Cronaca
Il rapper più famoso del mondo arrestato per violenza sessuale e party con droga e escort. Hollywood trema
Il magnate della musica è al centro di un’inchiesta esplosiva che coinvolge numerose star, tra cui Jennifer Lopez e Justin Bieber. Con il documentario di 50 Cent in arrivo su Netflix, emergono nuovi retroscena inquietanti sui suoi celebri “white party”.
Sean Combs, meglio conosciuto come Puff Daddy, è stato arrestato la scorsa settimana nella sua residenza di Manhattan con accuse gravissime di violenza sessuale, traffico sessuale e favoreggiamento della prostituzione. Secondo i documenti della corte federale, Diddy avrebbe abusato e costretto donne e altre persone a partecipare a festini esclusivi con droga ed escort, nel tentativo di proteggere la sua reputazione e mantenere il silenzio su comportamenti inaccettabili.
Star nel panico
Queste accuse, che gettano un’ombra sinistra su uno degli artisti più influenti del panorama musicale, hanno suscitato una reazione immediata a Hollywood. Il mondo dello spettacolo è scosso, e molti colleghi del rapper si dicono scioccati dai dettagli che stanno emergendo. Tra i partecipanti ai suoi celebri “white party”, infatti, ci sarebbero anche nomi noti come Jennifer Lopez e Justin Bieber. Eventi che, dietro la facciata glamour e lussuosa, nasconderebbero abusi e situazioni estreme.
Già in programma un docufilm
La bufera mediatica che ha investito Puff Daddy ha sollevato ancora una volta il problema della cultura del silenzio che avvolge l’industria dell’intrattenimento. Molte vittime di abusi, infatti, hanno paura di parlare per non rovinare la propria carriera o per il timore di ritorsioni. La notizia dell’arresto ha già fatto il giro del mondo, e ora c’è grande attesa per il documentario che 50 Cent ha annunciato su Netflix. Diretto da Alexandra Stapleton, il film esplorerà le accuse contro Sean Combs e destinerà i ricavi alle vittime di violenza sessuale.
Puff Daddy, considerato il secondo rapper più ricco al mondo con un patrimonio stimato tra gli 850 milioni e il miliardo di dollari, è da sempre una figura di spicco non solo nel mondo della musica, ma anche in settori come la moda e i media. La sua influenza culturale ed economica è senza pari, e la sua carriera è stata costellata di successi e controversie. Dalla fondazione di Bad Boy Records negli anni ’90, che ha lanciato stelle come The Notorious B.I.G., fino all’avvio della sua carriera da solista, Sean Combs ha costruito un impero che ora rischia di crollare sotto il peso delle accuse.
Molti dei suoi colleghi si sono detti scioccati dalle notizie e preoccupati per le ripercussioni sull’intera scena hip-hop. Le accuse a carico di Diddy potrebbero segnare un punto di non ritorno nella sua carriera, mettendo a rischio contratti, collaborazioni e sponsor. Tuttavia, con un patrimonio così cospicuo, Puff Daddy ha le risorse per affrontare una lunga battaglia legale.
L’industria musicale sta ora seguendo con attenzione gli sviluppi del caso, consapevole che queste accuse potrebbero rappresentare un precedente importante nella lotta contro gli abusi di potere e la cultura del silenzio. L’inchiesta, ancora agli inizi, promette di far emergere nuovi dettagli inquietanti, gettando ulteriore luce su una vicenda che ha già scosso profondamente Hollywood e il mondo della musica.
INSTAGRAM.COM/LACITY_MAGAZINE
Storie vere
Multa da 200 euro per una birra nei vicoli di Genova: “Aiutatemi a pagarla, offritemi una birretta virtuale!”
Multata di 200 euro per una birra consumata nei vicoli della città della Lanterna, lancia una raccolta fondi sulla piattaforma di crowdfunding GoFundMe.
Genova, centro storico. Laura Capini, genovese doc, è diventata protagonista di una storia che mescola ironia, burocrazia e una richiesta decisamente… social. La signora è stata multata di 200 euro per aver portato con sé una bottiglia di birra nei vicoli del centro storico di Genova. Per fare risaltare l’assurda decisione dei vigili urbani – che comunque hanno seguito l’odinanza approvata dal Comune – ha deciso di lanciare una raccolta fondi su GoFundMe per coprire la “mazzata”. La donazione nel momento in cui scriviamo è arrivata a raccogliere l’88% (220 euro) della cifra richiesta che è di 250 euro totali con 21 donatori.
Chi beve birra campa cent’anni…Meditate gente, meditate…
“Una Moretti in vetro da 66 cl: materiale pericolosissimo, vero arsenale di degrado urbano“, ci scherza sopra la Capini nel suo post, in cui racconta l’accaduto con il suo compagno Massimo. Fermati dalle forze della vigilanza urbana nella notte tra il 16 e il 17 novembre, i due si sono visti sequestrare le birre (una aperta, l’altra intonsa) e recapitare la sanzione di 200 euro. “Me la incornicio questa multa“, ha detto la Capini, passando poi dalle parole ai fatti e pubblicando la foto del verbale come fosse un’opera d’arte moderna. La giovane però non si è fermata all’umorismo. Infatti ha attivato una campagna di crowdfunding, ovvero una raccolta fondi online, invitando chi condivide la sua indignazione a offrirle “una birretta virtuale” per aiutarla a pagare la multa.
Cosa dice l’ordinanza anti-alcol di Genova?
La multa ricevuta da Laura si basa sul regolamento di polizia urbana in vigore nel centro storico, che vieta di detenere bevande alcoliche (e non) in contenitori di vetro o metallo all’aperto, dalle 22:00 alle 6:00. La misura, introdotta per contrastare degrado e microcriminalità, si somma all’ordinanza anti-alcol varata nel 2023 e prorogata fino a settembre del 2025. Questa vieta il consumo di alcolici in aree pubbliche in tutta Genova, a meno che non si trovino in dehors autorizzati o contenitori sigillati. In alcune “zone rosse” come Cornigliano, Sampierdarena e il centro storico, il divieto è persino più stringente, estendendosi dalle 12:00 alle 8:00 del giorno successivo. L’idea è prevenire abusi, ma il regolamento non fa distinzioni: birra o acqua in borraccia, tutto è passibile di sanzione.
Deboli con i forti, forti con i deboli?
Laura non nasconde il suo disappunto. “Le leggi servono, ma possono essere scritte e applicate in modo più sensato. Un paio d’anni fa multarono uno che mangiava in pausa pranzo. Non sarà il caso di rivedere le priorità?“
Cronaca
Trapani, orrore dietro le sbarre: torture e abusi nel carcere Cerulli, 11 arresti e 14 sospensioni
Lanci d’acqua mista a urina, violenze gratuite e detenuti ridotti a oggetti: le parole del procuratore Gabriele Paci gettano luce su una realtà agghiacciante. 46 indagati tra gli agenti penitenziari.
L’orrore del carcere Pietro Cerulli di Trapani si è svelato in tutta la sua crudezza: una sequenza di abusi e violenze che, secondo la procura, andavano ben oltre l’episodico, configurandosi come un metodo sistematico per garantire l’ordine. Undici agenti penitenziari agli arresti domiciliari, quattordici sospesi dal servizio e un totale di 46 indagati. L’accusa è pesante: tortura, abuso d’autorità e falso ideologico.
Le indagini, partite nel 2021 e concluse solo di recente, hanno rivelato uno scenario che sembra uscito da un romanzo dell’orrore. Il reparto blu, chiuso oggi per carenze igienico-sanitarie, era diventato il teatro di veri e propri abusi nei confronti dei detenuti, spesso con problemi psichiatrici. Qui, lontano da occhi indiscreti – visto che non vi erano telecamere – i detenuti venivano sottoposti a violenze fisiche e psicologiche, come raccontato dal procuratore di Trapani Gabriele Paci: “Venivano fatti spogliare, investiti da lanci d’acqua mista a urina e sottoposti a violenze quasi di gruppo, gratuite e inconcepibili”.
Una prassi agghiacciante
Secondo quanto emerso, l’uso della violenza non era un episodio isolato, ma una prassi per alcuni agenti. “Non si trattava di sfoghi sporadici, ma di un metodo per garantire l’ordine”, ha dichiarato Paci, aggiungendo che il gip Giancarlo Caruso ha riconosciuto in questi atti la configurazione del reato di tortura.
Circa venti i casi accertati finora, ma le indagini sono state rese possibili solo grazie all’installazione di telecamere nel reparto blu, oggi chiuso. “Era un girone dantesco”, ha aggiunto il procuratore, “che sembra ripreso direttamente dalle pagine de I Miserabili di Victor Hugo”.
L’indagine e le reazioni
Le indagini, coordinate dal nucleo investigativo regionale della Polizia penitenziaria di Palermo, hanno rotto il muro di omertà che spesso avvolge situazioni simili. Nonostante lo stress e le difficili condizioni lavorative degli agenti siano stati riconosciuti dal procuratore Paci, “questo non legittima assolutamente le violenze”, ha precisato.
Il presidente dell’associazione Antigone, Patrizio Gonnella, ha espresso soddisfazione per il fatto che il reato di tortura abbia permesso di incriminare i responsabili. “Questo reato è fondamentale per perseguire chi si macchia di simili crimini e per sostenere le vittime. Ma, soprattutto, è cruciale per rompere il muro di omertà”, ha commentato.
Gonnella ha lodato le professionalità interne all’Amministrazione penitenziaria che hanno permesso di far emergere la verità e riconoscere i diritti fondamentali dei detenuti. “Ora ci auguriamo che si faccia piena chiarezza, riconoscendo le responsabilità in sede processuale”.
Un sistema sotto accusa
Il carcere di Trapani non è il primo a finire al centro di uno scandalo simile. Questi episodi mettono in evidenza un sistema che sembra incapace di proteggere i diritti fondamentali dei detenuti, pur riconoscendo le difficoltà operative degli agenti penitenziari. Tuttavia, ciò che emerge con forza è che nulla può giustificare una simile degenerazione del ruolo delle forze dell’ordine.
Le indagini proseguono, e con esse la speranza che episodi come quelli avvenuti nel carcere Cerulli diventino, finalmente, solo un ricordo del passato.
Cronaca Nera
Giulio Regeni, il racconto delle torture: «Bendato e portato a spalla, sfinito dal dolore»
Durante il processo contro quattro 007 egiziani, un testimone racconta il brutale trattamento subito da Giulio Regeni. In aula, il video proiettato da Al Jazeera e la commossa testimonianza della sorella riportano alla luce dettagli atroci.
Giulio Regeni «ammanettato con le mani dietro la schiena, bendato, portato a spalla da due carcerieri perché sfinito dalla tortura». È questo uno dei dettagli emersi oggi durante il processo in corso a Roma contro quattro agenti dei servizi segreti egiziani accusati della morte del ricercatore friulano, rapito e ucciso al Cairo nel 2016.
Un cittadino palestinese, ex detenuto in una struttura di sicurezza egiziana, ha raccontato in un video trasmesso da Al Jazeera e proiettato in aula: «L’ho visto uscire da un interrogatorio. Era piegato dal dolore, non riusciva a stare in piedi. Lo riportavano alle celle sorreggendolo».
Le parole strazianti del testimone si sono unite alla commovente testimonianza di Irene Regeni, sorella di Giulio, che ha ricordato in lacrime il fratello: «Era un ragazzo normale, appassionato di storia e culture diverse. Studiava l’arabo ed era entusiasta di partire per l’Egitto. Per me era un esempio, il fratellone che dava consigli. Non immaginavamo che sarebbe finita così».
La famiglia Regeni non ha mai smesso di cercare la verità. Durante l’udienza, Irene ha raccontato come scoprì della tortura inflitta a Giulio: «Ricordo una telefonata di mia madre: ‘Hanno fatto tanto male a Giulio’. La parola tortura però l’ho sentita per la prima volta al telegiornale».
Anche il medico legale incaricato di analizzare il corpo di Giulio ha confermato le atroci sofferenze subite: «Bastonate sui piedi, bruciature e ammanettamento di polsi e caviglie. È stato sottoposto a torture indicibili».
Il processo rappresenta un tentativo di fare luce su uno dei casi di violazione dei diritti umani più controversi degli ultimi anni, con un’attenzione crescente da parte della comunità internazionale.
-
Gossip9 mesi fa
Elisabetta Canalis, che Sex bomb! è suo il primo topless del 2024 (GALLERY SENZA CENSURA!)
-
Cronaca Nera4 mesi fa
Bossetti è innocente? Ecco tutti i lati deboli dell’accusa
-
Speciale Olimpiadi 20244 mesi fa
Fact checking su Imane Khelif, la pugile al centro delle polemiche. Davvero è trans?
-
Moda e modi4 mesi fa
L’estate senza trucco di Belén Rodriguez
-
Speciale Grande Fratello2 mesi fa
Shaila del Grande Fratello: balzi da “Gatta” nei programmi Mediaset
-
Sport4 mesi fa
Tra le medaglie di Tokyo e quelle che verranno
-
Cronaca6 mesi fa
Big Mac non è più solo McDonald’s: persa l’esclusiva sul marchio!
-
Gossip6 mesi fa
È crisi tra Stefano Rosso e Francesca Chillemi? Colpa di Can?