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Sic transit gloria mundi

iPhone a 2.300 dollari? Colpa dei dazi (e di Apple che resta in Cina)

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    Preparatevi: l’era dell’iPhone a 799 dollari potrebbe finire molto presto. Secondo le stime di Rosenblatt Securities, il modello base dell’iPhone 16 potrebbe arrivare a costare 1.142 dollari se Apple dovesse scaricare sui consumatori l’effetto dei nuovi dazi imposti da Donald Trump. E per chi sogna il top di gamma, la doccia fredda è ancora più gelida: l’iPhone 16 Pro Max, oggi in vendita a 1.599 dollari, rischia di volare a 2.300 dollari, con un rincaro del 43%.

    Il motivo? I dazi. E la testardaggine (o il pragmatismo) di Apple, che nonostante i tentativi di diversificazione produce ancora il 90% degli iPhone in Cina, paese ora colpito da un’imposta del 54%. E non va meglio altrove: al Vietnam è stato imposto un dazio del 46%, e all’India il 26%. La tanto annunciata delocalizzazione, insomma, non ha evitato la tempesta.

    La notizia ha fatto sbandare anche Wall Street: il titolo Apple ha perso il 9,3% in un solo giorno, la peggior caduta dai tempi del lockdown nel 2020. Gli analisti si dividono: Angelo Zino (CFRA Research) ritiene che Cupertino farà di tutto per assorbire i costi, almeno fino all’uscita dell’iPhone 17 prevista in autunno. Ma Neil Shah, cofondatore di Counterpoint Research, è meno ottimista: «Apple dovrebbe aumentare in media i prezzi di almeno il 30% per compensare l’impatto dei dazi».

    Nel frattempo, la domanda rallenta, i margini si assottigliano e Samsung osserva silenziosa, pronta a sfruttare l’occasione per rosicchiare quote di mercato.

    E mentre Cupertino prova a uscire dal vicolo cieco, l’unica certezza è che l’iPhone – da sempre simbolo di status e innovazione – sta per diventare ancora più esclusivo. Forse troppo.

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      Nessuno può mettere Bergoglio in un angolo: il Papa tra ossigeno, fisioterapia e vaschette di gelato

      Papa Francesco vive isolato al secondo piano della Domus: la routine è scandita da cure, esercizi, lavoro e pochi contatti. Ridotti i flussi di ossigeno, ripresi i saluti video e l’attività alla scrivania. Ma in vista della Pasqua, cresce l’attesa per un possibile ritorno a sorpresa in piazza San Pietro.

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        È circondato da medici, respiratori, infermieri, regole. Ma alla fine, quello che davvero non manca mai nella stanza 201 di Casa Santa Marta è… il gelato. Papa Francesco è in convalescenza, sì. Ma è pur sempre lui. E se gli chiedi di stare a riposo, ti ascolta con cortesia e poi fa come gli pare. Con buona pace della Direzione Sanitaria Vaticana.

        Dopo il ricovero al Gemelli e la crisi respiratoria che ha fatto preoccupare mezzo mondo, il Pontefice ha trasformato il secondo piano della Domus in una sorta di residenza protetta. Non esce più per la messa in cappella, non scende a mensa, non passeggia nei corridoi: la sua giornata si svolge tra la suite e la cappella interna, riservata. Ma “isolato” è una parola grossa. Perché Francesco, seppur con naselli e ossigeno, continua a seguire dossier, firmare documenti, preparare discorsi e — pare — anche a dare direttive piuttosto energiche.

        La sua routine è da atleta del recupero: sveglia all’alba, messa con i segretari, doppia sessione quotidiana di fisioterapia (una respiratoria, una motoria), riposo, lettura, telefonate. E poi, il momento clou: l’arrivo del gelato. Gusti prediletti? Limone, mango e dulce de leche. Il fornitore ufficiale è Sebastian Padron, un gelataio argentino che ha aperto il suo laboratorio non lontano dal Vaticano e che ormai conosce i gusti papali meglio dei segretari. Le vaschette vengono consegnate in cucina o direttamente alla reception della Domus. Cialdine comprese. Il Papa, raccontano, lo condivide volentieri con chi passa a trovarlo.

        Il suo entourage è ridotto al minimo. I due infermieri fissi, Massimiliano Strappetti e Andrea Rinaldi, non lo perdono mai d’occhio. I segretari Salerno, Pellizzon e Villalon gestiscono agenda, visite e chiamate. Ma tutto avviene con discrezione, senza clamori. La parola d’ordine è una: protezione. Eppure, come spesso accade con Francesco, è lui il primo a rompere le regole. Domenica scorsa, per esempio, è uscito a sorpresa in piazza San Pietro per affacciarsi durante il Giubileo dei malati. Non era previsto, non era consigliato. Ma l’ha fatto lo stesso. Il Pontefice “più testardo dell’ossigeno”, come dice scherzando uno dei suoi assistenti.

        Non riceve più visite ufficiali, ma non rinuncia a salutare ogni sera via video la parrocchia di Gaza, alle 20 in punto, attraverso lo smartphone di un collaboratore. Ogni tanto chiama i familiari in Argentina o qualche amico stretto. Brevi chiacchierate, spesso condite da una battuta, anche se la voce non è ancora del tutto tornata.

        Nel frattempo, Casa Santa Marta è stata discretamente attrezzata: letto medico, macchinari, supporti, un piano completamente off-limits per altri ospiti. Tutto funziona come un piccolo ospedale privato vaticano. Senza clamori, ma con estrema efficienza.

        Resta da capire se Francesco vorrà (e potrà) affacciarsi per la benedizione pasquale. Nessuno lo sa con certezza. I medici frenano, lui riflette. Ma se c’è una cosa che questi giorni ci confermano è che il Papa, quando ha deciso, non si ferma. Neppure col concentratore d’ossigeno. Né davanti ai consigli dei medici. Né, tantomeno, alla tentazione di una vaschetta di gelato al dulce de leche.

        E in fondo, se anche i Santi amano i piccoli piaceri, perché il Papa non dovrebbe?

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          Sic transit gloria mundi

          Marine Le Pen si paragona a Martin Luther King e Salvini le va dietro (no, non è uno sketch di Crozza)

          Collegata da Parigi al congresso della Lega, Marine Le Pen ha paragonato sé stessa e Matteo Salvini a Martin Luther King, evocando “diritti civili violati” dopo la sua condanna per frode. Nessun accenno alla truffa milionaria all’UE, solo vittimismo e standing ovation. Salvini ringrazia: “Buona battaglia!”

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            Pensavate di averle sentite tutte? Aspettate un attimo. Dopo il cappello da formaggio di Elon Musk, sul palco virtuale del congresso leghista è spuntata Marine Le Pen. Collegata da Parigi, la leader del Rassemblement National si è lanciata in un intervento fiume in cui ha paragonato la sua vicenda giudiziaria per frode ai danni dell’Unione Europea alla lotta per i diritti civili di Martin Luther King. No, non è una parodia. È tutto vero.

            “Tu sai bene quello che sto vivendo perché lo hai vissuto anche tu”, ha detto rivolgendosi a Matteo Salvini, che annuiva compiaciuto. “Sai gli attacchi che vengono oggi perpetrati dalla giustizia contro i dirigenti che proteggono gli interessi del Paese”. Non è satira, è cronaca. Peccato che Le Pen sia stata condannata per avere truffato il Parlamento Europeo, facendosi rimborsare con soldi pubblici – cioè anche nostri – spese non dovute per collaboratori fantasma. Roba che, in altri tempi e altri Paesi, bastava a farti sparire dalla scena pubblica. Invece qui si prendono standing ovation.

            Nessuna parola sulla maxi-frode, ovviamente. Al suo posto, un appello al popolo sovrano, ai cittadini di “serie A” contro l’Europa cattiva, che “non vuole farci votare i candidati che amiamo”. La sentenza – che la dichiara ineleggibile – sarebbe secondo lei “una violenza contro il popolo francese” e un attentato alla democrazia, come se fosse stata cacciata da una dittatura militare e non condannata da un tribunale, con prove e documenti.

            Ma il capolavoro arriva alla fine: “La nostra lotta sarà pacifica e democratica come quella di Martin Luther King”. Già, perché paragonare la propria battaglia per evitare una squalifica politica a quella contro la segregazione razziale è il nuovo standard del vittimismo sovranista. Una linea già sperimentata da Trump e ora replicata in salsa europea. Con successo, almeno a giudicare dagli applausi della platea leghista.

            Matteo Salvini non ha perso tempo: “Buona vita, Marine, buona battaglia e coraggio”. Il tutto senza accennare al dettaglio fondamentale: Le Pen è stata condannata per aver RUBATO. Non una condanna “politica”, non una sanzione per aver alzato la voce in Europa, ma una sentenza legata a fondi pubblici usati impropriamente. La giustizia, insomma, non perseguita idee, ma reati.

            Nel frattempo, a Parigi, il Rassemblement National manifestava contro la sentenza, mentre in Italia si applaudiva a scena aperta. Un fronte internazionale del negazionismo giudiziario che fa impallidire anche i peggiori talk del dopocena.

            E pensare che fino a qualche anno fa bastava uno scandalo sulle spese pazze per far saltare una carriera. Oggi invece ti paragonano a Martin Luther King. E magari, domani, ti intitolano pure una via.

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              Sic transit gloria mundi

              Tra guerre, crisi e rincari, l’Italia ha finalmente qualcosa di serio su cui concentrarsi: il matrimonio della Lucarelli.

              Dopo anni di attesa (e tentativi andati a vuoto), Selvaggia Lucarelli ha annunciato che lei e Lorenzo Biagiarelli convoleranno a nozze. Quando? Forse nella primavera del 2025. Intanto, il Paese trattiene il respiro e RaiPlay celebra l’evento con lo scoop benedetto da padre Cattelan

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                L’Italia è una repubblica fondata sulle emozioni forti: le bollette, le alluvioni, i talk show urlati e… il matrimonio di Selvaggia Lucarelli. Una notizia che ha messo in pausa le priorità del Paese: inflazione, guerra, crisi climatica? Niente, signora mia, adesso c’è da capire quando si sposano Selvaggia e Lorenzo. E, soprattutto, se quel “forse” detto in aereo da Biagiarelli può già essere interpretato come un “sì” in latino ecclesiastico.

                La notizia arriva direttamente da RaiPlay, per mano (anzi, microfono) di Alessandro Cattelan, che grazie al suo programma Hot Ones Italia si è guadagnato la benedizione ufficiale a gestire l’annuncio nuziale. Altro che agenzie stampa e comunicati ufficiali: oggi le nozze si rivelano così, con le dita unte di ali di pollo piccante e confessioni spirituali in salsa barbecue.

                Nel confessionale laico della trasmissione, Selvaggia ha narrato le tappe della sua epica sentimentale con un candore degno di una puntata speciale di Uomini e Donne over. “Dopo qualche giorno che ci siamo conosciuti gli ho chiesto di sposarmi e fare un figlio”, racconta con quella sincerità un po’ punk che le è propria. “Avevo 41 anni e fame di tempo. Ma lui ha detto no!”. Capisci che è roba tosta quando pure Biagiarelli – chef, ma anche filosofo del temporeggiamento – dice di no a Selvaggia.

                Ma non finisce qui. Dopo nove anni, il romanticismo si è trasformato in burocrazia. L’ingrediente segreto? Un volo di linea e la minaccia (simpatica eh!) di morire lasciando tutto a un figlio che “neanche le scrive”. Più che una proposta di matrimonio, un atto notarile con contorno di taralli.

                E allora giù con l’ipotesi di festa pugliese nella piazzetta davanti alla loro casetta vacanze. Con tanto di pizzica, Albano, Emma Marrone, i Negramaro e magari anche qualche comparsata di Luxuria o Morgan. Un party che potrebbe far impallidire persino il compleanno di Madonna a Borgo Egnazia. Il tutto, ovviamente, da chiudere con la frase più temuta dagli amanti del gossip certo e certificato: “forse in primavera dell’anno prossimo”.

                Eh no, cara Selvaggia, non puoi lasciarci così. Il Paese ha bisogno di certezze. Il popolo esige un countdown. Serve una diretta Instagram, una copertina di Chi, un’ordinanza del Viminale con la data ufficiale e magari una benedizione di Papa Francesco, con Biagiarelli in cravatta da chef e lei in abito bianco ma con commento al vetriolo incorporato.

                E nel frattempo, l’Italia intera si interroga: ma che tema avrà il ricevimento? Sarà un banchetto critico? Un roast show? O una versione pugliese di Ballando con le Stelle con orchestra tarantolata?

                Quel che è certo è che, mentre il mondo brucia, qui da noi si parla di cose serie. Come le nozze dell’anno (prossimo?). Con l’augurio che il “forse” diventi “sicuramente” e che il bouquet non venga lanciato ma twittato.

                Nel dubbio, noi teniamo il vestito stirato. E la Lucarelli in homepage.

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