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Sonar: tra suoni e visioni

Metallica: nessun effetto speciale, tutto vero… pure il fulmine (VIDEO)

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    Il vero “lightning strikes” è caduto perfettamente a tempo durante l’esecuzione di Master Of Puppets! Ci credereste? Possibile che il buon Dio sia un fan di James Hetfield e compagni?!?
    Se pensate ad una trovata di marketing o, peggio, ad una fake news… guardate il video.

    Una regia… celeste?

    Si è trattato di un momento realmente epico durante il concerto dei Metallica del 24 maggio scorso allo stadio di Monaco. Durante lo show un fulmine è caduto esattamente a tempo durante l’esecuzione di Master Of Puppets in scaletta!

    Durante Master Of Puppets

    Provate ad immaginare la reazione del pubblico che ha assistito ad una coreografia assolutamente naturale e non prevista, che ha contribuito ad aumentare l’adrenalina che solo una canzone come quella è in grado di stimolare! Anche se – fa notare qualche fan dello zoccolo duro della band americana – sarebbe stato più appropriato durante Ride the Lightning, non eseguita durante questo tour… Ma non si può volere tutto.

    La scaletta di Monaco

    “Whiplash”
    “For Whom the Bell Tolls”
    “Of Wolf and Man”
    “The Memory Remains”
    “Lux Æterna”
    “Too Far Gone?”
    “Fade to Black”
    “Shadows Follow”
    “Orion”
    “Nothing Else Matters”
    “Sad But True”
    “The Day That Never Comes”
    “Hardwired”
    “Fuel”
    “Seek & Destroy”
    “Master of Puppets”

    Guarda qui il concerto per intero

    Nel frattempo, la band è attesa dai fan italiani per lo show milanese del 29 maggio all’Ippodromo SNAI La Maura, con Five Finger Death Punch e Inch Nine Kills come openers, inizo alle ore 17:00.

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      Sonar: tra suoni e visioni

      Linus, profeta del nulla musicale: un orecchio smarrito tra Sanremo e il Live Aid

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        A due mesi da Sanremo, il direttore di Radio Deejay Linus dichiara il vuoto musicale assoluto. Ma sarà davvero così? L’icona radiofonica punta il dito contro un festival che non avrebbe lasciato traccia, tranne Cuoricini dei Coma Cose. Eppure, mentre il grande conoscitore musicale dispensa giudizi definitivi, riemergono clamorose gaffe musicali del passato, dal Live Aid ai nomi leggendari scambiati per comparse. Un’analisi ironica su chi dovrebbe raccontarci la musica… e forse dovrebbe ascoltarla un po’ meglio.

        Sanremo? Tutto da dimenticare… o, al massimo, da fischiettare sotto la doccia)

        Linus — al secolo Pasquale Di Molfetta — lancia il verdetto definitivo: “Non resterà nulla”. Un’apocalisse musicale secondo il decano di Radio Deejay. Con una sola eccezione: Cuoricini dei Coma Cose, che secondo lui sarà l’unico brano ricordato fra dieci anni. Olly? “Un bel personaggio, ma carino e basta.” Lucio Corsi e Brunori? “Hanno fatto di meglio”. Strano però… perchè quando andavo ai primi concerti di Corsi o di Brunori io Linus non l’ho mai notato fra lo sparuto pubblico che li animava…

        Me contro te

        Giudizi secchi, senza appello, quelli di Pasquale Di Molfetta. Ma siamo sicuri che Linus rappresenti il termometro musicale del paese? Ne avrei di aneddoti da riferire… come la sua precisa avversione per i Marillion con Steve Hogarth alla voce. Ma servirebbe a qualcosa? Lui rimane sempre e comunque un celebrato operatore musicale ed io un normalissimo giornalista, oltretutto affetto da periodici attacchi di nostalgia per la buona musica. Non certo quella che popola il palinsesto medio di Radio Deejay.

        Quando Linus commentava il Live Aid… senza riconoscere David Gilmour

        Sarà anche un’autorità radiofonica, ma il suo orecchio, in passato, ha preso sonore cantonate. Memorabile il disastro durante la diretta italiana del Live Aid, quando Linus non riconobbe l’imprescindibile David Gilmour sul palco con la band di Bryan Ferry.

        Un momento del set di Brian Ferry con, al suo fianco, David Gilmour

        Poi fece, se possibile, anche di peggio: scambiò il seminale Bo Diddley special guest durante il set di George Thorogood e dei suoi “distruttori” – per un “anonimo musicista” e corresse in diretta Kay Rush, che aveva giustamente identificato la chitarra di Gilmour come “Fender”. Lui, con il fare da saputello, la corresse in diretta: “Eh no, cara Kay… quella non è una Fender, è una Stratocaster!”. Come dire… quella non è una Fiat, è una 127! Una figuraccia epocale, soprattutto per uno che oggi si erge a custode della memoria musicale.

        Ho chiesto all’AI di creare un’immagine che mi vedeva in compagnia di Linus, in un ipotetico “duello radiofonico”, mai avvenuto in realtà. L’intelligenza artificiale mi ha fatto più grasso di quello che sono… mentre lui assomiglia all’inflessibile e spietato maestro di musica del film Whiplash, interpretato dall’ottimo Jonathan Kimble Simmons. Se non l’avete visto… recuperatelo!

        Il Festival della memoria corta

        È vero: Sanremo 2025 non ha forse prodotto tormentoni come in passato. Ma dichiarare “il nulla musicale” quando il pubblico canticchia a piè sospinto Volevo essere un duro di Lucio Corsi o La cura per me di Giorgia (in questo caso… ci prova senza riuscirvi dignitosamente), fa pensare più a una crisi d’ascolto personale che a un’emergenza collettiva. Forse Linus, che viene dal mondo nel quale le canzoni si ascoltavano con la moneta da 100 lire, faccia fatica a digerire TikTok e i trend digitali? Beh, almeno su questo aspetto generazionale siamo abbastanza allineati.

        Serie B o Serie Vintage?

        Nel suo sfogo, Linus ammette: “Ho sempre avuto la sensazione di essere il primo della Serie B.” Un cruccio che sembra più dettato dalla tv che dalla radio. Ma la verità è che la “Serie A” dello spettacolo (Fiorello, Bonolis, Amadeus) ha saputo reinventarsi nel tempo. Lui no. Lui è rimasto lì, saldo in cabina, a dire che “una volta era meglio”, mentre i podcast lo superano a destra e Spotify ruba ascolti a Radio Deejay.

        La pensione? Magari con un po’ di musica in cuffia

        A 67 anni, Linus confessa di pensare alla pensione. “Non voglio che la gente dica: ‘Ma è ancora lì?’” Forse il momento giusto per lasciare davvero, prima che l’eco del passato diventi più rumorosa delle sue playlist. Magari, nel tempo libero, potrà finalmente imparare a riconoscere David Gilmour in un solo dei Floyd… senza l’ansia della diretta.

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          Il nastro perduto – e ritrovato – dei Beatles: il più grande errore della Decca

          Un incredibile ritrovamento scuote il mondo della musica: un nastro del 1962 con 15 brani registrati dai Beatles per un’audizione alla Decca è stato scoperto per caso in un negozio di dischi a Vancouver. La storia di un rifiuto epocale e di un demo che, dopo oltre sessant’anni, riemerge dal passato.

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            L’audizione che avrebbe potuto cambiare la storia: il 1° gennaio 1962, quattro giovani musicisti di Liverpool arrivano negli studi della Decca Records a Londra per una delle audizioni più celebri della storia. Paul McCartney, John Lennon, George Harrison e il batterista Pete Best, ancora ignari del destino che li attende, suonano quindici brani selezionati dal loro manager Brian Epstein. Tra classici del rock’n’roll e le prime composizioni originali, il gruppo offre un assaggio del futuro che li renderà immortali. Ma il responso della Decca è un sonoro “No”.

            “Le band con la chitarra sono finite”: il più grande abbaglio della musica

            Dick Rowe, il produttore a cui viene attribuito (forse ingiustamente) il rifiuto, decreta la sentenza: “Le band che suonano la chitarra sono ormai finite”. Un’affermazione che, col senno di poi, suona come un’eresia musicale. Mentre i Beatles continuano la loro ricerca di un contratto, la Decca si rifà in parte firmando i Rolling Stones l’anno successivo. Ma ormai il danno è fatto: Epstein porta il demo rifiutato alla EMI, dove il produttore George Martin riconosce il talento della band e scrive la storia.

            Un viaggio dal Regno Unito al Canada

            Sessantatré anni dopo, la vicenda si arricchisce di un nuovo capitolo. Rob Frith, proprietario del negozio di dischi Neptoon Records di Vancouver, trova casualmente una bobina con l’etichetta “Beatles 60s Demos”. All’inizio pensa sia un bootleg, ma dopo averlo ascoltato in uno studio professionale si accorge che la qualità è incredibile: è un master! Ma come è finito un nastro storico dall’Inghilterra al Canada?

            Una storia degna di un film

            Entra in scena Jack Herschorn, ex proprietario del negozio Mushroom Records. A quanto pare, il nastro gli è stato dato da un produttore inglese negli anni ’70. “L’ho portato a casa e non l’ho mai venduto. Non mi sembrava giusto”, ha raccontato. Ed è così che, tra scatole impolverate e registrazioni dimenticate, un pezzo della storia dei Beatles è rimasto nascosto per decenni, aspettando il momento giusto per riemergere.

            Che fine farà il nastro?

            Rob Frith ha dichiarato di volerlo conservare, ma è disposto a darne una copia alla Decca se l’etichetta fosse interessata a pubblicarlo. Tuttavia, ha anche aggiunto con ironia: “Se Paul McCartney passasse di qui, sarei molto felice di darlo a lui di persona”. E chi può biasimarlo? In fondo, dopo aver subito il più grande rifiuto della storia della musica, sarebbe un colpo di scena perfetto se fosse proprio Paul a chiudere il cerchio.

            Il rifiuto che ha creato una leggenda

            Se la Decca avesse detto “sì”, i Beatles sarebbero diventati ciò che conosciamo oggi? Forse. O forse no. Il loro percorso ha preso la strada giusta solo dopo quell’iniziale insuccesso, dimostrando che il talento, unito alla determinazione e a una buona dose di fortuna, trova sempre la sua via. Oggi, mentre il mondo della musica si interroga sul destino di questo nastro, una cosa è certa: anche dagli errori più clamorosi possono nascere leggende.

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              Sonar: tra suoni e visioni

              Primo aprile: quando gli scherzi vanno a tempo di rock

              Alzi la mano chi non associa il giorno odierno con il famoso “pesce d’aprile”? Questa giornata è il momento perfetto per le classiche “prese in giro”, e il mondo della musica rock non fa eccezione. Molti artisti si sono divertiti a giocare tiri mancini ai fan e ai colleghi, sfruttando questa occasione per dimostrare che anche i musicisti più duri hanno un lato ironico. Dai Coldplay ai Metallica, passando per i Black Sabbath e i leggendari scherzi di Keith Moon, il rock ha sempre saputo divertirsi con stile.

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                Non si può non iniziare con quel formidabile mattacchione di Keith Moon, il leggendario batterista dei The Who, famoso per le sue bravate di ogni tipo. Il suo soprannome, “Moon The Loon” (Moon il matto), dice tutto: amava mettere in scena scherzi di ogni tipo. Dalle incursioni nei paesini con annunci catastrofici tramite altoparlanti fino alle performance da finto prelato che gridava oscenità, Moon ha reso il primo aprile uno stile di vita. Celebre è l’esplosione della sua batteria durante il debutto televisivo della band americana al The Smothers Brothers Comedy Hour, che quasi fece volare via gli Who dal palco e contribuì ai problemi d’udito di Pete Townshend.

                Il Duca Bianco e l’artista immaginario

                David Bowie non era solo un uomo di estrema intelligenza ma anche di grande sense of humor. Nel 1998 il Duca Bianco si unì allo scrittore William Boyd per un pesce d’aprile rivolto a tutto il mondo della cultura. Boyd pubblicò un libro per la casa editrice di Bowie su un pittore, Nat Tate, morto suicida negli anni’60. Bowie organizzò un grande party nello studio di Jeff Koons a Manhattan per lanciare il libro invitando artisti, giornalisti e rappresentanti della cultura. Peccato solo che, in realtà, Nate non fosse altro che un personaggio inventato da Boyd, una grande truffa che fu appoggiata anche da altri personaggi come David Lister, critico d’arte dell’Independent, che chiese agli invitati i loro ricordi sul grande Tate e molti, ignari dello scherzo, raccontarono di quando lo avevano incontrato negli anni ’60 visitando le sue mostre.

                Coldplay e il profumo inesistente

                I Coldplay, pur alimentando un’immagine da “bravi ragazzi”, non hanno resistito alla tentazione di uno scherzo in grande stile. Qualche anno fa, annunciarono il lancio di un profumo chiamato “Angst”, con tanto di dichiarazione di Chris Martin: “Vogliamo aiutare le persone a profumare bene”. La confezione sarebbe stata disegnata dal produttore Brian Eno e gli ingredienti avrebbero incluso “sangue, sudore e lacrime”. Per rendere il tutto più credibile, pubblicarono anche un manifesto con il chitarrista Jonny Buckland in posa da modello.

                Elton John, il gorilla e Iggy Pop

                Nel 1973, Elton John decise di tirare un’epica burla a Iggy Pop, allora leader degli Stooges. Durante un concerto in un piccolo locale di Atlanta, Elton si presentò vestito da gorilla. Iggy, ancora sotto gli effetti della notte precedente, pensò di avere un’allucinazione e andò nel panico. Per fortuna, Elton si tolse la maschera prima che la situazione degenerasse, e alla fine i due finirono per ballare insieme sul palco. Chissà se Francesco Gabbani e la sua scimmia nuda conoscono l’episodio…

                I Metallica e il palco che crolla

                Nel 1997, durante un concerto in Texas, i Metallica inscenarono uno degli scherzi più spaventosi della storia del rock. Nel bel mezzo di Enter Sandman il palco sembrò crollare, alcuni membri della crew caddero, altri presero fuoco, e James Hetfield si gettò a terra per salvarsi. Il pubblico entrò nel panico, ma dopo qualche minuto la band rivelò che si trattava di uno stunt per il DVD Cunning Stunts. Ma chi la fa l’aspetti: anche i Metallica, tuttavia, sono stati vittime di scherzi: nel 2003, i Linkin Park salirono sul palco mentre la band suonava Master of Puppets e, con tanto di cestini da picnic, iniziarono a fare merenda.

                I Black Sabbath e il castello infestato

                la band di Ozzy Osbourne, famosa per le sue atmosfere oscure, si trovava nel castello gallese di Clearwell per scrivere Sabbath Bloody Sabbath. Ozzy, sempre pronto a divertirsi, nascose un registratore sotto il letto di Tony Iommi con suoni spaventosi per terrorizzarlo. Non da meno, Iommi rispose lanciando un manichino dal terzo piano mentre Geezer Butler e Bill Ward, ubriachi, stavano rientrando. Il povero Ward fu vittima di un altro scherzo quando gli misero uno specchio vicino al volto mentre dormiva, terrorizzandolo al risveglio.

                In Italia venne coinvolto un ignaro Lucio Battisti

                Nel 1998 Franco Zanetti, direttore della testata online Rockol, annunciò in pompa magna l’uscita di un nuovo album di Lucio Battisti intitolato L’Asola. Il titolo era un gioco di parole che richiamava “la sola”, ossia una classica truffa. Nonostante gli indizi evidenti, molti caddero nello scherzo, compresi alcuni giornali che rilanciarono la notizia.

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