Cronaca
In fiamme l’Overlook Hotel, l’albergo “da paura” dove fu girato Shining
L’hotel Timberline Lodge, famoso per essere stato il set del film “Shining” di Stanley Kubrick, è stato gravemente danneggiato da un incendio che ha colpito l’attico e il tetto. Nonostante le fiamme abbiano distrutto parte della struttura, il lodge rimane in piedi, continuando ad attrarre appassionati del cinema horror.

Nella notte, l’iconico Timberline Lodge, noto per essere il “hotel di Shining”, è stato devastato dalle fiamme, in un evento che ricorda le tenebrose atmosfere del celebre film di Stanley Kubrick. Situato nel versante sud del monte Hood, in Oregon, il lodge è stato colpito da un incendio che ha distrutto l’attico e il tetto, lasciando i fan del film sconcertati.
Il Timberline Lodge, che nel 1980 divenne il terrificante Overlook Hotel sulle montagne del Colorado nel film, è stato da sempre un punto di riferimento per i cinefili e gli appassionati del genere horror. La struttura, con la sua atmosfera isolata e tetra, ha attratto l’attenzione di Kubrick nel 1973, prima di essere immortalata sul grande schermo.
Sebbene la maggior parte delle scene interne del film sia stata girata negli studios a Londra, il Timberline Lodge resta comunque legato indissolubilmente alla leggenda di Shining. Costruito nel 1937 e dichiarato luogo storico già nel 1977, il lodge ha sempre attirato un flusso costante di visitatori, desiderosi di rivivere l’atmosfera del film e di esplorare i suoi misteri.
Le cause dell’incendio sono ancora sconosciute, ma si ipotizza un malfunzionamento del camino principale dell’hotel. Nonostante il danno subito dall’attico e dal tetto, il Timberline Lodge rimane in piedi, pronto ad accogliere nuovamente i suoi visitatori. John Burton, direttore marketing del lodge, ha ringraziato i pompieri per i loro sforzi nel contenere le fiamme e ha espresso la speranza che il lodge continui a essere un punto di riferimento per gli appassionati di cinema e di storia.
Nonostante questo triste evento, la camera 217 (nel film era la 237) rimane una delle più richieste, testimoniando il fascino indelebile che il Timberline Lodge ha esercitato su generazioni di spettatori.
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Italia
Torna la caccia alle streghe: una raccolta di firme per cancellare un concerto metal a Milano
A quanto pare, il rock non muore mai. Ma fa ancora parecchio rumore, soprattutto tra chi non ama ascoltarlo. In soli due giorni, una petizione lanciata da CitizenGO ha raccolto oltre 35.000 firme per chiedere l’annullamento del concerto dei Behemoth. Satyricon e Rotting Christ in programma il 9 aprile all’Alcatraz di Milano. Le motivazioni? Offesa al sentimento religioso e, a detta di alcuni, minaccia al quieto vivere spirituale.

A perorare questa “guerra santa” contro il metal estremo è arrivata anche una lettera firmata dal consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Michele Mardegan, indirizzata direttamente al Sindaco di Milano, Giuseppe Sala. Il contenuto? La richiesta ufficiale di annullamento dell’evento, probabilmente nella speranza di salvare le anime milanesi da riff infernali e cori gutturali. Peccato che nessuno abbia obbligato i cittadini a partecipare. Ma si sa, meglio prevenire che… headbanging!

Il manifesto del concerto
La risposta del web: Change.org contro la censura travestita da morale
Come ogni buona storia rock, anche questa ha la sua controparte ribelle. Su Change.org è nata una contro-petizione che difende il diritto delle band di esibirsi e del pubblico di godersi un po’ di metal, senza essere etichettati come eretici in cerca di perdizione. Il testo è chiaro: “Chi va a questo concerto lo fa consapevolmente. Nessuno sta profanando chiese o scuotendo crocifissi.” In altre parole, libertà d’espressione batte crociata medievale.
Censura e arte: un matrimonio che non s’ha da fare
Il nocciolo della questione, come sempre, è uno: la libertà di espressione artistica. È davvero accettabile, nel 2025, che qualcuno voglia impedire l’esibizione di artisti perché non allineati a un pensiero religioso? E soprattutto, possiamo davvero permettere che una parte della popolazione decida cosa è giusto o sbagliato per tutti gli altri?
Tornano alla memoria i roghi dei dischi dei Beatles
Nel marzo del 1966, John Lennon dichiarò ironicamente che i Beatles erano “più popolari di Gesù”. Questa affermazione, che faceva parte del personaggio, sempre incline all’ironia specco anche feroce, inizialmente ignorata nel Regno Unito scatenò una forte reazione negli Stati Uniti quando fu ripresa da una rivista americana. In particolare, alcune stazioni radio del Sud promossero campagne per boicottare i Beatles, organizzando roghi pubblici dei loro dischi e memorabilia. Gruppi religiosi e membri del Ku Klux Klan parteciparono a queste manifestazioni, dando alle fiamme gli album della band e incitando al boicottaggio. Lennon si scusò pubblicamente, spiegando che non intendeva mancare di rispetto alla religione. Nonostante ciò, le proteste influenzarono la decisione dei Beatles di interrompere le tournée dal vivo
Metal e democrazia: due concetti che fanno più rumore insieme
Firmare la contro-petizione significa dire sì alla democrazia, alla pluralità e al diritto sacrosanto (quello sì!) di godersi un concerto. Non è questione di gusti musicali ma di civiltà. Perché oggi vietiamo il metal, domani magari i film horror, dopodomani i jeans strappati. E poi finisce che ci ritroviamo tutti a cantare Faccetta nera in chiesa. Meglio prevenire che doversi leccare poi le ferite…
Mondo
Tesla, scivolone in Borsa: Musk nel mirino, il marchio perde credibilità
JPMorgan taglia le stime sugli utili e parla di “danno senza precedenti” per il marchio. Tesla registra il peggior calo delle consegne da anni, mentre l’immagine dell’azienda soffre a causa delle scelte pubbliche del suo CEO. In Europa, crollano le vendite. E negli USA esplode la rabbia degli utenti.

Un “danno senza precedenti” per l’immagine del marchio. Così Ryan Brinkman, analista di JPMorgan tra i più critici nei confronti di Tesla, ha definito la situazione attuale del gruppo guidato da Elon Musk. Una valutazione impietosa che accompagna il drastico taglio delle stime sugli utili per azione: 0,36 dollari per il primo trimestre (da 0,40) e 2,30 dollari per l’intero 2025, contro i 2,70 stimati in media da Bloomberg.
A preoccupare gli investitori non è solo il calo delle consegne — il più marcato degli ultimi anni con un -13% su base annua nel primo trimestre — ma la frattura reputazionale che si sta aprendo nel cuore stesso del marchio. Tesla, da tempo simbolo della transizione green e del progresso tecnologico, oggi paga a caro prezzo le uscite pubbliche del suo fondatore.
Dagli showroom vandalizzati in California alle proteste davanti agli stabilimenti in Germania (dove le vendite sono crollate del 62%), fino all’impennata delle permute negli Stati Uniti, il sentimento nei confronti del brand sta cambiando rapidamente. E non bastano i buoni numeri registrati a marzo in Italia e Spagna a salvare un bilancio europeo in profondo rosso.
Tesla, nonostante tutto, resta l’azienda automobilistica più capitalizzata al mondo con 770 miliardi di dollari, ma nella seduta conclusiva della scorsa settimana ha perso oltre il 10%, segnando uno dei crolli peggiori degli ultimi tempi. Una discesa che ha coinciso con due eventi chiave: il comunicato ufficiale sulle consegne, e le nuove tariffe doganali globali da parte dell’amministrazione Trump.
L’impatto dei dazi è stato inizialmente attutito da indiscrezioni secondo cui Musk potrebbe lasciare temporaneamente il suo ruolo di “super consulente” politico per tornare a occuparsi a tempo pieno dell’azienda. Ma l’effetto è durato poco. I mercati sono tornati a vendere, scontando la sensazione che l’azienda stia perdendo il contatto con il suo pubblico di riferimento.
Brinkman è chiaro nel suo report: “Potremmo aver sottovalutato la reazione dei consumatori”. E non si tratta solo di dati, ma anche di simboli. Come quel cappello a forma di formaggio indossato da Musk durante un comizio in Wisconsin, dove ha anche distribuito assegni da un milione di dollari a due partecipanti. Gesti istrionici che, se una volta alimentavano il culto della personalità, oggi sembrano minare la fiducia in un marchio che aveva fatto dell’affidabilità il suo mantra.
Nonostante Tesla produca tutti i veicoli destinati al mercato americano tra California e Texas, anche l’azienda texana sarà costretta a fare i conti con l’aumento dei costi delle componenti importate. Musk stesso ha ammesso che ci sarà da “pagare un conto non trascurabile”. Una doccia fredda, soprattutto considerando che solo pochi mesi fa l’alleanza tra il miliardario e il nuovo inquilino della Casa Bianca sembrava rappresentare un vantaggio competitivo. La vittoria del tycoon repubblicano aveva infatti innescato un rally in Borsa che aveva portato Tesla fino a 1.500 miliardi di capitalizzazione.
Ora, invece, l’attivismo politico dell’imprenditore sudafricano si sta rivelando un boomerang. E il clima generale, tra delusione degli azionisti e fuga dei consumatori, conferma una crisi che va ben oltre i numeri.
Secondo alcuni analisti, una possibile via d’uscita per Tesla potrebbe arrivare da nuovi prodotti o annunci strategici. Un rimbalzo tecnico in Borsa non è escluso, ma servono fatti concreti. I mercati vogliono tornare a vedere Musk nella veste dell’innovatore, non del polemista da palcoscenico.
Le promesse fatte agli investitori devono ora fare i conti con la concorrenza feroce — su tutte la cinese BYD — e con la crescente diffidenza dei consumatori. In questo contesto, un’uscita di scena di Musk dalla politica, anche solo momentanea, potrebbe diventare un’opportunità: non solo per ridurre la pressione sul titolo, ma anche per provare a ricostruire quel legame emotivo che per anni ha fatto di Tesla molto più di una semplice casa automobilistica.
Il tempo però stringe. E per il visionario di Austin il conto sembra arrivato.
Italia
Mondo Convenienza: confermata la multa dell’Antitrust da 3,2 milioni di euro
La vicenda di Mondo Convenienza evidenzia l’importanza di garantire trasparenza e correttezza nei rapporti con i consumatori.

Il Tar del Lazio ha confermato la multa da 3,2 milioni di euro inflitta nel marzo dello scorso anno dall’Antitrust a Iris Mobili, società titolare del marchio Mondo Convenienza. La sanzione è stata comminata per pratiche commerciali scorrette e aggressive. Riguardavano le fasi di consegna e montaggio dei mobili, oltre alla gestione dell’assistenza post-vendita.
Le accuse dell’Antitrust
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha contestato a Mondo Convenienza una serie di condotte illecite. Tra queste per esempio la consegna di prodotti difettosi o incompleti, non idonei all’uso per cui erano stati acquistati. La gestione negligente dell’assistenza post-vendita, con il mancato riconoscimento delle garanzie legali e convenzionali.Ma non solo. L’azienda è stata accusata di porre ostacoli ai consumatori nell’esercizio dei diritti contrattuali, come il diritto di recesso e la richiesta di riparazioni o sostituzioni. Secondo il Tar, queste pratiche hanno violato i diritti dei consumatori, aggravando la loro esperienza d’acquisto. La sentenza ha respinto le argomentazioni di Iris Mobili, che aveva sostenuto che il basso prezzo dei mobili offerti escludesse la scorrettezza delle pratiche.
Le motivazioni della sentenza
Nella sentenza il Tar ha sottolineato che la consegna incompleta o difettosa della merce rappresenta una grave negligenza da parte dell’azienda. Inoltre l’offerta di buoni spesa come rimedio per i disservizi è stata giudicata una pratica scorretta, poiché vincola i clienti a nuovi acquisti. Le misure organizzative adottate dall’azienda per migliorare il servizio non sono state sufficienti a giustificare le violazioni contestate.
Quali sono state le conseguenze per Mondo Convenienza
La conferma della multa rappresenta un precedente importante per la tutela dei consumatori. L’azienda, che aveva cercato di difendere la propria posizione evidenziando i miglioramenti apportati nei processi di consegna e assistenza, dovrà ora affrontare le ripercussioni economiche e reputazionali della sentenza. Sono oltre 3 milioni di euro non noccioline…
Chi è Mondo Convenienza
Mondo Convenienza è uno dei principali marchi italiani nel settore dell’arredamento, noto per i suoi prezzi competitivi e la vasta rete di punti vendita. Tuttavia, negli ultimi anni, l’azienda è stata oggetto di critiche per la qualità del servizio post-vendita e per i ritardi nelle consegne. Nonostante ciò ha ottenuto la certificazione ISO 9001, che attesta l’impegno verso la qualità e la soddisfazione del cliente. Tar permettendo…
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