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Canone Rai 2025: come funziona e chi è esente

Torna a 90 euro: ecco tutto ciò che devi sapere sul pagamento, modalità ed esoneri.

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    Nel 2025 il canone Rai torna al costo di 90 euro, dopo la riduzione a 70 euro del 2024. Ecco come si paga, chi è obbligato a farlo e chi può richiedere l’esonero. Ma prima vediamo di ricordare cos’è il canone Rai? Il canone, più propriamente definito “canone TV”, è una tassa sul possesso di dispositivi in grado di ricevere programmi televisivi tramite segnale terrestre o satellitare, indipendentemente dall’uso del televisore o dalle preferenze di visione. Ah ecco… e quindi io che vedo la tv su un pc, dovrei considerare lo stesso il pagamento di un canone?

    Chi deve pagare

    I dispositivi soggetti al pagamento del canone sono tv e apparecchi capaci di ricevere segnali terrestri o satellitari. Sono esclusi gli smartphone, pc e tablet che accedono ai programmi via Internet, come tramite RaiPlay.

    Come si può pagare

    Il canone si puà pagare con la bolletta elettrica. I 90 euro sono suddivisi in 10 rate mensili da gennaio a ottobre 2025. Oppure si puà scegliere il pagamento autonomo. Chi non ha una fornitura elettrica residenziale deve pagare in un’unica soluzione tramite modello F24 entro il 31 gennaio 2025. Ma si puà essere esonerati? Certo che si ma ad alcune condizioni.

    Chi può richiedere di non pagare il canone Rai

    Attenzione chi non possiede apparecchi idonei deve presentare ogni anno una dichiarazione sostitutiva compilando il quadro A, disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate.
    Sono esonerati gli over 75, chi ha un reddito complessivo annuo (proprio e del coniuge) non superiore a 8.000 euro. Chi convive con persone senza reddito eccetto i collaboratori domestici. Non pagano neppure i diplomatici e i militari stranieri che vivono in Italia.

    E come si richiede l’esonero?

    L’esonero lo si puà richiedere tramite un invio postale di una raccomandata all’Agenzia delle Entrate di Torino. Oppure via, per chi ne è provvisto, via PEC all’indirizzo cp22.canonetv@postacertificata.rai.it. Ci si può rivolgere anche presso un ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate. E importante che le richieste di esonero siano effettuate entro e non oltre il 31 gennaio 2025 per evitare l’addebito automatico.

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      Italia

      Cinema italiani: fine dei giochi. Delle 2.700 sale ne restano meno di mille

      Dal dopoguerra a oggi le sale cinematografiche sono passate da simbolo della rinascita a scheletri urbani dimenticati. A Roma ne restano solo 60 operative. L’allarme lanciato dal docente Silvano Curcio riapre il dibattito: “Contro l’agonia del cinema, servono i ‘terzi luoghi’ alla francese: spazi polifunzionali con al centro la cultura”.

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        Il cinema italiano sta morendo. E non è solo un modo di dire. Lo dicono i numeri: delle 2.700 sale cinematografiche presenti in Italia fino a pochi decenni fa, oggi ne restano meno di mille. A Roma, città simbolo della settima arte, 102 sale sono state chiuse negli ultimi anni. Spente, murate, dimenticate.

        A rilanciare l’allarme è Silvano Curcio, architetto e docente alla Sapienza, durante l’assemblea pubblica “Terzi Luoghi – Una città che si-cura”, tenutasi nella Basilica di San Saba. L’evento, organizzato dal Comitato Sos Sale, ha riunito decine di associazioni e realtà civiche impegnate nella difesa delle sale storiche romane, minacciate da una proposta di legge regionale che, denunciano i promotori, potrebbe trasformare i vecchi cinema in centri commerciali, alberghi o parcheggi.

        «I dati sono drammatici – ha detto Curcio –. A Roma si è cancellata un’intera geografia culturale. Il cinema non è solo uno spazio, è una memoria collettiva». Una memoria che rischia di scomparire sotto la colata di nuove normative urbanistiche: «A dicembre scorso – racconta l’architetto – ho pubblicato Fantasmi urbani, e lì ho rivelato in anteprima l’esistenza di un progetto di legge regionale approvato in Giunta ad agosto. Me ne parlò un amico che lavora alla Regione: la chiamano ‘Legge Metropolitan’, dal nome dello storico cinema romano di via del Corso».

        Una legge che, se approvata, potrebbe sancire la riconversione definitiva di molti spazi un tempo votati alla cultura. Ma Curcio una proposta ce l’ha. Si chiama “terzo luogo”. Un concetto mutuato dalla Francia e dal mondo anglosassone, ma nato in Italia già negli anni Sessanta: «Non dobbiamo dimenticare che l’idea dei centri culturali polifunzionali è nostra. Solo che altrove l’hanno coltivata, noi l’abbiamo lasciata morire».

        Il modello francese – già sperimentato con successo nelle periferie di Parigi e Lione – prevede strutture ibride, che ospitano cinema, teatri, biblioteche, sale concerti, spazi per bambini, mense per persone in difficoltà, caffetterie, laboratori creativi. Una cultura “a km zero”, che rivitalizza i quartieri e rimette le persone al centro, restituendo dignità agli spazi dismessi.

        Il punto non è solo salvare qualche sala. Il punto è ripensare il ruolo stesso del cinema nella città contemporanea. Non più solo luogo di consumo, ma nodo vitale di una rete culturale diffusa. Una rete che oggi, senza interventi rapidi, rischia di spezzarsi del tutto.

        Il caso romano è emblematico. Il cinema Metropolitan è solo il simbolo più evidente di un declino generalizzato. Dalla periferia al centro storico, gli spazi chiusi superano ormai quelli aperti, e molti si avviano verso un destino già scritto: diventare ristoranti, hotel, garage. Un destino che, secondo Curcio, «non è inevitabile, ma è politicamente scelto».

        Il Comitato Sos Sale chiede un cambio di rotta. E lo fa puntando proprio sui cittadini: «Ogni quartiere ha almeno una sala chiusa. Non sono solo edifici, sono identità», spiegano gli attivisti. Per questo lanciano un appello a istituzioni e amministrazioni: difendere i cinema significa difendere la città.

        Forse la sfida più grande sarà ricostruire l’abitudine collettiva di andare al cinema, nonostante l’onda lunga dello streaming, la pigrizia digitale e la concorrenza di piattaforme sempre più aggressive. Ma la risposta, dice Curcio, non è l’abbandono: «Non possiamo lasciare che lo spazio del cinema diventi un ricordo. Possiamo trasformarlo, ripensarlo, ma deve restare vivo».

        E chissà che, tra i fantasmi delle vecchie insegne al neon e le poltrone impolverate, non si trovi ancora posto per una nuova forma di comunità. Magari in silenzio, al buio, mentre si accende un proiettore.

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          Italia

          «Non ho ancora finito»: Carlo III interrotto alla Camera. Ma poi incanta l’Aula (e va a prendere il gelato)

          Nel suo discorso al Parlamento italiano Re Carlo III parla di Dante, Garibaldi, Falcone, pace e Ucraina. Lo fa in parte in italiano, con ironia e garbo. Ma un fuori programma lo interrompe a metà frase: «La cerimonia è terminata…». Il Re, sorpreso, si gira verso i presidenti delle Camere: «Non ho ancora finito».

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            Nel giorno in cui Carlo III diventa il primo sovrano britannico a parlare davanti al Parlamento italiano, l’Aula di Montecitorio si è lasciata andare a una lunga e calorosa standing ovation. Ma non prima di un piccolo, imbarazzante inciampo del cerimoniale, che ha rischiato di trasformare la solennità istituzionale in sketch da varietà.

            Il re si stava riprendendo dall’applauso tributato al ricordo di Giovanni Falcone – «mia madre fece visita a Capaci poco dopo l’attentato» – quando una voce fuori campo, probabilmente dallo staff della Camera, ha annunciato: «La cerimonia è terminata. I gentili ospiti sono pregati di rimanere seduti». Il sovrano, interdetto, ha abbozzato un sorriso amaro, poi si è rivolto verso Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa: «Non ho ancora finito…». Solo dopo quel richiamo ha potuto concludere il suo discorso, che si chiude con una citazione dantesca: «E poi uscimmo a riveder le stelle».

            Un epilogo inusuale per un intervento che, in realtà, aveva tutto il respiro e il tono di un discorso storico. È la prima volta che un monarca britannico prende la parola davanti alle Camere riunite in seduta solenne. E Carlo III lo fa alternando italiano e inglese, ironia e ricordi, riferimenti letterari e geopolitici, senza mai perdere l’equilibrio. «Spero di non stare rovinando la lingua di Dante così tanto da non essere più invitato in Italia», scherza all’inizio. E ancora: «Oggi è un momento speciale, cade anche il nostro ventesimo anniversario di matrimonio». Camilla, in platea, sorride complice.

            Nel cuore del discorso, c’è spazio per molto. La storia condivisa tra Regno Unito e Italia («un terzo delle opere di Shakespeare è ambientato qui», ricorda), la cultura («abbiamo beneficiato enormemente della vostra influenza, anche se ogni tanto corrompiamo la vostra meravigliosa cucina»), l’ambiente e, inevitabilmente, la guerra in Ucraina.

            «Gran Bretagna e Italia sono unite nella difesa dei valori democratici. I nostri Paesi sono stati entrambi al fianco dell’Ucraina nel momento del bisogno. Le nostre forze armate operano insieme nella NATO», dice. E aggiunge, con toni che evocano gli echi del passato: «Tra poche settimane celebreremo l’80esimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale in Europa. Ricorderemo il terribile prezzo della guerra e il prezioso dono della pace. Oggi, purtroppo, l’eco di quei tempi, che speravamo consegnati alla storia, riecheggia nel nostro continente. Le giovani generazioni lo vedono ogni giorno sui tablet: la pace non può mai essere data per scontata».

            Poi la chiusura affettuosa: «L’Italia sarà sempre nel mio cuore, come lo fu per la mia adorata madre». Frase semplice, efficace, accolta da un altro lungo applauso. Ma è forse nel passaggio più leggero che si coglie l’essenza della visita. «Quando Garibaldi venne in Gran Bretagna ci fu una vera e propria Garibaldi-mania. Gli dedicarono persino un biscotto: da noi è il massimo dell’onore», sorride Carlo, guadagnandosi la simpatia dell’Aula.

            Dopo l’incidente della voce fuori campo, il discorso si chiude senza altri intoppi. L’uscita da Montecitorio è invece accompagnata da un fuori programma ben più gradito: re Carlo e la regina Camilla, dopo aver salutato la folla lungo via Uffici del Vicario, deviano verso la gelateria Giolitti. Una breve sosta tra turisti e romani incuriositi, che segna il finale informale di una giornata formale.

            Gelato alla crema? Pistacchio? Poco importa. A colpire è il contrasto tra l’eleganza sobria del sovrano e l’incertezza della macchina protocollare italiana, ancora capace di annunciare la fine della cerimonia… quando il re non ha nemmeno finito di parlare.

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              Italia

              Ma che musica ragazzi…Operazione antidroga a Cagliari: arrestati sette tra DJ e organizzatori di eventi

              Smantellato un gruppo di criminali dedito al traffico di droghe sintetiche nei locali notturni. Sequestrati ingenti quantitativi di stupefacenti e contanti.

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                La musica è finita…Un’operazione antidroga condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Cagliari ha portato all’arresto di sette persone. Tra questi tre disc jockey e organizzatori di eventi notturni. L’indagine, iniziata nel 2023, ha smantellato un presunto gruppo criminale che trafficava droghe sintetiche come ketamina, MDMA, cocaina, hashish e marijuana nei locali notturni di Cagliari e dintorni.

                Droghe vendute durante gli eventi notturni di Cagliari

                Quattro degli arrestati sono stati incarcerati, mentre tre sono agli arresti domiciliari. Tra i principali indagati figura Matteo Putzu, noto come Dj Zola, che avrebbe mantenuto contatti internazionali per il rifornimento delle droghe. Durante le indagini, sono stati sequestrati oltre 4 chili di ketamina, 7,5 chili di cocaina, 2 chili di hashish, 1 chilo di marijuana, 300 pasticche di MDMA e diverse quantità di 2C-B, oltre a 19.500 euro in contanti.

                Locandine delle serate utilizzate per comunicare la disponibilità delle droghe

                Le droghe venivano vendute durante eventi notturni, spesso promosse nelle stesse locandine che pubblicizzavano le serate, come parte integrante del divertimento. Gli indagati utilizzavano app criptate come Telegram e Signal per coordinare le vendite e le spedizioni. L’operazione ha coinvolto anche lo Squadrone Eliportato “Cacciatori di Sardegna” e un equipaggio dell’11esimo NEC. L’indagine è stata coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia

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