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Concordato preventivo biennale: operazione di marketing o strumento di fiducia? Ecco il parere del Sindacato Commercialisti
Il concordato preventivo biennale avrebbe dovuto rappresentare un passo verso la trasparenza e il rispetto reciproco tra Fisco e contribuenti, ma il tono delle comunicazioni sembra tradire obiettivi ben diversi.
Nelle ultime settimane, numerosi contribuenti hanno ricevuto una PEC dall’Agenzia delle Entrate contenente segnalazioni su presunte anomalie nelle dichiarazioni dei redditi 2023. La comunicazione sottolinea che i redditi dichiarati sarebbero inferiori “a quelli dei dipendenti che lavorano nello stesso settore economico”.
Se a un primo sguardo potrebbe sembrare un normale controllo fiscale finalizzato alla compliance, il contenuto della lettera rivela un intento ben più pressante. L’Agenzia invita infatti i destinatari ad aderire al concordato preventivo biennale, sostenendo che questo consentirebbe di “rendere il reddito coerente con il valore minimo di settore”. Il termine per l’adesione, fissato al 12 dicembre 2024, è supportato dalla riapertura dei termini previsti dal D.L. n. 167/2024.
Le critiche del SIC
Marcello Guadalupi, Presidente del Sindacato Italiano Commercialisti (SIC), non ha esitato a definire questa iniziativa un’“operazione di marketing”. Secondo Guadalupi, il tono e la tempistica delle lettere contraddicono uno degli obiettivi dichiarati della Riforma fiscale: instaurare un rapporto di fiducia tra Fisco e contribuente, basato sulla trasparenza e sul rispetto reciproco.
“Leggendo lettere di questo tipo – spiega Guadalupi – sorge un fondato dubbio sull’effettivo raggiungimento di tale obiettivo. Anzi, l’impressione è quella di una ennesima ‘caccia alle streghe’ degna della migliore tradizione inquisitoria”.
Un rapporto di fiducia in discussione
Il concordato preventivo biennale, nato come strumento per semplificare il rapporto tra Fisco e contribuenti, rischia di trasformarsi in un’arma a doppio taglio. Se da un lato l’invito all’adesione può essere visto come un’opportunità, dall’altro il modo in cui l’Agenzia delle Entrate lo presenta alimenta un clima di diffidenza.
Guadalupi sottolinea che per costruire un nuovo rapporto fiduciario è necessario che entrambe le parti rispettino i principi di chiarezza e trasparenza. Solo superando questa percezione di “pressione” fiscale, sarà possibile instaurare una collaborazione autentica tra contribuenti e amministrazione finanziaria.
Un appello per un cambio di approccio
Il SIC, a nome dei commercialisti italiani, si augura che il Fisco riconsideri il proprio approccio, evitando metodi che possano essere percepiti come intimidatori. “Il gioco deve essere chiaro e trasparente per tutti i giocatori che si siedono allo stesso tavolo,” conclude Guadalupi.
Il dibattito su queste comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate resta aperto, ma una cosa è certa: il clima di fiducia tra Fisco e contribuenti, più volte auspicato dalla Riforma fiscale, sembra ancora lontano dall’essere raggiunto.