Cronaca
Bandecchi chiude le tv dell’Unicusano e attacca la magistratura: «Indagine che fa schifo, 250 lavoratori vanno a fare gli agricoltori»
Il sindaco di Terni e patron dell’Unicusano difende la sua scelta di interrompere le trasmissioni di Cusano Italia Tv e Cusano News 7: «Io il mio lavoro lo faccio, gli altri no. Pagherò quattro mesi di stipendi, cosa che nessuno fa».

Stefano Bandecchi, ex paracadutista della Folgore, sindaco di Terni e anima pulsante dell’Università telematica Niccolò Cusano, non è certo uomo che manda a dire le cose. Dopo la chiusura di Cusano Italia Tv e Cusano News 7, avvenuta lo scorso 6 dicembre, il patron dell’università romana si è scagliato con parole di fuoco contro magistratura e guardia di finanza, rei, a suo dire, di aver distrutto l’immagine dell’ateneo e le sue attività con un’inchiesta giudicata “imprecisa, sbagliata e male impostata”.
Il colpo di scena
Alle 14 in punto del 6 dicembre, le trasmissioni dei due canali – attivi da cinque anni – si sono interrotte bruscamente, lasciando 250 professionisti senza lavoro. Ma Bandecchi non si ferma qui: “Per quattro mesi, queste persone saranno pagate dall’Università Niccolò Cusano, cosa che nessuno farebbe. Io sono un uomo corretto, gli altri no. Dopo questi mesi, i 250 lavoratori andranno a fare gli agricoltori.”
Dietro la chiusura, spiega Bandecchi, ci sono le accuse della magistratura secondo cui le tv sarebbero state attività “non attinenti” agli scopi istituzionali dell’ateneo, ritenute troppo legate a logiche di profitto. Un’accusa che ha portato, già a gennaio 2023, al sequestro preventivo di 20 milioni di euro, con l’accusa di evasione fiscale per quasi 14 milioni tra il 2018 e il 2022. Il rinvio a giudizio per Bandecchi e i suoi collaboratori è stato richiesto lo scorso novembre.
La rabbia social
In un video pubblicato sul suo profilo Instagram, Bandecchi non ha risparmiato critiche alla magistratura: “L’indagine fa totalmente schifo. Lo hanno detto persino i consulenti del magistrato. Se questo è il sistema, è chiaro che in Italia siamo messi male.” Non è mancata una stoccata all’operato di guardia di finanza e Agenzia delle Entrate, che avrebbero ostacolato un accordo per sanare la situazione fiscale dell’Unicusano: “Avevamo trovato un’intesa da 12,5 milioni di euro. Definitiva. E invece la magistratura ha deciso che non andava bene.”
Una decisione inevitabile
Bandecchi non si nasconde: la chiusura delle emittenti è stata una scelta obbligata per evitare ulteriori problemi legali. “Siamo costretti a fare ciò che va fatto. Intanto, 250 persone vanno a fare gli agricoltori, ma la storia non finisce qui: spariranno molte altre professionalità quando l’operazione sarà completata. È una tragedia per tanti lavoratori, ma con i tempi della giustizia italiana c’è poco da fare. Un problema simile emerso nel 2009 è stato risolto solo ora. Se questa è la normalità in questo Paese, siamo messi bene.”
Un Natale amaro
Questa situazione lascia dietro di sé un’ombra pesante. Le tv, che avevano portato avanti un’informazione legata ai valori dell’università, erano anche un volano per l’immagine dell’ateneo. Ora, però, con il sequestro dei fondi e la richiesta di rinvio a giudizio, il progetto televisivo si è spento. Bandecchi, però, non sembra intenzionato a mollare: “Io il mio lo faccio, nessuno può dire il contrario. Altri non fanno il proprio dovere, ma io non mi arrendo.”
Un epilogo che mischia la tragedia occupazionale e l’indignazione personale, in pieno stile Bandecchi. E chissà che, tra un campo di grano e una causa legale, non trovi un nuovo terreno dove rilanciare la sua battaglia contro il sistema.
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Italia
Dottore si svegli deve andare in guerra! Chi sarebbe coinvolto in Italia in caso di conflitto
Una panoramica sui criteri, categorie esonerate e nuove norme per il ripristino della leva obbligatoria in caso di guerra.

Ma nel caso in cui scoppiasse una guerra o ci fossero delle tensioni davvero speciali ai nostri confini, chi scende in campo? Se lo sono chiesti in diversi in queste ultime settimane. In uno scenario di conflitto in Italia, il richiamo alle armi coinvolgerebbe diverse categorie di persone. In prima linea verrebbero mobilitati i militari professionisti appartenenti a Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza. E poi? Seguirebbero gli ex militari che hanno lasciato le Forze Armate da meno di cinque anni. E noi civili? No i civili potrebbero essere chiamati solo in caso di estrema necessità. Siamo sicuri? Ma, sì, forse…
In caso di guerra per prima cosa andrebbe ripristinato il servizio militare obbligatorio
Il servizio militare obbligatorio, sospeso dal 1° gennaio 2005, potrebbe essere reintrodotto con un decreto ministeriale qualora il contingente professionale fosse insufficiente. La sospensione del servizio di leva obbligatoria è entrato in vigore grazie alla Legge 23 agosto 2004, n. 226, conosciuta anche come “Legge Martino”. I cittadini italiani non sono più tenuti a prestare servizio militare obbligatorio. Le Forze Armate italiane quindi sono composte da personale volontario. In caso di guerra le donne, anche se al momento escluse dalla leva obbligatoria, potrebbero essere incluse con un aggiornamento legislativo. Il richiamo sarebbe esteso alle persone di età compresa tra i 18 e i 45 anni, ma in situazioni straordinarie il limite di età potrebbe essere aumentato.
Esoneri ne abbiamo?
Diversi fattori determinerebbero l’esonero dal servizio, tra cui idoneità fisica e morale, condizioni familiari particolari (orfani, genitori a carico, soggetti con prole) e situazioni economiche critiche. Gli arruolati verrebbero assegnati principalmente all’Esercito, con ruoli specifici in Marina o Aeronautica basati sulle personali esperienze e le attitudini.
Storie vere
Gioco pericoloso con papà: bambino alla guida causa incidente grave
Un momento di leggerezza si trasforma in tragedia: un uomo di 42 anni è in coma dopo essere stato schiacciato dalla sua auto, guidata per gioco da un bambino di 10 anni.

Questa vicenda è accaduta a Ossi, un piccolo paese vicino a Sassari. Un uomo di 42 anni, nel tentativo di riaccompagnare a casa il figlio di un amico, ha messo al volante della sua auto un bambino di 10 anni. Così… per gioco. L’idea era di far provare al piccolo la messa in moto della macchina, ma la trovata dell’adulto ha avuto conseguenze drammatiche.
Bambino al volante, una scelta inconsapevole
Mentre l’uomo stava salendo nell’auto, il bambino ha perso il controllo della frizione. Il veicolo è sobbalzato in avanti, schiacciando il 42enne tra la portiera e un muro. L’impatto ha provocato gravi lesioni al torace e fratture vertebrali, portandolo a perdere conoscenza. Il cuore dell’uomo si è fermato per alcuni minuti, finché non sono intervenuti i soccorritori del 118. Dopo aver tentato di rianimarlo, il personale medico lo ha trasportato d’urgenza al pronto soccorso dell’ospedale Santissima Annunziata di Sassari. Qui l’uomo è stato ricoverato nel reparto di rianimazione, mantenuto in coma farmacologico. Le sue condizioni sono estremamente critiche e la prognosi è riservata.
Ma cosa sarà successo davvero? La Procura indaga
Nel frattempo, i carabinieri della stazione di Ossi stanno indagando sull’accaduto. Hanno già consegnato un’informativa sui fatti alla Procura di Sassari per chiarire le dinamiche di un episodio che, iniziato come un gioco, ha avuto risvolti drammatici. L’incidente mette in evidenza i rischi di sottovalutare la sicurezza in situazioni solo apparentemente innocue.
Mondo
Ancora morti in mare: affonda un sommergibile turistico nel Mar Rosso, sei vittime e nove feriti
A un anno dal disastro del Titan, la lezione sembra già dimenticata. Il sommergibile offriva immersioni ricreative fino a 25 metri per ammirare la barriera corallina, ma qualcosa è andato storto. Non è il primo incidente nella zona: negli ultimi cinque anni si contano almeno 16 episodi simili

La tragedia è tornata a galla nel Mar Rosso. Nelle prime ore di oggi, al largo della città egiziana di Hurghada, un sommergibile turistico è affondato causando la morte di almeno sei persone e il ferimento di altre nove. Quattro dei feriti versano in condizioni critiche, secondo quanto riferito da fonti locali alla Bbc. A bordo del mezzo, il “Sindbad”, c’erano circa quaranta turisti al momento dell’incidente. Ventidue di loro sono stati salvati, ma il bilancio resta pesante.
Il nome della compagnia, Sindbad Submarines, evoca viaggi esotici e meraviglie sottomarine. Ma oggi il fascino dell’avventura ha lasciato il posto all’orrore. Il sottomarino – uno dei soli 14 veri sommergibili ricreativi al mondo – era in attività da diversi anni nella zona, trasportando quotidianamente gruppi di turisti fino a 25 metri di profondità per esplorare le barriere coralline e la fauna marina del Mar Rosso. Sul sito ufficiale della compagnia si descriveva l’esperienza come “sicura, confortevole, unica”, garantendo per ogni passeggero un ampio oblò panoramico e un viaggio all’insegna della meraviglia.
Eppure, qualcosa è andato storto. E la cronaca si è macchiata, ancora una volta, di sangue.
L’imbarcazione poteva ospitare 44 passeggeri e due piloti. Proprio mentre compiva una delle sue escursioni abituali, il “Sindbad” si è inabissato senza lasciare scampo a una parte delle persone a bordo. Le cause dell’incidente non sono ancora ufficiali, ma il pensiero corre immediatamente a quel giugno 2023 in cui il mondo intero seguiva col fiato sospeso la vicenda del Titan, il sommergibile imploso nell’oceano Atlantico durante un’immersione verso il relitto del Titanic. Anche in quel caso, una missione turistica trasformata in catastrofe.
Il parallelo è inevitabile. E lo è anche la domanda: abbiamo davvero imparato qualcosa?
Hurghada è da tempo una meta turistica molto frequentata, ma non è nuova a disastri del genere. Solo a novembre scorso, sempre al largo della costa, la barca turistica Sea Story è affondata causando undici tra morti e dispersi, con 35 superstiti. In quel caso le autorità egiziane attribuirono la colpa a un’enorme onda alta fino a quattro metri, ma le testimonianze raccolte dalla Bbc parlavano anche di gravi mancanze nelle misure di sicurezza a bordo.
E la questione non finisce qui. Secondo un’inchiesta britannica pubblicata il mese scorso, negli ultimi cinque anni ci sono stati almeno 16 incidenti che hanno coinvolto imbarcazioni turistiche nella stessa area, alcuni dei quali con vittime.
Una tendenza preoccupante, troppo spesso sottovalutata.
Il turismo subacqueo e le esperienze estreme – dalle immersioni alle esplorazioni in profondità – attirano ogni anno migliaia di visitatori, ma dietro l’immagine patinata delle brochure e dei video promozionali si nasconde una realtà fatta di rischi, pressioni commerciali e, talvolta, standard di sicurezza non all’altezza.
Il dramma del Sindbad ci riporta bruscamente con i piedi per terra. E sotto il livello del mare. Dove il fascino del mistero può diventare, in un attimo, il teatro di una nuova tragedia.
Una tragedia evitabile? Forse sì. Ma ancora una volta si dovrà aspettare che siano le autorità a fornire risposte. Intanto, le vittime aumentano. E la sensazione è che, a ogni nuova discesa negli abissi, si sprofondi un po’ di più anche nel vuoto delle responsabilità.
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