Sic transit gloria mundi

Tesla sotto assedio: incendi, svastiche e boicottaggi. È bufera mondiale su Musk, “l’imperatore dell’autogol”

Dopo l’Oregon, anche Francia, Paesi Bassi e Australia si ribellano. Sui social piovono accuse di “fascismo” contro Elon Musk. Intanto il titolo crolla e le vendite in Europa registrano un tonfo senza precedenti. E persino i suoi stessi dipendenti lo sfidano in fabbrica

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    Tesla è sotto attacco. Non solo a parole, ma con gesti eclatanti. Scritte violente, auto imbrattate o incendiate e persino bombe molotov: la protesta globale contro Elon Musk e le sue “nazi-car”, come ormai vengono ribattezzate da chi le contesta, ha assunto le sembianze di una vera e propria guerriglia. E no, questa volta non si tratta di qualche flame su X, il social di Musk, ma di una catena di episodi concreti, tra Stati Uniti, Australia ed Europa.

    Tutto comincia il 20 gennaio a Salem, Oregon, dove un concessionario Tesla viene attaccato nel cuore della notte. Bottiglie incendiarie vengono lanciate contro le vetrine e le auto esposte. I danni superano il mezzo milione di dollari. Ma è solo l’inizio: da quel momento i raid si susseguono uno dopo l’altro, tra incendi dolosi, pneumatici rubati e auto Tesla imbrattate con escrementi, vernice rossa e insulti che evocano il nazismo.

    Le immagini delle Tesla marchiate con svastiche o imbrattate di fango e formaggini fanno il giro del mondo. A Seattle vanno in fumo quattro Cybertruck; a Tigard, ancora in Oregon, vengono esplosi colpi d’arma da fuoco contro uno showroom. In Australia compare su una vetrina la scritta «vuoi davvero guidare una swasticar?»; in Olanda, il messaggio è ancora più esplicito: «Fuck off fascist». A Tolosa, in Francia, vengono incendiate una dozzina di Tesla parcheggiate fuori da un concessionario.

    Ma la bufera non si ferma qui. Elon Musk, nel frattempo, sembra fare di tutto per buttare benzina sul fuoco. Su X arriva l’ennesimo scivolone: un post che solleva Hitler, Stalin e Mao dalle responsabilità delle loro stragi, attribuendole ai burocrati. Una provocazione che rinfocola le critiche e alimenta la rabbia dei contestatori. “Musk si vanta di poter spegnere Starlink con un bottone, davvero gli lascereste in mano anche la vostra auto?”, scrivono in molti sotto l’hashtag #boycottTesla. E sui social, insieme al meme del “Musk con la mano tesa”, spunta pure lo slogan più ripetuto dai contestatori: «Non comprare una nazi-car».

    Nel frattempo, anche dentro Tesla le cose vanno male. Nella gigafactory di Berlino il sindacato IG Metall denuncia pratiche scorrette da parte dell’azienda che chiederebbe ai dipendenti di rivelare informazioni private sulle malattie, violando la loro privacy. Un ulteriore scossone per un’azienda in difficoltà.

    Il conto? Salato. Da inizio 2025, le azioni Tesla hanno perso oltre il 40% del valore, scendendo bruscamente dopo i record toccati a dicembre. Il mercato europeo è in caduta libera: -76% di vendite in Germania a febbraio, -45% in Francia, -42% in Svezia. In Cina le consegne sono precipitate del 49%. La nuova Model Y non basta a risollevare le sorti del marchio e l’immagine di Musk, tra accuse di autoritarismo e autogol comunicativi, sembra più offuscata che mai.

    Ora anche le strade si ribellano. Gli showroom diventano bersagli e le Tesla parcheggiate finiscono nel mirino di chi non sopporta più l’impero Musk. Un imperatore senza festa, che rischia di veder evaporare il suo regno elettrico sotto il peso di un boicottaggio globale.

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