Italia
Dopo Vannacci ecco Luca Goretti. Quando i militari diventano influencer
Classe 1963, ho fatto regolarmente il militare (non a Cuneo…) e di quell’anno ho un ricordo preciso. 365 giorni vissuti tra goliardia cameratesca ed obblighi di vario tipo, quando ancora il servizio di leva era obbligatorio e il nonnismo rappresentava un tarlo che solo in quel periodo cominciava ad essere messo in un angolo. Nella mia caserma – il presidio di Verona – noi soldatini eravamo a contatto con un generale e la sua famiglia, che viveva anch’essa in quel luogo così poco… casalingo.
Scattando sull’attenti
Non ricordo il suo nome… ma rammento che si trattava di un omino piccolo, piuttosto panzuto e dall’incedere lento. Al suo passaggio si scattava come molle sull’attenti, badando ad assumere la perfetta posizione in quel gesto deferente: portando rapidamente e rigidamente tra l’arcata sopracciliare destra e la tempia la mano destra.
Due militari a confronto
La cronava odierna ci propone due personaggi che, a ben guardare, rappresentano due modi differenti di indossare la divisa: il Generale Luca Goretti, capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare e Roberto Vannacci, capo di stato maggiore del Comando delle forze terrestri, attualmente inoperativo.
Goretti sui napoletani
Il primo aveva tenuto un discorso lo scorso 9 maggio per il centenario del «Ruolo delle armi» all’aeroporto militare Francesco Baracca di Centocelle. Inevitabile per lui toccare il tema dell’Intelligenza artificiale, la nuova frontiera tecnologica che sempre più sta interessando anche il settore militare. Alla fine del suo intervento, Goretti ha ironizzato con un riferimento – a ben guardare piuttosto vintage – alle autoradio che fino a 20 anni fa potevano essere rubate dalle auto: «Una cosa è certa, l’intelligenza artificiale non riuscirà mai a battere un napoletano – dice tra le risate del pubblico – Il giorno in cui l’intelligenza artificiale riuscirà a fottere un napoletano che vi fotte, quando da una radio diventa mattone, allora sì che è meglio andare a casa. Ma sono convinto che non ci sarà mai un’intelligenza artificiale in grado di fottere un napoletano quando vi fotte la radio». Non se ne abbiano a male i partenopei: 1 a 0 per Goretti, simpatico ed ironico.
Vannacci e il mondo a testa in giù
Roberto Vannacci, candidato con la Lega alle Europee, sui social ha commenta a suo modo la notizia della vittoria all’Eurovision Song Contest 2024 di Nemo, l’artista svizzero che rappresenta la prima persona di genere non binario a vincere la rassegna. Apriti cielo: “mondo al contrario sempre più nauseante” sono state le sue parole. Autogol del militare attualmente sospeso dall’Esercito: 2-0 per Goretti, fischio dell’arbitro e tutti negli spogliatoi a fare la doccia. Per Vannacci bordate di fischi da parte del pubblico che crede nell’autonomia d’espressione. Come ebbe a dire lo scrittore e fine giornalista Karl Kraus… la libertà di pensiero ce l’abbiamo. Adesso ci vorrebbe il pensiero…
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Italia
Castello delle Cerimonie: un addio tra polemiche, sfarzo, lusso e sequestri
Se l’addio al Castello è previsto per fine dicembre, meno chiaro è il destino dei suoi protagonisti e delle maestranze coinvolte. Nel frattempo, gamberoni e yacht non mancano: il “Castello delle Cerimonie” chiude, ma lo stile Polese non sembra destinato a tramontare.
Il celebre “Castello delle Cerimonie”, simbolo di sfarzo e opulenza televisiva, si prepara a dire addio alle sontuose feste e ai matrimoni fiabeschi. La struttura, che ha ospitato decine di episodi del noto programma di RealTime, chiuderà definitivamente entro la fine del 2024. La causa? Un lungo iter giudiziario legato a gravi abusi edilizi iniziati nel 1979 e culminati nella confisca dell’immobile da parte del Comune di Sant’Antonio Abate.
La parabola del Castello tra tv e tribunali
In principio, c’era “Il Boss delle Cerimonie“, un programma lanciato nel 2014 che seguiva le imprese di Don Antonio Polese, il carismatico proprietario della struttura, impegnato a organizzare matrimoni che sfidavano ogni limite del kitsch. Dopo la morte del “Boss” nel 2016, la figlia Imma Polese e il marito Matteo Giordano hanno preso il comando, trasformando il Grand Hotel La Sonrisa nel “Castello delle Cerimonie”. Ma dietro le quinte delle telecamere, la struttura era già al centro di una battaglia legale. Nel 2011, le autorità avevano contestato una serie di abusi edilizi sull’area di oltre 40.000 metri quadrati, tra cui edificazioni non autorizzate e difformità urbanistiche. Dopo anni di rinvii, la Corte di Cassazione ha emesso il verdetto definitivo a febbraio 2023: confisca della proprietà in favore del Comune e pagamento di un canone mensile di 30.000 euro da parte della famiglia Polese per l’occupazione del sito.
L’ultimo matrimonio e lo sfratto
Con la revoca delle licenze prevista per dicembre, il “Castello” celebrerà il suo ultimo matrimonio entro fine anno. Dopo questa data, il Comune prenderà pieno possesso dell’area. Sulla futura destinazione del complesso, regna ancora incertezza: alcune voci parlano di trasformazioni in uno spazio pubblico, altre di un progetto culturale, ma al momento non ci sono decisioni ufficiali. Mentre il Castello affrontava sgomberi e udienze, l’estate dei suoi proprietari è stata tutt’altro che sobria. A Ferragosto, video virali su TikTok hanno mostrato Imma e Matteo intenti a festeggiare su uno yacht di lusso, tra aragoste, gamberoni e champagne. Un’ostentazione che non è piaciuta ai follower: “Ma non erano in bancarotta? Con quei soldi potevate aiutare un sacco di persone“, sono stati alcuni dei commenti indignati.
E i dipendenti?
Che futuro si profila per i dipendenti? La chiusura del “Castello” lascia in sospeso il destino di numerosi lavoratori impiegati nella struttura. Alcuni hanno espresso preoccupazione per il loro futuro, mentre il Comune non ha ancora comunicato piani concreti per garantire un impiego alternativo. Per il sindaco Ilaria Abagnale, la decisione è semplice: “La legge va rispettata“. La confisca segue una sentenza definitiva che sancisce la lottizzazione abusiva dell’area. “Non possiamo mantenere autorizzazioni commerciali su un sito urbanisticamente irregolare“, ha dichiarato il primo cittadino.
Cronaca
Vi ricordate i banchi a rotelle? E chi se li dimentica…accatastati nei punti più bui delle scuole
Ogni volta che si pensa a una spesa che lo Stato avrebbe potuto evitare dedicando le stesse risorse per altri obiettivi più utili, spuntano sempre fuori loro: i banchi a rotelle.
Ogni volta che si pensa a una spesa che lo Stato avrebbe potuto evitare dedicando le risorse a obiettivi più utili, spuntano fuori loro: i banchi a rotelle.
Due milioni e mezzo acquistati, poche decine di migliaia utilizzati
Ma sì che ve li ricordate. Era il 2020, la pandemia di Covid imperversava e il Governo aveva deciso di acquistare dei banchi funzionali al distanziamento degli studenti nelle aule. Quanti? Secondo i dati di Anac e Governo, si legge su Skuola.net, furono acquistati due milioni e mezzo di banchi con relative sedie ergonomiche. Di questi 434 mila muniti di rotelle. La spesa fu di 324 milioni di euro, con una media di 270 euro per ciascun banco munito di rotelle e di 95 euro per i tradizionali, utilizzati in 126 mila aule. Una su quattro a fronte di 370 mila classi della scuola pubblica italiana. Il resto era stato rispedito al mittente perché ingombranti e poco pratici, o posteggiati in magazzini di Comuni e Province.
L’ora del riscatto passa da Padova
In questi ultimi anni alcuni di quei banchi e sedie sono rientrati in un giro virtuoso. Utilizzati nei modi più disparati. Per esempio in provincia di Padova il comune di Bagnoli di Sopra ne ha acquistati un centinaio dalla Provincia, che ne aveva 600 nei propri magazzini. Il prezzo? Un euro ciascuno. Sono stati utilizzati per attrezzare una sala riunioni a disposizione del Comune. Tutte sedie nuove, mai usate, certificate, e “adatte al nostro scopo“, come ha detto il sindaco di Bagnoli, Roberto Milan. Con questo acquisto la capienza della sala comunale è arrivata a 400 posti a sedere. “Se fossero stati comprati nuovi avremmo speso molto di più. Quattro anni fa erano costate circa 150 euro l’uno”. Ve lo ricordate…?
Cronaca
L’albero di Natale del Papa: una questione spinosa che divide popolazione e Comune di Ledro
Sono state già raccolte 40mila firme per non mandare l’albero di Natale al Papa per abbellire Piazza San Pietro. Ma il sindaco del Comune di Ledro non ci sta e insiste mettendosi contro gli ambientalisti e anche molti cittadini.
Insomma ogni anno la stessa storia. Nel periodo pre natalizio il Trentino è al centro del dibattito sui tagli degli alberri destinati alle piazze italane e non solo. La scelta del Comune di Ledro di donare un abete rosso al Vaticano per abbellire Piazza San Pietro in occasione del Natale, ha scatenato un acceso dibattito. Sta dividendo l’opinione pubblica mettendo in luce una serie di questioni legate all’ambiente, alla tradizione e alla gestione del territorio. Al centro della polemica c’è la preoccupazione per l’impatto ambientale di questa scelta. Gli attivisti ambientalisti sottolineano come il taglio di un albero secolare rappresenti un danno per l’ecosistema. Una pratica in contraddizione con le encicliche papali che invitano al rispetto della natura. Addirittura…! Inoltre, viene contestato il costo dell’operazione, ritenuto eccessivo e non giustificabile in un momento di difficoltà economica. E questa ci sta tutta. Vediamo perchè.
La posizione del Comune di Ledro e le opinioni dei cittadini
Il sindaco di Ledro, Renato Girardi, difende la scelta del Comune, sostenendo che l’abete destinato al Vaticano (alto 29 metri) fa parte di un lotto che sarebbe stato comunque tagliato per ragioni di gestione forestale. L’amministrazione ledrense infatti invierà altri 39 alberi (di misura variabile tra 1,50 e 6 metri) per abbellire i palazzi vaticani. E poi vuoi mettere… il comune che ha fornito l’abete al Vaticano è tenuto in palmo di mano. Il sindaco sottolinea l’importanza di questa iniziativa per la comunità locale, in quanto rappresenta un’occasione di visibilità e di promozione del territorio.
L’associazione Bearsandothers ha lanciato una petizione online «per dire no a questa pratica unicamente consumistica, che nel giro di un mese ha raccolto quasi 40 mila firme. Ma la cittadinanza di Ledro è divisa su questa questione. Da un lato, ci sono quelli che sostengono l’iniziativa, sottolineando l’importanza di onorare una tradizione e di promuovere il territorio. Dall’altro ci sono quelli che condividono le preoccupazioni degli ambientalisti e ritengono che sia necessario trovare soluzioni alternative, più rispettose dell’ambiente. E alle casse del Comune che ha stanziato circa 60 mila euro per il trasferimento degli alberi.
Ma quali sono i problemi e come è possibile risolverli?
Questa vicenda ha messo in luce una serie di problemi che richiederebbero una riflessione più attenta anche perchè nei prossimi anni la situazione si riproporrà In saecula saeculorum … Insomma si oscilla tra tradizione e sostenibilità. Sarebbe necessario trovare un equilibrio tra il rispetto delle tradizioni e la necessità di tutelare l’ambiente. Inoltre occorrerebbe avere più trasparenza nella gestione del territorio. La comunità locale, infatti, deve essere coinvolta nelle decisioni che riguardano la gestione del territorio, garantendo la massima trasparenza e partecipazione. Pratiche forestali sostenibili ne abbiamo?. E’ possibile valorizzare le risorse del territorio in modo rispettoso dell’ambiente?
In alternativa al taglio di alberi secolari o simboli di una comunità si potrebbe, per esempio, scegliere alberi provenienti da vivai. Le associazioni ma anche molti comuni pedemontani puntano, giustamente a valorizzare le specie autoctone caldeggiando l’utilizzo di rami di abete rosso per decorare la piazza, anziché un albero intero. Intanto il Papa e Piazza San Pietro aspettano…speriamo che l’albero arrivi prima che a Roma arrivi… la neve!!!
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