Cronaca Nera

DNA sconosciuto riapre la caccia al Mostro di Firenze: “Riesumate il corpo di quella ragazza, l’unica che lottò col killer”

Un DNA sconosciuto su un proiettile usato dal Mostro di Firenze riaccende la speranza di risolvere il mistero. L’ematologo Lorenzo Iovino ha isolato questa sequenza genetica che appare anche su proiettili di altri due delitti attribuiti al killer delle coppiette. L’avvocato Vieri Adriani chiede nuove comparazioni e la riesumazione del corpo di Stefania Pettini, la prima vittima certa, per cercare campioni biologici sotto le unghie. Dopo quasi 50 anni, la verità potrebbe finalmente emergere.

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    Un DNA sconosciuto è stato trovato su uno dei proiettili usati nell’omicidio di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, le ultime vittime del Mostro di Firenze. Questo DNA ricorre anche su proiettili di altri due delitti.

    La scoperta dell’ematologo

    La ricerca condotta dall’ematologo Lorenzo Iovino, basato negli USA, potrebbe aprire nuovi scenari sul killer delle coppiette. Iovino è partito dal lavoro del professor Ugo Ricci sui reperti balistici, in particolare sul proiettile V3, rinvenuto nel 2015 nel cuscino della tenda dei due fidanzati uccisi a Scopeti nel 1985. Ricci aveva trovato un DNA completo, riconducibile a un perito che aveva esaminato il reperto, mescolato a un altro rimasto ignoto. Utilizzando tecniche avanzate, Iovino ha isolato quella sequenza, scoprendo una parziale sovrapposizione con DNA individuati su altri due proiettili nei duplici omicidi di Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch (9 settembre 1983) e di Pia Rontini e Claudio Stefanacci (29 luglio 1984). Questo potrebbe essere il DNA del Mostro, impresso al momento di ricaricare l’arma.

    La possibile riesumazione di Stefania Pettini

    L’avvocato Vieri Adriani chiede di effettuare tutte le comparazioni possibili con i reperti a disposizione e con il profilo delle persone indagate nel corso del tempo. Se i parenti daranno l’autorizzazione, chiederà alla procura la riesumazione del corpo di Stefania Pettini, uccisa il 14 settembre 1974. Potrebbero essere rimasti campioni biologici sotto le unghie della ragazza, l’unica che potrebbe aver lottato con l’assassino.

    Stefania Pettini, 18 anni, di Vicchio, fu ammazzata insieme al fidanzato Pasquale Gentilcore, 19 anni, nel primo delitto attribuito con certezza al Mostro. I due furono sorpresi su una strada sterrata a Rabatta, nel comune di Borgo San Lorenzo: lui fu colpito con cinque colpi di pistola, lei fu accoltellata dopo un corpo a corpo nell’abitacolo, trascinata fuori e colpita con una raffica di fendenti. Come ultimo oltraggio, le fu inserito un tralcio di vite nella vagina.

    La speranza di risolvere il mistero

    Dopo quasi 50 anni, secondo Adriani e Iovino, la chiave del mistero potrebbe essere ancora impressa sul corpo di Stefania. “Gli esami genetici all’epoca non esistevano, sarebbe importantissimo svolgere una seconda autopsia”, dice Iovino. “In quel delitto ci fu una interazione tra aggressore e vittima, che provò a difendersi allo stremo. Certo, è possibile che non si trovi nulla o che il DNA sia incompleto o contaminato, ma nei casi non risolti bisogna tentare tutte le strade”.

    L’avvocato Adriani è pronto a chiedere ai familiari di Stefania il via libera per la riesumazione del corpo, convinto di essere davanti a uno degli ultimi spiragli per la verità in una vicenda che ha visto susseguirsi presunti colpevoli e innocenti, dal “vampa” Pietro Pacciani ai suoi compagni di merende, Mario Vanni e Giancarlo Lotti, gli unici condannati in via definitiva ma solo per alcuni delitti. L’ultima inchiesta sulla presunta manomissione della cartuccia trovata nell’orto di Pacciani è stata archiviata solo pochi mesi fa.

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