Cronaca Nera

​Yara Gambirasio e le 54 provette deteriorate col Dna di Bossetti: «Dentro non c’è più niente, inutile riaprire il caso»

Il caso Yara Gambirasio si riapre: la pm Letizia Ruggeri è sotto indagine per presunti errori nella custodia delle prove. La difesa di Bossetti insiste per una nuova analisi delle 54 provette di DNA.

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    “In quelle 54 provette non c’è più niente, non c’è più nulla che possa essere analizzato, perché il DNA di Bossetti che è stato utilizzato è stato tutto consumato nella fase delle indagini preliminari”. Così Letizia Ruggeri, la magistrata che ha dato un volto all’assassino di Yara Gambirasio, difende il suo operato. Ora, però, è indagata per depistaggio e frode processuale per aver spostato quelle provette dal frigo dell’ospedale milanese San Raffaele all’ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo.

    Le dichiarazioni di Ruggeri risalgono al 2021, ma tornano ora attuali, dopo che il Gip di Venezia, Alberto Scaramuzza, si è riservato di decidere sulla richiesta della Procura di archiviare la posizione del pm di Bergamo e che l’attenzione pubblica è nuovamente tornata sul caso grazie alla serie tv su Netflix.

    La magistrata ha spiegato: “La custodia io l’ho fatta curare con le massime cautele fino al passaggio in giudicato della sentenza”, ma dopo la Cassazione è stata presa la decisione di custodire le provette a “temperatura ambiente” perché “non ho ritenuto di onerare lo Stato di una spesa inutile”. La difesa di Bossetti, condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio della 13enne di Brembate, insiste nell’analisi per tentare la revisione del processo, ma resta “l’estratto più scadente” perché “il migliore DNA è stato utilizzato durante le indagini”.

    La pm ha aggiunto che il DNA di Bossetti, “così bello, così limpido, di cui abbiamo parlato per tutte queste udienze, così inequivocabile, da quei reperti non verrà mai più fuori”. La traccia mista trovata sugli slip della minorenne è stata la prova regina contro Bossetti. Il match tra lui e Ignoto 1, ottenuto dopo quattro anni, ha portato alla sua condanna, confermata dalla Cassazione. La Ruggeri ha concluso: “La sentenza della Cassazione fa piazza pulita di tutti i dubbi”.

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