sufficiente per salvarlo. Il domino è in moto, e ogni tessera che cade sembra trascinare con sé un’altra.

    Chi sarà il prossimo a uscire di scena?

      Sic transit gloria mundi

      Matteo Salvini cattivissimo me: quando la politica trascende i confini dell’umanità e travalica la morale

      La destra sovranista mondiale si spinge sempre oltre nel linguaggio della disumanizzazione. Dal sarcasmo di Salvini sulle morti alle deportazioni annunciate da Trump, la gara alla medaglia d’oro della crudeltà continua, lasciando dietro di sé echi sinistri di un passato che non si è mai spento.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        Matteo Salvini ha superato un altro confine. Ironico, vero? Proprio lui, che ai confini ci tiene eccome, vuole blindarli, sigillarli, renderli impenetrabili. Però questa volta non parliamo di un confine fisico, oh no, sarebbe troppo facile. Qui si parla di un confine morale, di quelli che – dice la storia – sarebbe bene non varcare. E invece, ecco il nostro Matteo che ci mostra come si fa a superare l’impossibile. Con un piccolo gesto, giusto un’esultanza per la morte di un uomo. Roba da niente, no? Un traguardo umano da veri campioni dell’empatia. Ma Salvini non si ferma lì, perché il genio sta nel dettaglio: non solo esulta, ma lo fa con una punta di cinismo che non si vedeva dai tempi dei migliori troll su internet.

        Ma partiamo dai fatti: a Verona, un immigrato aggredisce una pattuglia della polizia, coltello in mano. La polizia risponde e lo uccide. Cronaca semplice, un fatto di ordinaria violenza. Ma attenzione, ecco che arriva il tweet del nostro ministro preferito. “Non ci mancherà”, scrive Salvini, con la delicatezza di un bulldozer in un negozio di cristalli. E come se non bastasse, aggiunge anche “con tutto il rispetto”. Certo, perché quello è il tocco di classe. Rispettare un morto mentre lo deridi, chapeau. Il rispetto, signori, non è mai abbastanza… ma solo quando fa comodo, ovviamente.

        Possiamo solo immaginare cosa sarebbe successo se ci fosse stato un video della scena. Sicuramente sarebbe finito dritto sui suoi social, con tanto di colonna sonora a tema e il titolo “Giustizia Fatta”. Perché ormai la morte non è più tragedia, è contenuto. E Salvini è lì, sempre pronto a cavalcare l’onda del peggioramento morale collettivo. Del resto, nella nuova era della politica social, l’odio si sforna fresco ogni giorno, come il pane. E Matteo ne è il miglior panettiere, alzando sempre di più l’asticella del disgusto.

        Ma aspettate, perché il cattivismo di casa nostra ha un modello da cui imparare: Donald Trump. Se Salvini è il ragazzino che copia i compiti, Trump è il professore dell’odio, il capo della classe. L’ex presidente americano ha perfezionato l’arte della crudeltà politica, promettendo la più grande deportazione di massa della storia. Un sogno! E se non bastasse, ha pure suggerito di applicare la pena di morte senza processo per gli immigrati che uccidono americani. Giusto per essere sicuri che il concetto sia chiaro: gli immigrati non sono persone, sono nemici. Da sterminare, ovviamente.

        Il cattivismo è diventato il cuore pulsante della politica moderna. I leader come Salvini e Trump non discutono più di politiche reali. No, meglio scatenare la rabbia, canalizzare la frustrazione e puntare il dito contro chi è diverso. E se non ci fosse Trump, Salvini dovrebbe inventarlo. In fondo, è più facile twittare odio che trovare soluzioni, no?

        Tornando in Italia, Salvini ha i suoi momenti di gloria. Tra una battuta velenosa e l’altra, paragona i migranti a “cani e porci”, un grande classico della retorica razzista, con cui si posiziona sul podio insieme ai suoi predecessori leghisti, come Umberto Bossi con i suoi “Bingo Bongo”. Ma Salvini non è solo. Negli Stati Uniti, il suo mentore Trump legittima gruppi neonazisti e suprematisti bianchi, rendendo l’odio la pietra angolare della sua politica. E da buon scolaretto, Matteo segue diligentemente la lezione.

        Ma attenzione, la gara non finisce qui. Questo campionato di crudeltà è appena cominciato. Ogni giorno ci si spinge un po’ più in là, un po’ più in basso, alla ricerca del limite morale che, forse, non esiste più. La politica populista ormai si nutre di cattivismo: non importa proporre soluzioni, l’unico obiettivo è far arrabbiare le persone e dargli qualcuno da odiare. Funziona, dicono. E Salvini, con il suo sarcasmo cinico, è lì, pronto a scendere sempre di più nell’abisso, cercando la sua medaglia d’oro nel campionato della crudeltà.

        Nel frattempo, noi spettatori di questo circo mediatico, non possiamo far altro che chiederci chi sarà il prossimo campione. Salvini o Trump? Oppure arriverà qualcuno di nuovo a sorprenderci con livelli ancora più bassi? La competizione è aperta, e il peggio sembra davvero non avere limiti.

          Continua a leggere

          Sic transit gloria mundi

          Oggi le comiche! Migranti in Albania, tribunale di Roma non convalida il trattenimento. Ora tornano in Italia

          Dodici migranti, spediti con grande sforzo in Albania, ora devono tornare indietro. Una spesa impeccabile di fondi statali, degna di un manuale su come gestire le risorse pubbliche e fare una figuraccia a livello internazionale.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            Benvenuti a un nuovo episodio di “Come farci ridere dietro in Europa”. Il tema del giorno è: Migranti in Albania!, una trama degna del miglior film comico. Inizia con una soluzione brillante, una di quelle idee che fanno strabuzzare gli occhi per l’audacia: spedire i migranti in Albania, perché, si sa, è sempre una buona idea mandare qualcuno fuori dai confini quando non sai cosa farne.

            La trama? Un successo! Dopo mesi di ritardi e lavori, ben dodici migranti provenienti da Egitto e Bangladesh, appena sbarcati dalla nave Libra della Marina militare italiana, vengono inviati al Cpr di Gjader in Albania. Un piano tanto semplice quanto geniale: mandarli là e… sperare che rimangano, forse? Il tutto tra fanfare e strombazzi: “L’Europa ci ha preso d’esempio”, gongolava Giorgia Meloni, con Matteo Salvini in brodo di giuggiole.

            Peccato che il tribunale di Roma abbia deciso di aggiungere il colpo di scena finale: no, non va bene. Per i giudici italiani, l’Egitto e il Bangladesh non sono “Paesi sicuri” (forse qualcuno doveva ricordarselo prima di spedire il gruppo in Albania), e quindi i migranti, pensate un po’, devono tornare tutti, subito, in Italia.

            Un viaggio senza senso: il ritorno obbligato

            E così, il geniale piano si conclude con un ritorno al punto di partenza. Perché risolvere la questione in modo efficace quando puoi fare il giro del mondo con soldi pubblici? Secondo il tribunale di Roma, il trattenimento in Albania non può essere convalidato.

            Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, ha spiegato il colpo di scena finale: “Sono giudici che applicano le norme volute dal nostro ordinamento e dall’ordinamento europeo di cui siamo parte integrante”. Insomma, l’Italia fa parte dell’Europa, ma quando si tratta di decisioni simili, sembra sempre una sorpresa!

            Il grande ritorno (e il conto)

            Ora, con grande sorpresa di nessuno, i migranti devono essere riportati a casa. Ci immaginiamo già la logistica: navi, voli, forse anche qualche limousine per riportarli indietro. Tutto, ovviamente, a spese di chi? Esatto! Dei cittadini italiani, che possono finalmente dire di aver contribuito a questa missione impossibile. Complimenti vivissimi a chi ha pensato questa brillante operazione! Non bastavano i 18mila euro a testa spesi per l’andata, ora c’è anche il ritorno. Forse era più conveniente ospitarli in un cinque stelle per un anno…

            Se l’ intenzione del Governo era quella di farci diventare gli zimbelli dell’Europa, la missione è compiuta. Dopotutto, chi non vorrebbe essere il protagonista di questa bella messa in scena solenne, con fondi pubblici ben spesi per girare in tondo? Ora non resta che aspettare il prossimo episodio di questa grande commedia internazionale. Sperando che prima o poi qualche mente brillante paghi il prezzo al posto degli italiani. Ciak, si gira! Anzi, si rigira…

              Continua a leggere

              Sic transit gloria mundi

              Il Governo paga il panettone? Sì, ma non a tutti: ecco il Bonus Natale e come ottenerlo

              L’ultima circolare spiega a chi spetta l’assegno, come richiederlo e chi effettivamente riuscirà a metterselo in tasca. Spoiler: non è per tutti!

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                Vi aspettavate un bel regalo sotto l’albero? Il Governo quest’anno, con il Bonus Natale, ha deciso di stanziare fino a 100 euro per i dipendenti, ma attenzione, come sempre ci sono dei paletti. L’Agenzia delle Entrate ha appena pubblicato la circolare numero 19, che spiega chi può accedere a questa “generosa” indennità e come richiederla. Spoiler: non è per tutti. Il bonus, previsto dal decreto Omnibus, viene accreditato ai dipendenti che rispettano precisi requisiti di reddito e famiglia.

                A chi spetta il Bonus Natale?

                Per ottenere il bonus, il reddito complessivo del 2024 non deve superare i 28mila euro, ma attenzione: non basta. Bisogna avere un coniuge e almeno un figlio fiscalmente a carico, e l’imposta lorda sui redditi da lavoro dipendente deve essere superiore alle detrazioni. Quindi, se vi mancano moglie, marito o figli a carico, il bonus vi scivolerà via come neve al sole. Il reddito dell’abitazione principale non verrà conteggiato, e il coniuge, per poter “contare”, non deve essere separato legalmente. Per i nuclei monogenitoriali, serve almeno un figlio fiscalmente a carico. Insomma, c’è poco da fare: bisogna rispondere a ogni dettaglio.

                Come fare per richiedere l’indennità

                Chi spera di accaparrarsi il Bonus Natale deve inoltrare una richiesta scritta al proprio datore di lavoro, specificando il codice fiscale del coniuge e dei figli a carico. Un’autocertificazione per dimostrare di possedere i requisiti richiesti dalla norma, e il gioco è fatto… più o meno. Il datore di lavoro, a questo punto, potrà riconoscere l’indennità insieme alla tredicesima mensilità e recuperare la somma sotto forma di credito d’imposta.

                Insomma, la strada per ottenere il bonus non è proprio una passeggiata e richiede un bel po’ di documenti e requisiti da spuntare, ma per chi rientra nei parametri… è pur sempre un panettone pagato dal Governo!

                E chi non ha i requisiti?

                Niente paura, per chi non rientra tra i “fortunati” destinatari del Bonus Natale, resta sempre la possibilità di far pace con il forno di casa e preparare un panettone fai-da-te. Certo, non sarà coperto dall’assegno dell’Agenzia delle Entrate, ma di questi tempi meglio adattarsi… magari con un po’ di ironia!

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù