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Cronaca

Champagne, escort e cocaina: il cliente da 641mila euro della Gintoneria si racconta nei verbali dell’indagine

Soldi spesi in tre anni nei locali esclusivi di Lacerenza e Nobile. Un sistema rodato, con pacchetti tutto incluso e festini privati a domicilio, dove il lusso si mescolava agli eccessi

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    Vivere senza lavorare e spendere cifre da capogiro in serate all’insegna degli eccessi. Una vita che sembra uscita da un film, ma che per Luca Angelo S. S. era la normalità. Nel giro di tre anni, dai suoi conti correnti sono partiti oltre 641mila euro, una somma astronomica che ha attirato l’attenzione della guardia di finanza. Il denaro finiva dritto nei conti di Davide Lacerenza e Stefania Nobile, i due imprenditori della Gintoneria e della Malmaison, ora ai domiciliari con l’accusa di aver organizzato un giro di escort e droga nei loro locali esclusivi di Milano. Secondo le indagini, le somme spese dal facoltoso cliente servivano a finanziare quelle che lui stesso definiva “serate speciali”, dove il lusso si mescolava agli eccessi.

    A raccontarlo agli inquirenti è proprio lui, che il 5 dicembre 2023 ha spiegato nei dettagli come funzionava il sistema. «Ho conosciuto Lacerenza nel 2020 e da allora sono stato un suo cliente abituale», dice. Un rapporto consolidato, che si traduceva in cene costose, incontri con escort e consumo di cocaina. «In alcune occasioni è venuto a trovarmi a casa con delle ragazze, anche cinque alla volta», racconta senza esitazione. Ma il cuore dell’operazione era il pacchetto tutto incluso: «Portava sempre con sé la cocaina, che ero io a pagare. Il pacchetto comprendeva vino, ragazze e droga».

    Le cifre sono da capogiro. Solo tra il 2020 e il 2023, il rampollo ha speso oltre 641mila euro in champagne, consumato nei locali di Lacerenza o direttamente nel suo appartamento. «Il costo delle serate variava dai 3mila ai 10mila euro», spiega. La droga, ammette, aveva un ruolo chiave: «Aiutava ad aumentare il consumo di alcol, nel mio caso champagne». Un legame ambiguo legava i due uomini: «A volte ero io a cercarlo perché mi sentivo solo, altre volte era lui a chiamarmi quando il locale era vuoto per propormi una serata». Per il cliente, Lacerenza era quasi un amico. Per il re della movida milanese, invece, solo un’occasione per fare affari.

    Tutto era implicito, senza bisogno di chiedere. «Non ordinavo direttamente lo champagne e le ragazze, era sottinteso che le portasse lui», racconta. Il sistema era rodato: «Io pagavo lo champagne a Lacerenza, mentre la prestazione sessuale veniva concordata direttamente con la escort e pagata in contanti». I numeri sono impressionanti. Una sera, su invito di Lacerenza, offre una bottiglia da 3 litri dal valore di 10mila euro per festeggiare il compleanno di Filippo Romeo, fratello del leghista Massimiliano, capogruppo al Senato. Un’altra notte, invece, il conto schizza a 48mila euro per celebrare la fidanzata di Lacerenza, con fiumi di champagne fino all’alba.

    Ma c’era un luogo ancora più esclusivo della Gintoneria: la Malmaison. «Di fatto è un locale sempre chiuso, che viene aperto solo per chi è disposto a spendere almeno 5mila euro», racconta. «Tutto è rosa, moquette rosa, e c’è un soppalco con divani dove i clienti possono appartarsi con escort per prestazioni sessuali». L’accesso era rigorosamente riservato e la sicurezza massima. «Il locale è dotato di telecamere, e i clienti sanno di essere ripresi», spiega. «Di solito si entra dopo le due di notte, quando la Gintoneria chiude, ma volendo può essere utilizzato anche prima».

    Negli atti dell’inchiesta spuntano almeno tre consegne a casa di S.S. , sempre con lo stesso copione. Il 10 aprile, una notte da 35mila euro tra escort e droga. Due settimane dopo, un’altra serata da 70mila euro. L’8 maggio, di nuovo 70mila per quattro escort e bottiglie di lusso. Ed è proprio il giorno successivo che Stefania Nobile si lascia sfuggire un commento rivelatore parlando con un dipendente: «Ha fatto altri 10, ma li pagherà domani perché ha raggiunto il limite. Se non avesse avuto il blocco, sarebbe arrivato a 100». Un business milionario, nascosto dietro il sipario delle notti milanesi.

    Per gli inquirenti, Lacerenza e i suoi soci avevano creato un sistema perfetto. I clienti spendevano cifre astronomiche, convinti di avere accesso a un circolo esclusivo. Ma dietro lo scintillio dello champagne e il lusso sfrenato, si celava un meccanismo criminale ben rodato. «Comunque, insomma, non lamentiamoci», commentava Stefania Nobile. E in effetti, con cifre del genere, di che cosa si sarebbe dovuta lamentare?

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      Mondo

      La nuova giustizia americana: se non piaci a Trump, ti arrestano. Anche se sei un giudice

      Il nuovo capo dell’Fbi Kash Patel, cospirazionista da bancarella e star del fan club MAGA, ha deciso che chi non obbedisce va arrestato. Così Hannah Dugan, giudice del Wisconsin, si ritrova in carcere per non aver consegnato un migrante. Altro che giustizia: è la revanche del trumpismo in versione vendetta personale. E non è che l’inizio.

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        C’è un nuovo sceriffo in città. Ma invece di un distintivo ha una maglietta MAGA, un microfono da podcast e un libro per bambini dove Trump è il re buono perseguitato dai cattivi del deep state. Si chiama Kash Patel, è il nuovo capo dell’Fbi e oggi ha deciso che la Costituzione americana può essere usata come sottobicchiere.

        Il primo bersaglio? Una giudice. Si chiama Hannah Dugan, lavora nella contea di Milwaukee e ha commesso un crimine imperdonabile: non ha lasciato che gli agenti federali portassero via un migrante direttamente dall’aula del tribunale. Non ha liberato un assassino, non ha sabotato un’indagine. Ha semplicemente fatto il proprio lavoro. Peccato che in America, ora, il lavoro di un giudice sia obbedire.

        La notizia dell’arresto è arrivata via X, perché il rispetto istituzionale ormai si misura a suon di post e reaction. L’ha firmata lui, Kash Patel, ex procuratore, ex teorico del complotto, ex comparsa in thriller legali e attuale braccio armato del trumpismo. Ha annunciato che la giudice ha “ostacolato l’azione federale”. Tradotto: ha disturbato la macchina delle deportazioni e quindi merita le manette.

        Chi è questo nuovo eroe della giustizia americana? Uno che vende merchandising con il suo nome scritto con il dollaro al posto della S, che ha inciso l’inno americano con il coro dei detenuti del 6 gennaio, e che partecipa a podcast di QAnon come se fosse il salotto di casa. Più che un capo dell’Fbi, una guest star di un reality distopico.

        E mentre lui promuove teorie cospirazioniste da baraccone, la giudice Dugan viene sbattuta in cella. Il messaggio è chiarissimo: se indossi la toga ma non sei devoto a Trump, sei un bersaglio. Oggi tocca a lei. Domani? Giornalisti, avvocati, bibliotecari, forse anche i vigili urbani.

        La nuova giustizia americana non difende più la legge. Difende il Capo. E chiunque osi mettersi di traverso diventa automaticamente un nemico dello Stato. O meglio: del nuovo Stato. Quello dove l’Fbi non indaga, ma punisce. Dove il diritto vale solo se conferma la linea del partito. Dove i giudici non interpretano la legge: la recitano, tipo preghiera.

        Trump non vuole più solo il potere. Vuole anche la vendetta. E Patel è l’uomo perfetto per servirgliela fredda. È fedele, è fanatico e soprattutto ha una vocazione naturale al ridicolo. Ma un ridicolo pericoloso, armato, e ora anche dotato di potere esecutivo.

        Sui social, la galassia pro-MAGA canta vittoria: “Finalmente”, “Se lo meritano”, “Ora tocca agli altri”. La democrazia? Mai pervenuta. Ma tranquilli: l’inno remix con la voce di Trump si trova anche in versione karaoke.

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          Cronaca

          La Liberazione di Mattarella a Genova, nel nome di Francesco, Pertini e Ventotene

          Da Ventotene a Papa Francesco, da Pertini a Guido Rossa: Mattarella intreccia memoria e attualità nella città che si liberò da sola dai nazifascisti. “Viva la Liguria partigiana, viva la libertà, viva la Repubblica”.

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            È un 25 aprile solenne, teso come una corda tra passato e presente. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sceglie Genova per l’ottantesimo anniversario della Liberazione. Non un caso: Genova è la città che si liberò da sola, senza bisogno degli alleati, e che ricevette per questo la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Ma oggi non si parla solo di memoria. Oggi si parla di resistenza al revisionismo, di Europa, di pace, di partecipazione. E lo si fa nel primo discorso pubblico del Presidente dopo l’intervento per il pacemaker. Il volto è stanco, la voce ferma. Le parole, nitide come un bisturi.

            “È sempre tempo di Resistenza”, scandisce dal palco del Teatro Nazionale, tra gli applausi scroscianti che lo accolgono al suo ingresso. La sala è gremita, si ascolta con rispetto, quasi in silenzio. Il Capo dello Stato parte da lontano: “Il contributo dei partigiani fu decisivo per il crollo della Linea Gotica”, dice, ricordando Luciano Bolis, antifascista torturato dalle Brigate Nere, che oggi riposa a Ventotene. Quel nome non è neutro: Ventotene, dove si immaginò un’Europa unita quando ancora cadevano le bombe. Mattarella rievoca Altiero Spinelli, coautore del Manifesto, e denuncia il revisionismo che oggi cerca di sfilacciare quel sogno.

            Poi il presidente si riallaccia a Papa Francesco, a poche ore dai suoi funerali: “Ogni generazione deve fare proprie le lotte e le conquiste delle generazioni precedenti e condurle a mete ancora più alte”, cita dall’enciclica Fratelli Tutti. È un filo sottile quello che lega la Resistenza alla cura del presente. E Mattarella lo tesse senza retorica, con la lucidità di chi vede la democrazia vacillare: “Ci preoccupa l’astensionismo, la fuga dalla cosa pubblica. Non possiamo accettare una democrazia a bassa intensità”.

            Poi arriva la lezione di storia, quella che a scuola si dovrebbe insegnare ogni giorno. Genova 1945. Tre nomi: il generale nazista Guenther Meinhold, il medico Carmine Alfredo Romanzi, il partigiano operaio Remo Scappini. Meinhold capisce che la guerra è persa, non vuole obbedire all’ordine di Hitler: far saltare il porto, come a Varsavia. Cerca una via di resa. Romanzi la offre. Scappini la tratta. E il 25 aprile, alle 19.30, a Villa Migone, sotto gli occhi del cardinale Boetto, si firma la resa. Due giorni dopo arrivano gli americani. Genova si era liberata da sola. “Great job”, dissero i militari statunitensi. E avevano ragione.

            Remo Scappini diventerà parlamentare del PCI. Meinhold tornerà in Germania dopo due anni di prigionia. Romanzi sarà rettore dell’università. E Paolo Emilio Taviani, “Pittaluga”, sarà la voce che annuncia via radio: “Genova è libera. Popolo genovese, esulta”. Taviani è un altro nome evocato nel discorso: fervente antifascista, ma anche tra gli ispiratori di Gladio. La storia, suggerisce Mattarella, non è mai monocroma.

            A Genova si ricorda anche il 1960, la rivolta contro il congresso del MSI, quando i cittadini scesero in piazza contro la deriva nostalgica. In prima linea c’era un giovane Sandro Pertini, genovese, socialista, futuro Presidente. Un altro legame. Un altro simbolo.

            Il discorso dura ventidue minuti. Settimane di preparazione. Sette cartelle piene di nomi, episodi, riferimenti. La gente in sala trattiene il respiro, applaude, si commuove. “Viva la Liguria partigiana, viva la libertà, viva la Repubblica”, chiude Mattarella. E lo dice con un’intensità che non ha bisogno di effetti speciali.

            All’uscita, un partigiano lo ferma: “Presidente, le auguro lunga vita”. E non è una frase fatta.

            Il tempo della Resistenza non è finito. Non finché c’è chi la racconta così.

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              Cronaca

              Ai funerali di Papa Francesco anche Joe Biden: attesa una folla di leader mondiali

              Confermato l’arrivo di 130 delegazioni ufficiali da tutto il mondo, tra cui 50 capi di Stato e 10 monarchi. La cerimonia si terrà sul sagrato della Basilica di San Pietro

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                Anche Joe Biden sarà presente ai funerali di Papa Francesco, previsti per la mattina di sabato 26 aprile in piazza San Pietro. L’ex presidente degli Stati Uniti parteciperà in forma privata e non guiderà la delegazione ufficiale americana, che sarà invece capitanata dal suo successore e attuale capo della Casa Bianca, Donald Trump.

                La presenza contemporanea di due presidenti americani, uno in carica e uno ex, sottolinea l’eccezionalità dell’evento e l’universalità della figura di Papa Francesco, capace di superare divisioni politiche e culturali.

                La conferma è arrivata nelle ultime ore attraverso fonti diplomatiche e poi dalla sala stampa della Santa Sede, che ha aggiornato il numero delle presenze internazionali previste: «L’Ufficio del Protocollo della Segreteria di Stato informa che al momento sono 130 le delegazioni confermate per i funerali di Papa Francesco, sabato mattina, di cui circa 50 capi di Stato e 10 sovrani regnanti».

                Misure di sicurezza straordinarie

                Un evento di portata storica, dunque, che richiederà misure di sicurezza straordinarie. Il Ministero dell’Interno ha già messo in moto una macchina organizzativa imponente: sono attese decine di migliaia di fedeli da tutta Italia e dall’estero, mentre le autorità stanno monitorando gli arrivi di voli speciali, charter e treni.

                Molti reali

                Tra i leader attesi a Roma ci saranno anche i reali di Belgio e Spagna, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente portoghese Marcelo Rebelo de Sousa, il primo ministro britannico Keir Starmer e il presidente austriaco Alexander Van der Bellen. Presenti anche le principali autorità religiose, compresa una delegazione della Grande Moschea di Roma e i rappresentanti delle Chiese ortodosse e protestanti.

                Per motivi di sicurezza, alcune aree intorno al Vaticano saranno soggette a limitazioni, mentre sono stati previsti varchi di accesso e percorsi pedonali obbligatori per gestire il grande afflusso.

                Mentre le spoglie di Papa Francesco riposano nella Basilica di San Pietro, le strade di Roma si preparano ad accogliere un evento solenne che segna un passaggio epocale nella storia della Chiesa e del mondo.

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