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Cronaca Nera

Caso Orlandi, l’ultima rivelazione: «Mi baciò e poi mi disse addio». Un indizio decisivo o un ricordo tardivo?

Nel giorno in cui Emanuela avrebbe compiuto 57 anni, la sua storia continua a essere una delle più grandi ombre della cronaca italiana. Il suo sorriso dolce e la fascetta nei capelli sono ancora un simbolo di verità negate, di segreti insabbiati, di un caso che qualcuno, lassù in Vaticano, non ha mai voluto risolvere davvero.

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    Dopo oltre quarant’anni, spunta una nuova testimonianza sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, e stavolta arriva da un amico d’infanzia, Pierluigi Magnesio, che ha raccontato un dettaglio mai emerso prima: pochi giorni prima di sparire, la ragazza lo salutò con un inaspettato “Addio”.

    Una parola che pesa come un macigno, perché fa riemergere i dubbi mai risolti: Emanuela sapeva già che avrebbe dovuto allontanarsi? Era stata manipolata, costretta o forse aveva intuito qualcosa?

    La rivelazione, resa pubblica nel canale YouTube del giornalista Igor Patruno, sarà al centro della Commissione parlamentare d’inchiesta, che giovedì 16 gennaio ascolterà Magnesio per cercare di incastrare questo nuovo tassello nel mosaico di un mistero che dura dal 1983.

    Il saluto che cambia tutto?

    Magnesio, che oggi ha 57 anni, era uno degli amici di Emanuela nel giro della parrocchia di Sant’Anna in Vaticano. Ricorda di essere stato “innamoratissimo” di lei, anche se la ragazza, per non farlo soffrire, aveva smesso di dargli quei bacetti affettuosi tipici dell’adolescenza.

    Ma pochi giorni prima della sua scomparsa, tutto cambia:

    «Era sera, stavamo per salutarci sotto casa sua, quando mi sento chiamare: ‘Pier, Pier!’. Mi giro ed Emanuela mi dice: ‘Ti volevo salutare meglio’. Mi dà due bacetti, poi mi guarda e mi dice: ‘Addio’».

    Un congedo inaspettato, che suona quasi come un presagio. Sapeva qualcosa? L’avevano avvertita che presto sarebbe dovuta sparire?

    Non è la prima volta che emerge un indizio simile. Una compagna di scuola raccontò che, poche settimane prima di sparire, Emanuela le aveva detto: “Non mi vedrete per un po’”. E c’è anche un altro episodio: una lite in famiglia, durante la quale la ragazza aveva espresso il desiderio di partire da sola per le vacanze, contro il volere dei genitori.

    Un ricordo improvviso dopo 40 anni

    Magnesio, per anni, aveva ricordato solo il gesto affettuoso. Ma poi, durante la pandemia, il dettaglio del “ciao definitivo” è riemerso con forza.

    «Avevo rimosso quella parola, poi improvvisamente mi è tornata in mente. E penso che possa avere un significato importante», ha spiegato.

    Ma perché non parlarne prima? Perché la memoria ha bisogno di quarant’anni per ricostruire una scena così cruciale?

    Cosa successe il 22 giugno?

    Il giorno della scomparsa, Magnesio avrebbe dovuto vedere Emanuela nel pomeriggio. La incontrò per caso intorno alle 16:30, mentre lui rientrava in Vaticano e lei usciva per andare alla scuola di musica.

    «Aveva appuntamento con la sorella Cristina alle 19 davanti al Palazzaccio. Mi chiese se volevo andare anche io».

    Lui accettò e si presentò all’incontro, dove c’erano anche altri amici. Ma Emanuela non arrivò mai. Dopo averla attesa invano, decisero di andarla a cercare alla scuola di musica. Ma ormai era scomparsa nel nulla.

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      Cronaca Nera

      Il giallo di David Rossi: nuova perizia e misteri irrisolti. E spunta l’ombra di un serial killer

      La nuova inchiesta parlamentare, guidata dal deputato Gianluca Vinci, vuole fare luce su orari, spostamenti e testimonianze cruciali mai approfondite. Al centro dell’indagine, il ruolo di Giandavide De Pau, l’assassino di Roma che nel 2019 si autoaccusò della morte di Rossi. Un altro caso di omicidio a Siena, con un modus operandi simile, aggiunge nuovi interrogativi.

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        La Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di David Rossi tornerà a Siena il 7 marzo per un nuovo sopralluogo sul luogo del presunto suicidio dell’ex capo della comunicazione di Monte dei Paschi. Dieci anni dopo quella notte del 6 marzo 2013, i dubbi sulle reali dinamiche della sua morte restano ancora irrisolti, tra ferite inspiegabili, video delle telecamere che mostrano dettagli anomali e incongruenze nelle testimonianze.

        «Vogliamo capire chi c’era quel giorno e come si è mosso», ha spiegato Gianluca Vinci, presidente della Commissione e deputato di Fratelli d’Italia. L’obiettivo è aggiornare la superperizia dei Ris, incrociando i nuovi accertamenti con i risultati della precedente indagine parlamentare guidata dal senatore Pierantonio Zanettin (Forza Italia), che aveva sollevato molte incongruenze senza mai trovare risposte definitive.

        Nuove perizie e un giallo mai comunicato alla Procura

        Per la prima volta, la Commissione ha deciso di dotarsi della consulenza di uno psicologo forense, il criminologo Edoardo Genovese, per analizzare il contesto psicologico attorno al caso.

        Ma il vero colpo di scena riguarda una figura inquietante, mai collegata ufficialmente al caso fino ad ora: Giandavide De Pau, il killer delle prostitute romane, arrestato per gli omicidi del 17 novembre 2022 a Roma.

        De Pau, infatti, nel 2019 si era autoaccusato della morte di David Rossi, ma la Commissione non ne fu mai informata dalla Procura di Siena. Un dettaglio che ora appare troppo importante per essere ignorato.

        Un altro omicidio con troppi punti in comune

        C’è di più: nei giorni successivi alla morte di Rossi, a Siena venne uccisa un’altra prostituta, con un modus operandi simile a quello utilizzato da De Pau. Per quell’omicidio è attualmente in carcere William Renan Vilanova Correa, coinquilino della vittima, che però si dichiara innocente.

        Correa in passato aveva rilasciato dichiarazioni clamorose, parlando di festini a cui avrebbero partecipato due magistrati che hanno svolto le indagini sul caso Rossi. Una rivelazione pesante, che si intreccia con le parole dell’ex colonnello dei carabinieri Pasquale Aglieco, il quale aveva raccontato alla Commissione come la scena del crimine fosse stata contaminata. Aglieco, che oggi si trova in Tunisia, è uno dei testimoni chiave della vicenda, ma la sua denuncia è stata archiviata.

        Le ombre su Mps e il ruolo della politica

        Se il caso di David Rossi è ancora aperto, molto lo si deve anche alla determinazione del legale della famiglia, Carmelo Miceli, ex deputato Pd, che ha continuato a chiedere giustizia nonostante le resistenze del suo stesso partito. Mps, per anni cassaforte della sinistra, continua a essere un nodo scomodo per il Pd, che ha sempre evitato di approfondire gli intrecci tra la banca e la politica locale.

        Un decennio di domande senza risposta

        A dieci anni dalla sua morte, David Rossi resta un mistero irrisolto. Suicidio o omicidio? Gli interrogativi sono ancora lì, incisi in quei frame sgranati delle telecamere, nelle ferite inspiegabili sul corpo, nelle testimonianze discordanti.

        Il 7 marzo, Siena tornerà a essere il centro di un’indagine che non si è mai chiusa davvero. La Commissione saprà finalmente dare le risposte che per troppo tempo sono rimaste nell’ombra?

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          Cronaca Nera

          Pamela Mastropietro, ergastolo confermato per Oseghale: “Ci fu violenza sessuale”

          La Cassazione respinge il ricorso straordinario dei legali dell’assassino. Nessuno sconto di pena: il 35enne nigeriano resterà in carcere a vita.

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            Fine della corsa per Innocent Oseghale. La Cassazione ha chiuso ogni spiraglio, rigettando il ricorso straordinario della difesa e confermando definitivamente l’ergastolo per l’uomo che nel gennaio 2018 ha ucciso, smembrato e nascosto in due trolley il corpo di Pamela Mastropietro. Nessun dubbio nemmeno sulla violenza sessuale: per i giudici, il crimine è stato ancora più atroce di quanto già accertato nei processi precedenti.

            Un iter giudiziario lungo e doloroso

            Dal giorno del delitto, il caso ha attraversato tutte le fasi della giustizia italiana: primo grado, appello, Cassazione, rinvio, nuovo appello e infine il verdetto definitivo di gennaio 2023. Ma la difesa di Oseghale, rappresentata dagli avvocati Umberto Gramenzi e Simone Matraxia, ha tentato l’ultima carta, chiedendo l’annullamento della condanna per violenza sessuale.

            Una richiesta respinta senza esitazioni dalla Suprema Corte. La famiglia di Pamela, insieme alla procura generale, si era opposta con fermezza a qualsiasi revisione del verdetto. Dopo un’udienza durata circa mezz’ora, la decisione è stata depositata in cancelleria: l’ergastolo resta, senza sconti né attenuanti.

            Una sentenza che chiude il caso

            Pamela Mastropietro aveva solo 18 anni quando è stata strappata alla vita con una brutalità disumana. L’orrore del suo omicidio, avvenuto nelle campagne di Pollenza, ha scosso l’Italia intera. Ora, con questa ultima sentenza, la giustizia ha messo la parola fine alle battaglie legali di Oseghale.

            Resta il dolore per una vita spezzata e per una famiglia che ha dovuto affrontare anni di processi e ricorsi. Ma almeno una certezza rimane: chi ha compiuto questo crimine non potrà più sfuggire alla sua condanna.

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              Omicidio Willy, la procura chiede l’ergastolo senza attenuanti per i fratelli Bianchi

              Dopo il verdetto della Cassazione, la Corte d’Appello di Roma deve riesaminare le attenuanti. Il pg: “Un evento indecente per le modalità e i motivi”

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                Nessuna clemenza per Gabriele e Marco Bianchi. La procura generale della Corte d’Appello di Roma ha chiesto la condanna all’ergastolo senza attenuanti per i due fratelli accusati dell’omicidio di Willy Monteiro Duarte, il 21enne massacrato a calci e pugni la notte del 6 settembre 2020 a Colleferro. Il nuovo processo d’appello si è aperto oggi dopo il verdetto della Cassazione, che ha confermato la loro responsabilità per omicidio volontario, ordinando però una nuova valutazione sulle attenuanti generiche, inizialmente concesse e poi revocate.

                Il quadro è chiaro: per la procura, non c’è spazio per nessuno sconto di pena. Gabriele e Marco Bianchi, due energumeni con esperienza nelle arti marziali miste, hanno avuto un ruolo determinante nel pestaggio che ha stroncato la vita di Willy in appena cinquanta secondi. “La morte di Willy è un evento indecente, sia per le modalità in cui è avvenuta sia per i motivi che l’hanno scatenata”, ha dichiarato il procuratore generale nella sua requisitoria.

                Un’aggressione feroce, partita con un calcio al petto sferrato da Gabriele Bianchi, seguito subito dopo dal fratello Marco. Nessuna rissa, nessuna provocazione: solo un’esplosione di violenza gratuita che ha travolto un ragazzo innocente. La Cassazione, confermando l’omicidio volontario, ha demolito ogni tentativo di ridimensionare il delitto.

                Ora il verdetto finale spetta alla Corte d’Appello, che dovrà decidere se confermare l’ergastolo o ripristinare i 24 anni stabiliti nel primo appello. Intanto, per gli altri due imputati la giustizia ha già scritto la parola fine: Francesco Belleggia è stato condannato a 23 anni, Mario Pincarelli a 21.

                Resta l’ultima sentenza da pronunciare. E, almeno per la pubblica accusa, il destino dei fratelli Bianchi dovrebbe essere segnato: il carcere a vita, senza sconti, senza attenuanti, senza possibilità di riscatto.

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