Cronaca Nera
Su Satnam Singh siamo perfettamente d’accordo con Selvaggia Lucarelli
La giornalista critica duramente il servizio sulla morte di Satnam Singh, bracciante indiano abbandonato dopo un incidente sul lavoro. La vicenda ha scatenato un’ondata di indignazione sui social, mettendo in luce gravi problemi di sfruttamento e caporalato nel settore agricolo italiano.

Questa volta siamo perfettamente d’accordo con Selvaggia Lucarelli. La nota giornalista e opinionista ha duramente criticato il servizio del Tg1 sulla morte del bracciante indiano Satnam Singh, che è stato trovato senza vita dopo essere stato abbandonato per strada dal suo datore di lavoro, un imprenditore agricolo di Latina che lo sfruttava pagandolo in nero.
La morte di Satnam Singh: il servizio surreale del Tg1
Il servizio del Tg1 ha suscitato indignazione perché ha dato spazio alle giustificazioni del datore di lavoro, Renzo Lovato, che ha parlato di una “leggerezza costata cara a tutti”. Lovato, già indagato per caporalato, è accusato di omissione di soccorso, violazione delle disposizioni in materia di lavoro irregolare e omicidio colposo.
Il servizio del Tg1 non ha sottolineato adeguatamente la crudeltà della vicenda e le condizioni disumane a cui Singh era sottoposto, suscitando le critiche di Selvaggia Lucarelli e di molti utenti sui social.
Lo sdegno di Selvaggia Lucarelli e la reazione dei social
Selvaggia Lucarelli ha espresso tutta la sua amarezza su X, definendo il servizio del Tg1 “vergognoso” e criticando duramente il modo in cui è stata trattata la vicenda. “Lo fanno lavorare senza contratto regolare, lo mollano per strada col braccio mozzato e la leggerezza è del lavoratore, leggerezza che È COSTATA CARA A TUTTI. Ma la vergogna” ha scritto Lucarelli, raccogliendo il consenso di tantissimi follower.
Barbarie che ignora ogni gesto di umanità
I commenti sui social hanno sottolineato come questo episodio rappresenti non solo uno sfruttamento, ma una vera e propria barbarie che ignora ogni gesto di umanità. Molti utenti hanno criticato il Tg1 per aver trasmesso l’intervista al datore di lavoro, accusando il telegiornale di voler distogliere l’attenzione dalle colpe dell’imprenditore.
Sotto inchiesta
Nel frattempo si è scoperto che il titolare della cooperativa Agrilovato, Renzo Lovato, padre di Antonello Lovato, l’imprenditore agricolo che ha abbandonato, senza chiamare i soccorsi, il bracciante indiano Satnam Singh davanti casa dopo un incidente sul lavoro nella sua azienda che gli è costato la vita, è indagato da cinque anni per reati connessi al caporalato.
Il procedimento giudiziario, un altro rispetto a quello che riguarda la morte del bracciante 31enne, conosciuto come Navi, deceduto in ospedale dopo aver perso il braccio destro, amputato da un macchinario avvolgiplastica, è stato rivelato da Enrico Mentana al TgLa7.
L’uomo, che dopo l’incidente aveva accusato Satnam Singh di aver “commesso una leggerezza che ha fatto male a tutti”, è sospettato dalla procura di Latina di avere sottoposto “i lavoratori, almeno sei, a condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno” corrispondendo loro una retribuzione inferiore a quella stabilita dal contratto nazionale.
Sfruttamento dei lavoratori
Secondo le accuse, inoltre, Lovato, avrebbe violato la “normativa sull’orario di lavoro, sulla sicurezza e sull’igiene dei luoghi di lavoro” e avrebbe sottoposto i lavoratori “a condizioni di lavoro e a situazioni alloggiative degradanti”. I fatti risalgono al periodo che va da novembre 2019 a maggio 2020: con Renzo Lovato sotto indagine ci sono anche altre due persone, responsabili di una cooperativa agricola.
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Cronaca Nera
«L’ho aiutato a pulire il sangue»: la confessione della madre di Mark Samson sconvolge l’inchiesta
Dopo quattro ore di interrogatorio, la madre del 23enne confessa: era presente in casa al momento dell’omicidio e ha aiutato a ripulire. Le indagini si concentrano anche sul possibile coinvolgimento nel trasporto del corpo. Intanto, a Terni, migliaia di persone danno l’addio a Ilaria Sula.

«Ho sentito dei rumori, sono entrata nella sua stanza e poi ho cercato di aiutarlo». È quanto ha dichiarato alla polizia Nors Manlapaz, madre di Mark Antony Samson, durante un interrogatorio durato quattro ore e richiesto dalla stessa donna. Parole che hanno aperto un nuovo, cupo capitolo nell’inchiesta sull’omicidio di Ilaria Sula, la 22enne uccisa a Roma e ritrovata in un trolley gettato in un dirupo.
Il verbale è stato verbalizzato in presenza di un traduttore e ha portato all’iscrizione della donna nel registro degli indagati con l’accusa di concorso in occultamento di cadavere. Gli inquirenti ritengono che il suo ruolo nei momenti successivi al delitto non sia stato marginale: non solo ha aiutato il figlio a ripulire le tracce di sangue, ma potrebbe aver avuto un ruolo anche nella sistemazione del corpo della vittima.
All’inizio era stato lo stesso Samson, al momento del fermo, a coinvolgere la madre: «Era con me, ha lavato tutto». Parole poi ritrattate nel successivo confronto con il giudice e nel primo interrogatorio davanti al pubblico ministero. Ma la versione di Mark non regge. Le celle telefoniche, che collocano con precisione la donna nella casa di via Homs, e la presenza di macchie di sangue in più punti dell’abitazione sembrano rendere inconfutabile la sua partecipazione.
Gli investigatori ipotizzano che sia stata proprio Nors Manlapaz ad avvolgere il corpo della ragazza in un sacco nero e a infilarlo nel trolley, poi abbandonato a 40 chilometri dalla città. Pare che la donna non approvasse la relazione del figlio con Ilaria, giudicata poco “consona” secondo una visione tradizionalista di stampo familiare. Tuttavia, agli inquirenti aveva inizialmente dichiarato di conoscerla appena.
Rimane per ora fuori dall’inchiesta penale il padre del 23enne, Rik Samson. La sua partecipazione sarebbe limitata ad aver assecondato le bugie raccontate dal figlio dopo il delitto, il che, essendo un parente diretto, non gli è contestabile a livello penale.
Gli orari restano un punto ancora poco chiaro dell’intera vicenda. L’assassino sostiene che l’omicidio sia avvenuto tra le 11 e le 14 del 26 marzo. Ma le celle agganciate dal telefono di Ilaria, rimasto nelle mani dell’assassino per giorni, raccontano una dinamica ben più ambigua. Non è escluso che il delitto sia avvenuto la sera prima. E resta ancora aperta la questione del trasporto del corpo: Samson poteva aver avuto un complice.
Ilaria, secondo le testimonianze, si era recata a casa dell’ex fidanzato per chiarire un litigio nato dopo che lui aveva tentato di entrare nel suo appartamento in sua assenza, per prendere un computer. La versione del 23enne, che sostiene di averla colpita durante la colazione per gelosia, ha lasciato perplessi gli inquirenti, che parlano piuttosto di un “distacco emotivo” inquietante e di una messinscena costruita con freddezza.
Nel frattempo, a Terni, la città natale di Ilaria, si sono svolti i funerali. Più di tremila persone hanno accompagnato la bara bianca, nel giorno del lutto cittadino. La madre della giovane, Gezime, ha avuto un malore durante la cerimonia. «Chi ha fatto questo a mia figlia deve marcire in carcere», ha detto con voce spezzata il padre Flamur.
Cronaca Nera
Garlasco, il mistero degli otto suicidi: ombre inquietanti sull’omicidio Poggi
Dal 2007 a oggi a Garlasco si sono registrati otto suicidi. Uno dei ragazzi morti, amico di Sempio, poco prima di togliersi la vita pubblicò un inquietante post sui social: “La verità nessuno mai te la racconterà”. Tra le vittime anche un anziano testimone del delitto Poggi, morto in circostanze sospette.

Chiara Poggi avrebbe compiuto 44 anni lunedì 31 marzo, se qualcuno non avesse brutalmente interrotto la sua vita a soli 26 anni. Sono trascorsi diciotto anni da quella tragica mattina, ma il caso Garlasco continua a produrre inquietudine, sospetti e nuovi interrogativi, molti dei quali tutt’altro che secondari.
Mentre la posizione di Andrea Sempio, già archiviata sette anni fa, torna sotto la lente degli investigatori, emerge un’altra pista che sta prendendo forma dietro le quinte delle indagini principali: quella di una scia drammatica e sinistra di otto suicidi avvenuti in paese, a partire proprio dal 2007, anno dell’omicidio. Tra questi casi, secondo quanto riportato dal settimanale “Gente”, alcuni coinvolgono direttamente il giro di conoscenze di Andrea Sempio.
Uno di questi ragazzi, morto impiccato nel 2016, aveva condiviso pochi giorni prima un post inquietante tratto dalla canzone “La Verità” dei Club Dogo, pubblicata proprio nel 2007. Il testo recitava così: “La verità sta nelle cose che nessuno sa, la verità nessuno mai te la racconterà”. Una coincidenza forse casuale, certamente perturbante, che ora cattura l’attenzione degli investigatori.
Ma c’è di più. Tra gli otto suicidi figura anche quello di Giovanni Ferri, pensionato di 88 anni, trovato cadavere il 23 novembre 2010 in via Mulino, morto dissanguato dopo essersi apparentemente tagliato polsi e gola in uno spazio strettissimo, appena 50 centimetri. Gli stessi carabinieri che si occuparono dell’omicidio Poggi archiviarono rapidamente il caso come suicidio, ma tra le voci in paese circolava con insistenza una teoria ben diversa: Ferri avrebbe visto o sentito qualcosa di cruciale la mattina in cui Chiara fu uccisa.
Ad alimentare ulteriormente questa ipotesi c’è la testimonianza, ancora top secret, raccolta recentemente dalla trasmissione televisiva “Le Iene”. Un super testimone avrebbe infatti riferito di aver assistito a un fatto decisivo proprio la mattina del delitto, ma sarebbe stato successivamente messo a tacere quando cercò di raccontare ciò che aveva visto.
Andrea Sempio, dal canto suo, si dice tranquillo e non teme nuovi controlli da parte della Procura. “Non c’è alcun contatto tra me e Chiara, di nessun tipo”, ha dichiarat. Sempio si dice inoltre sereno sull’eventuale ritrovamento di tracce del suo DNA nella casa della vittima, precisando che frequentava regolarmente l’abitazione dei Poggi e che tali tracce, se trovate, sarebbero comunque da ricondurre a oggetti comuni messi a disposizione degli ospiti.
Le indagini dunque proseguono, e l’attenzione degli investigatori si divide ora tra la pista principale, con la revisione della posizione di Sempio, e questo inquietante filone secondario, un mosaico fatto di morti misteriose e coincidenze che rendono il caso ancora più oscuro e difficile da decifrare.
Cronaca Nera
Caso Garlasco, spunta un frammento di tappetino con l’impronta di Stasi: si riapre il giallo
Un frammento del tappetino su cui era stata trovata l’impronta della scarpa di Alberto Stasi torna sotto la lente dopo 18 anni. Si punta a nuove analisi su reperti mai analizzati, tra cui una cannuccia, sacchetti e un barattolo di yogurt. La difesa spera di scagionare Stasi, la Procura indaga su Andrea Sempio.

Diciotto anni dopo l’omicidio di Chiara Poggi, il delitto di Garlasco non c’è solo il DNA di Andrea Sempio a scuotere le certezze sull’omicidio di Chiara Poggi. Un frammento del tappetino del bagno della villetta di via Pascoli — quello su cui, secondo la sentenza definitiva, fu trovata l’impronta della scarpa di Alberto Stasi — è ricomparso tra i reperti custoditi dalla medicina legale dell’Università di Pavia. E ora potrebbe riscrivere un pezzo di quella storia mai del tutto chiusa.
Una novità importante
La novità emerge da una nota allegata alla richiesta della Procura di Pavia di un nuovo incidente probatorio, firmata dai consulenti genetisti Carlo Previderè e Pierangela Grignani. Il tappetino, “reperto n. 27”, non aveva fornito risultati nella prima indagine genetica per problemi tecnici di amplificazione del DNA. Nessuna ulteriore analisi era stata eseguita. Oggi, grazie a tecniche più avanzate, gli esperti ritengono utile “sottoporlo a ulteriore indagine genetica alla luce delle possibilità analitiche attualmente a disposizione”.
Tanti reperti da risaminare
Non solo tappetini. Tra i reperti che la Procura vuole riesaminare compaiono anche una cannuccia trovata in un contenitore di tè freddo, un sacchetto con cereali, involucri di yogurt, plastica da biscotti e persino sacchetti della spazzatura celesti usati per repertare materiale all’epoca. Tutti oggetti recuperati durante il sopralluogo del 16 agosto 2007, conservati a temperatura ambiente in una stanza blindata.
Il maxi elenco comprende anche tamponi salivari, tra cui quello di Alberto Stasi, e un tampone orale prelevato durante l’autopsia sul corpo di Chiara. Quest’ultimo non era mai stato analizzato, e secondo i consulenti potrebbe rivelare la presenza di “substrati biologici differenti rispetto a quelli della vittima”. In altre parole, un DNA estraneo.
La richiesta è legata alle nuove indagini aperte su Andrea Sempio, amico di Chiara Poggi, che nel 2016 era finito sotto i riflettori per alcune incongruenze temporali e tracce genetiche emerse sul computer della vittima. Indagini poi archiviate, ma mai davvero dimenticate. Ora, con l’emersione di nuovi reperti, la Procura punta a verificare ogni possibile pista alternativa. A decidere sarà il giudice per le indagini preliminari Daniela Garlaschelli.
Per la difesa di Alberto Stasi, condannato in via definitiva nel 2015 all’ergastolo, si tratta di un’ultima occasione. I suoi legali avevano già tentato la strada della revisione processuale, finita in un nulla di fatto. Ma la scoperta di reperti mai analizzati riaccende la speranza: se da quel tappetino o da quegli oggetti emergesse un DNA estraneo, potrebbe riaprirsi uno spiraglio.
Resta da vedere se la gip accoglierà la richiesta della Procura. Ma una cosa è certa: nel giallo di Garlasco, ogni volta che sembra scritta la parola fine, la cronaca trova un modo per riaprire il libro. Con nuove domande, vecchie ombre, e il sospetto sempre più evidente che la verità possa essere più sfuggente del previsto.
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