Cronaca Nera
Processo Turetta, la difesa in Corte d’Assise: «Giudicate secondo diritto, non con una mano guidata dalla vendetta»
Accusato di omicidio aggravato e altri reati, Turetta attende il verdetto il 3 dicembre. La difesa rinuncia alla perizia psichiatrica e agli ascolti dei testimoni.
Nella sede della Corte d’Assise di Venezia, si è consumata oggi l’arringa dell’avvocato Giovanni Caruso, difensore di Filippo Turetta, accusato dell’omicidio aggravato di Giulia Cecchettin. Caruso si è rivolto alla Corte con un appello forte e diretto: «Voi non dovrete emettere una sentenza giusta, dovrete pronunciare una sentenza secondo legalità. E la legalità vi impone di giudicare con una mano legata dietro la schiena, che non risponde alla legge del taglione».
Le accuse contro Turetta sono gravissime: omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dall’efferatezza, stalking, sequestro di persona, detenzione d’armi e occultamento di cadavere. Una serie di reati che hanno portato il pubblico ministero Andrea Petroni, nella sua requisitoria, a chiedere la pena dell’ergastolo.
Caruso, però, ha impostato la difesa su un approccio che definisce “celerità e rispetto del diritto”. L’avvocato ha rinunciato all’udienza preliminare, alla perizia psichiatrica e all’ascolto dei testimoni, accettando integralmente il fascicolo delle indagini. «Non è un processo per stabilire cosa è successo, ma per decidere una pena. E l’ergastolo, da tempo, è ritenuto una pena inumana e degradante. È il tributo che lo Stato di diritto paga a chi vorrebbe buttare via la chiave».
Turetta, immobile accanto al suo avvocato, ha mantenuto la stessa posa assunta durante la requisitoria del pm: la testa china, lo sguardo perso nel vuoto. Nessun familiare dell’imputato era presente in aula oggi, né lo erano durante l’interrogatorio dello scorso ottobre. La loro assenza si è fatta notare e sarà probabilmente colmata il 3 dicembre, quando la Corte d’Assise emetterà il verdetto.
La difesa ha voluto sottolineare che l’unico obiettivo è evitare che il processo si trasformi in una vendetta pubblica. «L’esposizione alla gogna dell’imputato è inciviltà giuridica», ha concluso Caruso.
Con il verdetto ormai alle porte, il dibattito tra accusa e difesa segna un momento cruciale. Da un lato, il pm chiede l’ergastolo per uno dei casi più gravi e mediaticamente rilevanti degli ultimi anni; dall’altro, la difesa insiste sulla necessità di rispettare il diritto e non cedere alla pressione sociale. Il destino di Filippo Turetta sarà deciso tra pochi giorni, mentre l’intero Paese osserva con attenzione.