Cronaca Nera

Emergenza carceri: “Lavarsi è un diritto anche se non è un hotel”

L’emergenza nel carcere di Sollicciano sottolinea la necessità di riforme urgenti e di un’attenzione maggiore alle condizioni di vita dei detenuti. La negazione dell’acqua calda come diritto essenziale è solo uno dei gravi problemi che affliggono il sistema penitenziario, evidenziando l’urgenza di un intervento strutturale per garantire dignità e rispetto ai detenuti.

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    Nel carcere fiorentino di Sollicciano, i detenuti affrontano condizioni disumane da anni. L’assenza di acqua calda, la presenza di cimici e topi sono solo alcuni dei problemi segnalati. Emilio Santoro, docente di Filosofia del diritto e fondatore dell’associazione L’Altro Diritto, ha aiutato un centinaio di detenuti a presentare reclami per migliorare le condizioni di vita e ottenere sconti di pena.

    Le accuse e le risposte della magistratura

    Le istanze dei detenuti si sono intensificate dopo che a dicembre un 58enne sudamericano, in carcere per omicidio, ha ottenuto uno “sconto” di 312 giorni a causa del degrado del penitenziario. Tuttavia, il magistrato di sorveglianza ha dichiarato che l’acqua calda “non è un diritto essenziale del detenuto, ma una fornitura che si può pretendere solo nelle strutture alberghiere”. Questa affermazione ha suscitato indignazione tra i detenuti e gli avvocati difensori, come Nicola Rubiero e Tosca Sambinello, che ritenevano questa l’occasione per dare un segnale importante alla comunità scolastica e penitenziaria.

    Il garante nazionale dei detenuti, Maurizio D’Ettore, sta facendo chiarezza su altre ordinanze relative a Sollicciano, come quella che ha respinto l’istanza di liberazione anticipata di un detenuto perché aveva tentato di impiccarsi, un gesto ritenuto “incompatibile” con la riabilitazione.

    Le condizioni del carcere e le proteste

    Quando l’associazione L’Altro Diritto ha incontrato i cento detenuti che hanno avviato la protesta, hanno immediatamente denunciato la totale assenza di acqua calda e un’invasione di cimici, mostrando i segni dei morsi sulle braccia. Hanno anche riferito della presenza di topi nelle celle, catturando uno di questi roditori e allevandolo in una bottiglia per denunciare la situazione. Il sovraffollamento nel carcere è tale che si rischia di compiere il reato di tortura, secondo Santoro.

    La tragica morte di Fedi, un ragazzo tunisino di 20 anni che si è tolto la vita impiccandosi il 4 luglio, ha ulteriormente confermato l’emergenza in cui versa il carcere di Sollicciano. Anche lui aveva presentato un reclamo, chiedendo il ripristino di un ambiente salubre e il funzionamento dell’acqua calda nelle docce e del riscaldamento.

    Le conseguenze e le reazioni

    L’affermazione del magistrato di sorveglianza secondo cui l’acqua calda non è un diritto essenziale, ma una pretesa da hotel, ha provocato una forte reazione. Santoro ha denunciato che questa posizione è una mancanza di rispetto per la dignità dei detenuti e alimenta un luogo comune. La decisione di non verificare le condizioni lamentate dai detenuti, ritenendo “più credibile” la versione fornita dal carcere, rende impossibile qualunque protesta.

    In risposta a questa situazione, il garante nazionale dei detenuti ha avviato verifiche anche sul rigetto della richiesta di liberazione anticipata di un recluso che aveva tentato il suicidio, considerando il gesto incompatibile con la riabilitazione.

    La situazione nelle carceri italiane

    Le condizioni di vita inaccettabili nel carcere di Sollicciano sono solo un esempio delle problematiche che affliggono il sistema penitenziario italiano. Le rivolte si sono diffuse in altri istituti come Viterbo, Trento, Vercelli e Brissogne, con materassi bruciati, devastazioni e agenti feriti. A Trieste, un detenuto è morto per overdose dopo il saccheggio dell’infermeria, mentre a Verona, un recluso si è suicidato, il cinquantottesimo caso di suicidio del 2024.

    Aldo Di Giacomo, segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria (Spp), ha commentato: “È una ecatombe senza interruzione. Oramai siamo destinati ad assistere inermi a morte e violenze.” I numeri in aumento rischiano di far diventare il 2024 l’anno record per i suicidi nei penitenziari italiani.

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