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Sonar: tra suoni e visioni

Perche Michael Stipe detesta “Shine Happy People”

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    Nonostante si tratti di una grande hit, l’ex frontman dei R.E.M. non la sopporta: volete sapere perchè??

    Non la sopporto più…

    Anche se scioltisi nel 2011, la band guidata da Michael Stipe continua ad essere una delle formazioni più amate del rock anni ’90. Alcuni loro successi sono davvero passati alla storia della musica moderna, continuando ad emozionare i fan. Tra questi, però, ce ne sono alcuni che Stipe non ama. Anche lui, come molti colleghi, ha finito per “odiare” alcuni pezzi. Come pubblicato dal Guardian temèpo addietro, se brani come The LiftingWorld Leader PretendCountry Feedback e Strange Currencies non sono proprio nella sua Top Ten del cuore… c’è una sua canzone in particolare che non sopporta proprio! Volete sapere quale sia?

    E’ presto detto: Shiny Happy People, il secondo singolo del settimo album in studio dei R.E.M., Out Of Time, pubblicato il 6 maggio 1991. La canzone vide la partecipazione vocale di Kate Pierson (peraltro non accreditata…) dei B-52’s, che riveste un ruolo importante anche nel video del brano. Un featuring talmente caratterizzante da farla addiritttìura sembrare un pezzo della band di Private Idaho.

    Non inserita negli ultimi show

    Fra le canzoni più conosciute e fortemente radiofoniche del gruppo, moltissimi fan non la apprezzano considerandola piuttosto “sciocca”, sebbene sia una canzone allegra. Michael Stipe sembra condividere la loro opinione. Anche se, in alcune situazioni passate l’ha pure difesa, spiegando che era molto più oscuro di quanto la gente non pensasse. In seguito, però, ha anche aggiunto che il brano possiede uno “scarso appeal” e che non riesce più a sopportarla. Un classico caso di 2″senno di poi”? Comunque sia, non è certo casuale la sua esclusione dalle scalette degli ultimi concerti della band.

    Piace ai bambini delle elementari

    Stipe è tornato a parlare di questo pezzo, ammettendo che è stato un esperimento di canzone pop riuscito male. “Era una canzone scritta per i bambini – ha spiegato – infatti piace molto agli alunni delle scuole elementari di tutto il mondo per quel che so”.

      Sonar: tra suoni e visioni

      Il Re è vivo e vegeto

      Una data che ogni amante del rock conosce bene: oggi ci lasciava Elvis Presley, a soli 42 anni. Un artista che più di ogni altro ha contribuito a cambiare il panorama della musica giovane del XX secolo.

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        Il 16 Agosto 1977 ci lasciava Elvis Presley, il mio primo vero rock’n’roll hero. Quel giorno, poco dopo mezzanotte, Elvis torna nella sua residenza a Graceland, dopo essere stato dal dentista per una visita. Fino alle prime ore del mattino resta sveglio con la famiglia e il suo staff, si rilassa e cura gli ultimi dettagli del nuovo tour che deve partire da Portland, nel Maine, l’indomani. Verso le 7 del mattino si ritira nella sua camera per riposare fino alla partenza in aereo della sera ma… in tarda mattinata viene trovato privo di sensi nella sua stanza da bagno. Malgrado tutto ciò che verrà fatto dai medici per salvargli la vita, muore all’età di soli 42 anni.

        In una giornata di vacanza estiva si spegne il rock’n’roll

        Rammento che quel giorno io ero al mare a Lavagna (GE). A differenza dei miei coetanei, indaffarati nella nobile arte del “tacchinaggio da spiaggia”, abbagliati da forme più o meno seducenti racchiuse in colorati bikini… mi trovavo da solo, seduto nella veranda del bar alla prese con il mio primo radio-registratore Philips. Stavo ascoltando una radio locale e, ad un certo punto, le trasmissioni vennero interrotte per dare la funesta notizia della scomparsa del Re. In un’assolata giornata di vacanza se ne andava The King.

        Le ultime immagini

        Rivediamolo in alcune immagini amatoriali girate da un fan durante il suo ultimo concerto, svoltosi alla Market Square Arena di Indianapolis, il 26 Giugno 1977, davanti a 18mila spettatori. La qualità del girato non è un granchè… ma il valore storico è innegabile.

        La cronaca dell’ultima volta

        Elvis arriva all’aeroporto di Indianapolis a bordo del suo jet privato, chiamato Lisa Marie in onore di sua figlia. Ad attenderlo c’è Ernie Ruggeri, un funzionario della RCA che gli consegna uno speciale vinile di colore blu del suo ultimo album Moody Blue. Successivamente si reca allo Stouffers Indianapolis Inn per riposare un po’ prima dello spettacolo delle 20:30. Esistono numerose testimonianze dello show, riportate sia dai giornalisti, che dal pubblico e dai musicisti.

        Sull’ultima apparizione ufficiale di Elvis, i giornali del giorno successivo furono concordi: un grande spettacolo, eseguito col cuore in mano, tanto che anche i musicisti della band si commossero, come pure il pubblico. Nel libro Elvis In Concert di Sebastiano Cecere, viene descritto un “clima fantastico” che si poteva percepire durante lo show. Anche Elvis fu soddisfatto della sua esibizione, tanto che è possibile vedere il suo compiacimento nelle foto e video del momento in cui si dirige verso la sua limousine, prima di sfrecciare fuori dallo stadio con lo speaker che declama l’abituale annuncio “Ladies and gentleman, Elvis has left the building”.

        Neanche due mesi dopo la dipartita

        Da lì a poco meno di due mesi, Elvis avrebbe lasciato questo mondo, perdendo la vita a Graceland, la sua villona di Memphis (oggi visitabile e meta di costanti pellegrinaggi). Il giorno successivo sarebbe partito il sesto tour dell’anno, inaugurando a Portland nel Maine, per concludersi il 28 Agosto a Memphis. La sua morte scosse il mondo intero, tanto che ancora oggi in molti stentano a credere che sia successo realmente.

        I commenti di alcuni fan eccellenti

        Bruce Springesteen dirà: “Ci sono stati molti ragazzi in gamba, molti pretendenti, ma c’è stato un solo re”. E John Lennon affermerà: “Prima di Elvis non c’era nulla!”.E anche se Indro Montanelli buonanima scriverà con la sua proverbiale ironia “Anche noi italiani dobbiamo qualcosa a Elvis Presley: quella di offrirci una delle rare occasioni in cui preferiamo essere italiani piuttosto che americani”… per molti di noi quel ragazzone dal ciuffo ribelle e dal sorriso ammaliante rimane un’icona fondamentale del XX secolo. Capace di fondere mirabilmente il country dei bianchi e il nero rhythm and blues, rappresentando soprattutto un controverso simbolo di ribellione della cultura americana.

        Qualcuno sostiene che Elvis sia ancora vivo… e tutto sommato non ha tutti i torti. Non chiamateli “complottisti” ma solamente grandi amanti del talento immortale del Re del Rock’n’Roll!

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          Sonar: tra suoni e visioni

          9 agosto1986, io c’ero: lo show dei misteri, l’ultimo dei Queen con Freddie

          Oggi è l’anniversario dell’ultimo concerto dal vivo dei Quenn con Freddie Mercury. Riviviamolo nei ricordi di Luca Varani nel suo blog Sonar.

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            Oggi ricorre una data importante per gli amanti del rock, e, nella fattispecie, per i fan dei Queen. In Inghilterra, precisamente a Knebworth Park (nei pressi di Stevenage), si tiene I’ultimo concerto della storia dei Queen nella loro formazione originale, con Freddie Mercury alla voce. Ma non è questo l’unico motivo per il quale questo show passerà alla storia. Svariati motivi l’hanno portato ad essere definito il “concerto dei misteri”.

            Un concerto intriso di domande

            Dopo questo show, che mi vedeva fra il pubblico, passato alla storia per i suoi tanti misteri, la band inglese non ha più effettuato concerti dal vivo fino alla scomparsa di Mercury, avvenuta più di 5 anni dopo. Rappresentanto anche l’ultimo concerto per il bassista John Deacon che, come gli amanti dei Queen sanno, si è allontanato dalla band dopo la morte del leader.

            Ricordi personali

            Il biglietto d’ingresso costava 14,50 sterline, acquistato in prevendita dal mio amico William (morto due anni fa, pace all’anima sua) che me lo consegnò al mio arrivo a Londra il giorno prima del concerto. Apprezzai molto i supporter, gli scozzesi Big Country, che già conoscevo in Italia, possedendo qualche loro disco. Annoiandomi a morte con gli Status Quo, che non ho mai particolarmente amato. Quel giorno indossavo una maglietta dei Rolling Stones e una guardia all’entrata la squadrò, guardandomi poi negli occhi con un’espressione stupita: forse pensò che avevo sbagliato concerto. I Queen arrivarono a bordo di un elicottero, sorvolando la vasta area piena di pubblico da ore (i giornali poi parleranno di circa 125.000 persone). Per quanto riguarda la scaletta era la classica di quel tour, comprese diverse cover che già avevo sentito attraverso qualche registrazione illegale: su tutte… Tutti Frutti di Little Richard, uno dei capisaldi del rock’n’roll!

            Silenzio assoluto sull’AIDS fino al giorno prima della morte di Mercury

            Nel 1987 l’indimenticabile Mercury scopre di avere l’AIDS (e non come ci viene erroneamente mostrato nel biopic Bohemian Rhapsody, prima dello show del Live Aid nel 1985). D’accordo con i suoi compagni di sempre, decide di proseguire l’attività solo registrando in studio, lontano dai riflettori che avrebbero impietosamente messo a nudo la progressione del virus. Un desiderio, quello di non informare il pubblico della sua malattia che durò fino al giorno prima della sua morte.

            Fitto lancio sul palco

            Durante l’esibizione di Belouis Somecantante poco conosciuto che aveva introdotto i Queen prima di Big Country e Status Quoil nervosismo del pubblico impaziente era palpabile. Un tizio accanto a me, urlando qualcosa di incomprensibile in un inglese stretto (e ipotizzo piuttosto… gergale) scaglio qualcosa sul palco, che cominciò ad essere oggetto di lanci ripetuti di bottiglie rotte, rendendo il clima piuttosto pericoloso. Belouis Some non era affatto piaciuto all’audience che reagiva in questo modo, il caldo afoso e la birra che scorreva a fiumi rendeva tutto ancora più allarmante.

            Viene ucciso uno spettatore

            Durante il concerto un uomo morì per dissanguamento in seguito ad una coltellata. Infatti alla fine ci misi circa tre ore ad uscire dal parco perchè la polizia fermava i presenti per raccogliere testimonianze. Nella calca persi anche i miei occhiali da sole. Li avevo acquistati poco prima di entrare nella zona del concerto: ricordo che erano belli, sembravano quelli che indossava Elvis Presley a fine carriera…

            Non esiste una registrazione ufficiale dello show

            Le uniche registrazioni che ci sono pervenute rappresentano spezzoni realizzati dagli spettatori. In realtà una registrazione – peraltro video – esiste: si tratta di una ripresa amatoriale, piuttosto traballante ma preziosa dal punto di vista documentaristico, realizzata da uno spettatore, che registrò tutto lo show da uno schermo posizionato vicino allo stage. Questa:

            Esiste anche un bootleg in vinile (un disco stampato illegalmente, senza l’autorizzazione da parte della band), chiamato Electric Magic. Un titolo non casuale, visto che durante quella serata vennero impiegate apparecchiature particolari in modo da evitare agli spettatori più lontani dallo stage palco di percepire il suono distorto o in ritardo. Purtroppo non fa parte della mia collezione, mannaggia…

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              Sonar: tra suoni e visioni

              In memoria di un passante

              Comparire per caso in una delle copertine più famose della storia del rock e passare alla storia senza che nessuno conosca il tuo nome: è successo a Paul Cole.

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                Paul Cole: questo il nome del signore circolettato in rosso nella foto, probabilmente uno degli sconosciuti più “famosi” al mondo. Mister Cole si trovava per caso a Londra dalle parti di Abbey Road nell’agosto del 1969, quando la foto fu scattata. Stava aspettando sua moglie e, probabilmente incuriosito dai quattro uomini che attraversavano la strada in fila indiana, si era girato verso di loro per guardarli. L’immagine è probabilmente una fra le più famose della cultura pop, che oggi festeggia il suo compleanno: fu realizzata l’8 agosto 1969 dal fotografo Iain McMillan. Oggi è una vera e propria icona della beatlemania. Nel frattempo Paul Cole non è più fra noi: pace all’anima sua.

                Paul Cole e la copertina nella quale compare

                Una cover iconica

                La copertina dell’album Abbey Road è una delle più celebri e citate della storia della musica. Vi compaiono i Beatles intenti ad attraversare un passaggio pedonale. Proprio nella via in cui si trovavano gli studi in cui incisero per l’ultima parte della loro carriera (gli Abbey Road Studios appunto). Diversi elementi in questa foto contribuirono ad alimentare la leggenda della morte di Paul McCartney, infatti la copertina in questione è forse quella le cui interpretazioni a sostegno della morte di Paul sono più note.

                Gli indizi per una teoria suggestiva

                Il gruppo attraversa la strada in fila, e gli abiti suggeriscono davvero una processione funebre. In testa John completamente vestito di bianco (sacerdote o forse angelo’), Ringo con un sobrio completo nero che potrebbe far pensare al portatore della bara, Paul scalzo, fuori passo rispetto agli altri, con gli occhi chiusi, tiene la sigaretta con la destra (pur essendo mancino). Infine George, in jeans e clark, potrebbe far pensare al becchino in abiti da lavoro per scavare la fossa. Paul, inoltre, è l’unico dei beatles fuori passo, forse a simboleggiare un’estraneità al gruppo. Sulla targa del “maggiolino” (“beetle”) Volkswagen bianco parcheggiato a sinistra, simile a un carro funebre, si legge “28IF” (“28 SE”, interpretato come “28 anni SE fosse ancora vivo”). Anche il resto della targa , “LMW”, è stato letto come “Linda McCartney Widowed” (vedova) o come “Linda McCartney Weeps” (piange).

                Casualità accidentali o abile trovata di marketing?

                Dall’altra parte della strada c’è un camioncino della polizia del quale i fautori della teoria del PID (Paul Is Dead, Paul è morto, ndr) sostengono di aver ricostruito che fu mandato in soccorso, nella data fatale, proprio di due persone vittime di un incidente stradale. Mossa sullo sfondo, si vede un’automobile che si allontana, esattamente in linea con Paul. L’unico numero civico che appare, il 3, corrisponde a quello dei Beatles superstiti. Sul retro copertina, la S di Beatles è spezzata e, subito accanto, un riflesso sul muro sembra comporre un teschio.

                Citazioni

                Le citazioni di questa celebre copertina in opere di altri artisti sono numerosissime. Per esempio i Red Hot Chili Peppers hanno realizzato un album dal titolo The Abbey Road E.P., la cui copertina riprende i membri del gruppo intenti ad attraversare il medesimo passaggio pedonale. Appaiono completamente nudi (a eccezione di un singolo calzino per ciascuno, indossato in modo strategico…). Altre parodie di questa immagine si trovano in The Rutles di Eric Idle, in Shabbey Road di Bob and Tom. Nella sigla iniziale della serie televisiva Grumpy Old Men del 2006, Rick Wakeman, Tim Rice, Rory McGrath e Arthur Smith stanno attraversando il passaggio di Abbey Road quando vengono investiti da un automobilista che parla al cellulare mentre guida. Nel film Disney The parent trap Halley e sua madre attraversano il celebre passaggio a strisce, mentre in sottofondo si ascolta una cover di Here Comes The Sun. Brano peraltro compreso nell’album Abbey Road: doppia citazione!

                Anche Sir Paul l’ha menzionata

                Lo stesso McCartney, con riferimento alla leggenda della sua morte, riprese l’immagine nella copertina del suo album dal vivo Paul Is Live e alla fine del video del brano Spies Like Us.
                Il passaggio pedonale ripreso da quella celebre foto è oggi una vera e propria attrazione turistica, con decine di visitatori che ogni giorno si mettono in posa per una foto ricordo.

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