Cronaca

Dalla Lombardia a Venezia: la Lega vuole il Daspo per il burqa

Dalla Lombardia a Venezia, la battaglia della Lega contro il velo integrale si estende. Dopo il divieto negli edifici pubblici approvato al Pirellone, i consiglieri leghisti veneziani propongono un Daspo urbano e sanzioni per chi obbliga le donne a coprirsi il volto. Per Marrelli (Lombardia) «Il burqa non è una scelta libera, ma un simbolo di sottomissione».

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    Dopo il via libera in Lombardia alla mozione che vieta il velo integrale negli edifici pubblici, la battaglia della Lega contro burqa e niqab arriva anche a Venezia. Il gruppo consiliare leghista del Comune ha annunciato la presentazione di una mozione per vietare l’uso del velo islamico in pubblico e per introdurre il Daspo urbano per chi trasgredisce.

    L’iniziativa, firmata dal capogruppo Alex Bazzaro insieme ai consiglieri Riccardo Brunello, Giovanni Giusto, Paolo Tagliapietra e Nicola Gervasutti, prevede anche sanzioni per gli uomini che costringono le donne a velarsi e per i genitori che obbligano le figlie minorenni a coprirsi il volto. «Il niqab è una violazione dei diritti della donna» ha dichiarato Bazzaro. «Non conosco altre confessioni religiose che impongano di celare il volto».

    Il modello di riferimento è quello lombardo, dove il Consiglio regionale ha approvato una mozione che vieta il velo islamico negli edifici pubblici. In quell’occasione, un emendamento di Forza Italia ha sostituito il termine “velo islamico” con “indumenti che coprono il volto”, allargando il campo del provvedimento.

    A difendere il divieto lombardo è il consigliere regionale Luca Marrelli, che ha sottolineato la necessità di una regolamentazione a tutela delle donne: «In molti casi, come ampiamente dimostrato, indossare il velo integrale non è una scelta libera e consapevole, ma un simbolo di sottomissione. È una questione di civiltà sulla quale non possiamo transigere».

    L’iniziativa leghista veneziana, però, non trova lo stesso entusiasmo tra gli alleati di centrodestra, che preferirebbero una norma a livello nazionale. Il dibattito resta acceso: per alcuni si tratta di un provvedimento di sicurezza e integrazione, per altri è una limitazione della libertà personale.

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