Cronaca Nera

Rosalia Messina Denaro, la sorella del boss condannata a 14 anni. «Pizzini e omertà»

Il verdetto: Rosalia Messina Denaro condannata a 14 anni di carcere per associazione mafiosa e complicità nella latitanza del boss

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    Rosalia Messina Denaro, la sorella del noto capomafia Matteo Messina Denaro, ha ricevuto una sentenza di 14 anni di carcere dal giudice di pace di Palermo, Clelia Maltese, con le accuse di associazione mafiosa aggravata e ricettazione. Il processo, concluso con il rito abbreviato, ha visto la conferma della pena per la donna, la quale si trova già detenuta dal marzo del 2022.

    Secondo l’accusa rappresentata dal procuratore Gianluca De Leo, Rosalia Messina Denaro avrebbe svolto un ruolo fondamentale nel supportare suo fratello Matteo nel rimanere latitante per molti anni. È stata accusata di gestire la “cassa” della famiglia mafiosa e di coordinare la rete di trasmissione dei “pizzini”, che consentiva al capomafia di mantenere il controllo sulla sua organizzazione criminale nonostante la fuga dalle forze dell’ordine.

    Durante il dibattimento processuale, è emerso che Matteo Messina Denaro era estremamente preoccupato per il suo futuro e cercava costantemente di valutare la sua condizione di salute. Tre medici oncologi della clinica “La Maddalena” di Palermo hanno testimoniato in favore della difesa nel processo a carico di Alfonso Tumbarello, accusato di complicità esterna in associazione mafiosa e falsificazione di atti pubblici per aver emesso numerosi certificati medici a nome di un presunto paziente, Andrea Bonafede, in realtà Matteo Messina Denaro.

    Antonella Marchese, Chiara Ancona e Antonio Testa hanno dichiarato di aver trattato il paziente sotto il nome di Andrea Bonafede durante le sedute di chemioterapia. Hanno descritto il loro rapporto come professionale e ordinario, senza sospettare mai della vera identità del loro paziente fino al giorno del suo arresto.

    Il processo continuerà con ulteriori udienze il prossimo 16 settembre, durante le quali sono attese altre testimonianze sia dalla difesa che dalle parti civili, inclusa l’Ordine provinciale dei medici rappresentato dall’avvocato Giuseppe Novara.

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