Cronaca Nera
2 milioni di euro per la famiglia Cecchettin: il risarcimento a Turetta e le tabelle del dolore
Il risarcimento richiesto include il danno da perdita del rapporto parentale, l’angoscia per la scomparsa e il vuoto lasciato da Giulia. Tra tabelle a punti e parametri giuridici, emerge una cifra simbolica, impossibile da quantificare rispetto al dolore di un’intera famiglia.
Un risarcimento di 2.150.000 euro è stato richiesto dalla famiglia Cecchettin a Filippo Turetta, reo confesso dell’omicidio di Giulia. Una somma significativa, ma che non si avvicina nemmeno a compensare la perdita subita. Come ha sottolineato l’avvocato della famiglia, si tratta di un atto dovuto, tanto dal punto di vista legale quanto simbolico. La cifra richiesta comprende diverse voci: il danno da perdita parentale, il dolore per l’angoscia vissuta e il vuoto creato dalla scomparsa di Giulia.
Le tabelle dell’Osservatorio
Per stabilire il risarcimento, l’avvocato della famiglia Cecchettin ha utilizzato le tabelle dell’Osservatorio di Milano, che attribuiscono un valore economico al danno parentale. Ogni punto ha un valore di 3.911 euro, e nel caso specifico sono stati calcolati 82 punti: 18 per l’età del padre, 24 per l’età della vittima e 30 per l’intensità del legame tra Giulia e suo padre Gino, che rappresenta il massimo previsto. Questo porta la cifra a 391.000 euro, a cui si aggiungono altre voci relative all’angoscia e alla sofferenza provata dalla famiglia.
Le tabelle tengono conto del «danno da perdita del rapporto parentale», un concetto giuridico che va oltre il dolore immediato per la perdita. Include la distruzione di un sistema di vita, il senso di vuoto esistenziale e l’impossibilità di godere della presenza della persona amata. Nel caso di Gino Cecchettin, questo vuoto è aggravato da una tragedia recente: la perdita della moglie, avvenuta pochi mesi prima, che ha reso ancora più difficile affrontare la morte della figlia.
Il diritto ereditario e il risarcimento «iure hereditatis»
Oltre al danno parentale, la famiglia Cecchettin ha richiesto un risarcimento per il danno subito dalla vittima stessa, che può essere reclamato dagli eredi attraverso il diritto «iure hereditatis». Questa voce include il «danno biologico terminale», relativo alla sofferenza fisica provata da Giulia, e il «danno da lucida agonia», che quantifica il tormento psicologico della vittima consapevole della propria morte imminente.
Per questa componente, il risarcimento richiesto ammonta a 1.150.000 euro, la metà della somma complessiva. Questa cifra rappresenta il tentativo di dare un valore economico a una sofferenza indescrivibile, che tuttavia resta impossibile da quantificare.
Il dolore che non si misura
Il dolore per la perdita di una persona amata non ha prezzo, e i risarcimenti richiesti in questi casi sono inevitabilmente simbolici. La famiglia Cecchettin non potrà mai colmare il vuoto lasciato da Giulia. Ma attraverso questa procedura cerca almeno di ottenere giustizia per un crimine che ha spezzato la loro esistenza. Le cifre, per quanto elevate, non possono restituire ciò che è stato tolto, ma rappresentano un segnale di speranza: che la giustizia possa fare il suo corso, anche in una tragedia così irreparabile.
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Cronaca Nera
Ergastolo per Filippo Turetta: i giudici decidono la pena massima per l’omicidio di Giulia Cecchettin
Dopo un processo con rito abbreviato, il caso che ha scosso l’Italia si conclude con la sentenza più dura. Decisivi il memoriale dell’imputato e la requisitoria del pm.
Il processo a Filippo Turetta, accusato dell’omicidio volontario della ex fidanzata Giulia Cecchettin, si è concluso con una condanna all’ergastolo. La sentenza, emessa dai giudici del tribunale di Venezia, è arrivata al termine di un procedimento in cui l’accusa ha dimostrato una premeditazione brutale, mentre la difesa ha chiesto invano il riconoscimento delle attenuanti generiche.
Un delitto pianificato con crudeltà
Turetta, reo confesso, era accusato di un omicidio aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza, stalking e occultamento di cadavere. Secondo la ricostruzione del pm Andrea Petroni, l’imputato aveva preparato il delitto con meticolosità, stilando una lista di oggetti da acquistare e studiando le mappe dell’area per nascondere il corpo e fuggire.
La requisitoria del pm, pronunciata il 25 novembre durante la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, aveva sottolineato l’evidenza della premeditazione: «È stata pianificata con azioni preparatorie quotidiane, in un rapporto costante con la persona offesa. Mi sembra difficile trovare una premeditazione più provata di questa».
La dinamica dell’omicidio
Durante il processo, Turetta ha ricostruito in aula l’omicidio avvenuto l’11 novembre. Nel memoriale di 80 pagine presentato dalla difesa, ha descritto con vaghezza e contraddizioni il momento del delitto: «Non ricordo bene, ma devo essermi girato a colpirla mentre eravamo in macchina. Forse le ho dato almeno un colpo sulla coscia, tirando colpi a caso».
Turetta ha ammesso di aver coperto il corpo della vittima per evitare che fosse trovato in quelle condizioni. Ha anche dichiarato di aver tentato il suicidio subito dopo, senza successo: «Ho provato a uccidermi con un sacchetto di plastica in testa, ma non ci sono riuscito».
La difesa invoca l’emotività dell’imputato
Gli avvocati della difesa, Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, hanno cercato di ottenere attenuanti generiche, sostenendo che Turetta avesse agito in preda a un’alterazione emotiva. «Filippo Turetta merita le attenuanti generiche», ha dichiarato Cornaviera, definendo il giovane come «un ragazzo che ha commesso un atto efferato, privando una ragazza meravigliosa dei suoi sogni e delle sue speranze».
Tuttavia, i giudici hanno ritenuto prevalenti le aggravanti contestate nel capo di imputazione, confermando la linea dell’accusa e condannando l’imputato alla pena massima.
Una sentenza simbolo
Il caso ha profondamente colpito l’opinione pubblica italiana, diventando un simbolo della lotta contro la violenza di genere. La famiglia di Giulia Cecchettin, presente durante il processo, ha accolto la sentenza con commozione, sottolineando l’importanza di un verdetto che rende giustizia alla memoria della giovane.
Il processo, iniziato con rito abbreviato il 23 settembre 2024, si è concluso rapidamente, ma ha lasciato una ferita aperta nella società italiana, ricordando ancora una volta l’urgenza di combattere la violenza contro le donne.
Cronaca Nera
Filippo Turetta, la vita in carcere tra musica, studio e lunghi silenzi
Nel carcere di Montorio, dove è recluso dal 25 novembre, il giovane segue un corso di inglese, suona in una band e frequenta la palestra. Ma il peso delle accuse e il silenzio su Giulia segnano profondamente il suo percorso.
Nel carcere di Montorio, dove è detenuto dal 25 novembre 2023, Filippo Turetta, accusato di omicidio volontario pluriaggravato, sequestro di persona e occultamento di cadavere dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, sta cercando di adattarsi alla vita dietro le sbarre. Un’accusa che potrebbe costargli l’ergastolo e che lo colloca nella sezione separata per detenuti accusati di violenze di genere.
Una routine tra musica e studio
Come emerge da fonti interne, Turetta ha costruito una routine che include diverse attività per dare senso al tempo trascorso in prigione. Tra queste, la musica gioca un ruolo centrale: il giovane suona uno strumento in una band formata dai detenuti. Inoltre, partecipa a un corso di inglese e ad attività di formazione, mentre l’idea di completare la laurea in ingegneria biomedica appare per ora lontana.
La casa circondariale, diretta da Francesca Gioieni, promuove numerose iniziative per il reinserimento e la rieducazione dei detenuti. Non mancano palestra, biblioteca e una cappella, elementi che contribuiscono a offrire qualche forma di distrazione ai 73 ospiti della sezione dedicata a reati di genere.
Il silenzio su Giulia
Turetta appare taciturno e rispettoso delle regole. Non pronuncia mai il nome di Giulia Cecchettin, un dettaglio che evidenzia il peso del crimine di cui è accusato e la difficoltà di affrontarlo. La sua famiglia lo visita regolarmente, ma il percorso di rieducazione sembra ancora tutto da costruire.
Un carcere che parla di diritti
Simbolicamente, sulla cancellata della struttura spicca uno striscione realizzato da detenuti e insegnanti con la scritta “Non calpestiamo i diritti delle donne”, un monito che sembra risuonare ogni giorno tra le mura del carcere.
Per Turetta, il futuro è un’incognita. Tra attività quotidiane e lunghi silenzi, rimane la consapevolezza del peso delle accuse che pendono su di lui e che potrebbero definirne il destino per sempre.
Cronaca Nera
Ricatto a Michael Schumacher: ex guardia del corpo chiede 15 milioni per foto e video privati
L’ex guardia del corpo di Michael Schumacher, Markus Fritsche, ha ricattato la famiglia del sette volte campione del mondo di F1.
Emergono dettagli davvero inquietanti sul piano di estorsione ai danni della famiglia Schumacher, orchestrato da Markus Fritsche, ex guardia del corpo del sette volte campione del mondo di Formula 1. L’uomo, insieme ai complici Yilmaz Tozturkan e il figlio di quest’ultimo, ha cercato di ottenere 15 milioni di euro minacciando di diffondere sul dark web immagini, video e documenti medici riservati dell’ex pilota, ancora in condizioni critiche dopo l’incidente sugli sci avvenuto nel 2013 a Maribel.
Un piano di estorsione ben congeniato
Fritsche, licenziato dalla famiglia Schumacher per ragioni economiche, avrebbe sottratto oltre 1.500 immagini, 200 video e documenti riservati dalla villa del pilota durante il suo incarico di sorveglianza. Il materiale è stato archiviato su quattro chiavette USB e due hard disk, utilizzati per il ricatto. Secondo quanto ha riportato il quotidiano inglese Daily Mail, la mattina del 3 giugno Tozturkan ha contattato segretamente la famiglia Schumacher. Qualche giorno dopo il figlio di Tozturkan ha inviato quattro immagini alla residenza degli Schumacher. Il messaggio era chiaro la famiglia avrebbe dovuto procurarsi 15 milioni di euro entro un mese. Una cifrada consegnare in cambio del materiale fotocinematografico.
Lo scambio sarebbe dovuto avvenire presso l’ufficio dell’avvocato della famiglia. E invece, la famiglia Schumacher ha prontamente informato la polizia, portando all’arresto di Tozturkan e del figlio in Germania il 19 giugno. Attualmente Tozturkan e figlio sono detenuti, mentre Markus Fritsche è libero su cauzione in attesa del processo, che si terrà a Wuppertal il mese prossimo. I pubblici ministeri tedeschi hanno confermato che l’accusa include l’estorsione aggravata e la violazione della privacy.
Un attacco alla privacy di Michael Schumacher
Dall’incidente sugli sci del 2013, la moglie di Schumacher, Corinna Betsch, ha protetto con grande riservatezza la vita privata del marito. La famiglia, sconvolta dall’accaduto, ha dichiarato di voler perseguire con fermezza chiunque cerchi di sfruttare la vulnerabilità di Michael per scopi personali.
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