Italia
Tutti litigano con Fedez, anche Marcell Jacobs
Il rapper milanese in questo periodo non ha un attimo di tregua. Dopo la rottura con la moglie e il pestaggio di Iovino… ora arriva una bella litigata, pronta per finire in tribunale. Tra l’altro con un personaggio in questo periodo sotto i riflettori di fama e vittoria: il campione olimpico Marcell Jacobs.
Cambio di agenzia per lo sportivo
Un rapporto, quello fra i due, che solo gli addetti ai lavori conoscono. Iniziato con la scelta di Jacobs di lasciare l’agenzia DOOM, che cura l’immagine di molti vip e personaggi dello sport, co-fondata – guarda caso – da Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez. In occasione del trionfo del suo assistito aveva pubblicato diversi contenuti social, per celebrarlo dicendosi “fiero” di lavorare al suo fianco. Però, secondo quanto pubblicato da Il Sole 24 Ore, il campione avrebbe deciso di affidarsi in futuro ai londinesi di Nexthing, di Luca Oddo e Luca Scolari, specializzata nella promozione turistica del nostro Paese.
Contratto non rispettato o… mai firmato?!?
Una scelta di rotta differente che non è stato digerito dalla DOOM, decisa a spostare il tutto in tribunale, per la presunta rottura “anticipata” del contratto che sarebbe dovuto terminare, secondo i precedenti accordi, a settembre 2022. L’entourage di Jacobs parla invece di un contratto mai firmato sulla carta, con una situazione tutta da chiarire. Da Londra i rumors indicano di un accordo verbale interrotto per “giusta causa”: Jacobs lamenterebbesi una presunta scarsa promozione della sua immagine, su carta stampata e anche in televisione. Una vicenda inziata dopo un’intervista bomba rilasciata da Jacobs al quotidiano La Stampa nel 2023. Nella quale l’atleta lanciava accuse al vetriolo contro la società amministrata dalla madre di Fedez, lamentandosi una trascuratezza grave sui suoi interessi professionali.
La risposta ufficiale arrivata dalla DOOM
La DOOM risponde a questa situazione con un comunicato, nel quale viene confermata l’intenzione di ricorrere ad azioni legali. Si legge: “In merito a quanto pubblicato su alcuni organi di stampa oggi, 20 gennaio 2022, circa la decisione dell’atleta Marcell Jacobs di lasciare l’agenzia DOOM ENTERTAINMENT (l’agenzia di management che vede “Fedez” tra i suoi artisti di riferimento) per legarsi ad altra agenzia, la DOOM ENTERTAINMENT si vede costretta, suo malgrado, a chiarire subito che tale condotta di Jacobs è priva di alcun fondamento e quindi illegittima. La DOOM ENTERTAINMENT ha sempre eseguito pienamente il contratto in essere con l’atleta al quale quest’ultimo, al contrario, si è volutamente sottratto già da subito dopo il felice risultato delle Olimpiadi di Tokyo e, pertanto, il recesso dichiarato da Jacobs, risulta strumentale ed infondato. La DOOM ENTERTAINMENT precisa, infine, di aver già fatto ricorso al Tribunale di Milano per far accertare in via d’urgenza l’inadempimento dell’atleta”.
Fedez, a questo punto, porta Jacobs in tribunale, con un possibile processo per diffamazione aggravata. In tutto questo bailamme, c’è comunque chi vuole affidare a Jacobs l’incarico di
uomo immagine all’esterno per il turismo in Italia, con la strategia di trasformarlo in un personaggio d’impatto anche in ambiti extra-sportivi.
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Italia
Cinema italiani: fine dei giochi. Delle 2.700 sale ne restano meno di mille
Dal dopoguerra a oggi le sale cinematografiche sono passate da simbolo della rinascita a scheletri urbani dimenticati. A Roma ne restano solo 60 operative. L’allarme lanciato dal docente Silvano Curcio riapre il dibattito: “Contro l’agonia del cinema, servono i ‘terzi luoghi’ alla francese: spazi polifunzionali con al centro la cultura”.

Il cinema italiano sta morendo. E non è solo un modo di dire. Lo dicono i numeri: delle 2.700 sale cinematografiche presenti in Italia fino a pochi decenni fa, oggi ne restano meno di mille. A Roma, città simbolo della settima arte, 102 sale sono state chiuse negli ultimi anni. Spente, murate, dimenticate.
A rilanciare l’allarme è Silvano Curcio, architetto e docente alla Sapienza, durante l’assemblea pubblica “Terzi Luoghi – Una città che si-cura”, tenutasi nella Basilica di San Saba. L’evento, organizzato dal Comitato Sos Sale, ha riunito decine di associazioni e realtà civiche impegnate nella difesa delle sale storiche romane, minacciate da una proposta di legge regionale che, denunciano i promotori, potrebbe trasformare i vecchi cinema in centri commerciali, alberghi o parcheggi.
«I dati sono drammatici – ha detto Curcio –. A Roma si è cancellata un’intera geografia culturale. Il cinema non è solo uno spazio, è una memoria collettiva». Una memoria che rischia di scomparire sotto la colata di nuove normative urbanistiche: «A dicembre scorso – racconta l’architetto – ho pubblicato Fantasmi urbani, e lì ho rivelato in anteprima l’esistenza di un progetto di legge regionale approvato in Giunta ad agosto. Me ne parlò un amico che lavora alla Regione: la chiamano ‘Legge Metropolitan’, dal nome dello storico cinema romano di via del Corso».
Una legge che, se approvata, potrebbe sancire la riconversione definitiva di molti spazi un tempo votati alla cultura. Ma Curcio una proposta ce l’ha. Si chiama “terzo luogo”. Un concetto mutuato dalla Francia e dal mondo anglosassone, ma nato in Italia già negli anni Sessanta: «Non dobbiamo dimenticare che l’idea dei centri culturali polifunzionali è nostra. Solo che altrove l’hanno coltivata, noi l’abbiamo lasciata morire».
Il modello francese – già sperimentato con successo nelle periferie di Parigi e Lione – prevede strutture ibride, che ospitano cinema, teatri, biblioteche, sale concerti, spazi per bambini, mense per persone in difficoltà, caffetterie, laboratori creativi. Una cultura “a km zero”, che rivitalizza i quartieri e rimette le persone al centro, restituendo dignità agli spazi dismessi.
Il punto non è solo salvare qualche sala. Il punto è ripensare il ruolo stesso del cinema nella città contemporanea. Non più solo luogo di consumo, ma nodo vitale di una rete culturale diffusa. Una rete che oggi, senza interventi rapidi, rischia di spezzarsi del tutto.
Il caso romano è emblematico. Il cinema Metropolitan è solo il simbolo più evidente di un declino generalizzato. Dalla periferia al centro storico, gli spazi chiusi superano ormai quelli aperti, e molti si avviano verso un destino già scritto: diventare ristoranti, hotel, garage. Un destino che, secondo Curcio, «non è inevitabile, ma è politicamente scelto».
Il Comitato Sos Sale chiede un cambio di rotta. E lo fa puntando proprio sui cittadini: «Ogni quartiere ha almeno una sala chiusa. Non sono solo edifici, sono identità», spiegano gli attivisti. Per questo lanciano un appello a istituzioni e amministrazioni: difendere i cinema significa difendere la città.
Forse la sfida più grande sarà ricostruire l’abitudine collettiva di andare al cinema, nonostante l’onda lunga dello streaming, la pigrizia digitale e la concorrenza di piattaforme sempre più aggressive. Ma la risposta, dice Curcio, non è l’abbandono: «Non possiamo lasciare che lo spazio del cinema diventi un ricordo. Possiamo trasformarlo, ripensarlo, ma deve restare vivo».
E chissà che, tra i fantasmi delle vecchie insegne al neon e le poltrone impolverate, non si trovi ancora posto per una nuova forma di comunità. Magari in silenzio, al buio, mentre si accende un proiettore.
Italia
«Non ho ancora finito»: Carlo III interrotto alla Camera. Ma poi incanta l’Aula (e va a prendere il gelato)
Nel suo discorso al Parlamento italiano Re Carlo III parla di Dante, Garibaldi, Falcone, pace e Ucraina. Lo fa in parte in italiano, con ironia e garbo. Ma un fuori programma lo interrompe a metà frase: «La cerimonia è terminata…». Il Re, sorpreso, si gira verso i presidenti delle Camere: «Non ho ancora finito».

Nel giorno in cui Carlo III diventa il primo sovrano britannico a parlare davanti al Parlamento italiano, l’Aula di Montecitorio si è lasciata andare a una lunga e calorosa standing ovation. Ma non prima di un piccolo, imbarazzante inciampo del cerimoniale, che ha rischiato di trasformare la solennità istituzionale in sketch da varietà.
Il re si stava riprendendo dall’applauso tributato al ricordo di Giovanni Falcone – «mia madre fece visita a Capaci poco dopo l’attentato» – quando una voce fuori campo, probabilmente dallo staff della Camera, ha annunciato: «La cerimonia è terminata. I gentili ospiti sono pregati di rimanere seduti». Il sovrano, interdetto, ha abbozzato un sorriso amaro, poi si è rivolto verso Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa: «Non ho ancora finito…». Solo dopo quel richiamo ha potuto concludere il suo discorso, che si chiude con una citazione dantesca: «E poi uscimmo a riveder le stelle».
Un epilogo inusuale per un intervento che, in realtà, aveva tutto il respiro e il tono di un discorso storico. È la prima volta che un monarca britannico prende la parola davanti alle Camere riunite in seduta solenne. E Carlo III lo fa alternando italiano e inglese, ironia e ricordi, riferimenti letterari e geopolitici, senza mai perdere l’equilibrio. «Spero di non stare rovinando la lingua di Dante così tanto da non essere più invitato in Italia», scherza all’inizio. E ancora: «Oggi è un momento speciale, cade anche il nostro ventesimo anniversario di matrimonio». Camilla, in platea, sorride complice.
Nel cuore del discorso, c’è spazio per molto. La storia condivisa tra Regno Unito e Italia («un terzo delle opere di Shakespeare è ambientato qui», ricorda), la cultura («abbiamo beneficiato enormemente della vostra influenza, anche se ogni tanto corrompiamo la vostra meravigliosa cucina»), l’ambiente e, inevitabilmente, la guerra in Ucraina.
«Gran Bretagna e Italia sono unite nella difesa dei valori democratici. I nostri Paesi sono stati entrambi al fianco dell’Ucraina nel momento del bisogno. Le nostre forze armate operano insieme nella NATO», dice. E aggiunge, con toni che evocano gli echi del passato: «Tra poche settimane celebreremo l’80esimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale in Europa. Ricorderemo il terribile prezzo della guerra e il prezioso dono della pace. Oggi, purtroppo, l’eco di quei tempi, che speravamo consegnati alla storia, riecheggia nel nostro continente. Le giovani generazioni lo vedono ogni giorno sui tablet: la pace non può mai essere data per scontata».
Poi la chiusura affettuosa: «L’Italia sarà sempre nel mio cuore, come lo fu per la mia adorata madre». Frase semplice, efficace, accolta da un altro lungo applauso. Ma è forse nel passaggio più leggero che si coglie l’essenza della visita. «Quando Garibaldi venne in Gran Bretagna ci fu una vera e propria Garibaldi-mania. Gli dedicarono persino un biscotto: da noi è il massimo dell’onore», sorride Carlo, guadagnandosi la simpatia dell’Aula.
Dopo l’incidente della voce fuori campo, il discorso si chiude senza altri intoppi. L’uscita da Montecitorio è invece accompagnata da un fuori programma ben più gradito: re Carlo e la regina Camilla, dopo aver salutato la folla lungo via Uffici del Vicario, deviano verso la gelateria Giolitti. Una breve sosta tra turisti e romani incuriositi, che segna il finale informale di una giornata formale.
Gelato alla crema? Pistacchio? Poco importa. A colpire è il contrasto tra l’eleganza sobria del sovrano e l’incertezza della macchina protocollare italiana, ancora capace di annunciare la fine della cerimonia… quando il re non ha nemmeno finito di parlare.
Italia
Ma che musica ragazzi…Operazione antidroga a Cagliari: arrestati sette tra DJ e organizzatori di eventi
Smantellato un gruppo di criminali dedito al traffico di droghe sintetiche nei locali notturni. Sequestrati ingenti quantitativi di stupefacenti e contanti.

La musica è finita…Un’operazione antidroga condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Cagliari ha portato all’arresto di sette persone. Tra questi tre disc jockey e organizzatori di eventi notturni. L’indagine, iniziata nel 2023, ha smantellato un presunto gruppo criminale che trafficava droghe sintetiche come ketamina, MDMA, cocaina, hashish e marijuana nei locali notturni di Cagliari e dintorni.
Droghe vendute durante gli eventi notturni di Cagliari
Quattro degli arrestati sono stati incarcerati, mentre tre sono agli arresti domiciliari. Tra i principali indagati figura Matteo Putzu, noto come Dj Zola, che avrebbe mantenuto contatti internazionali per il rifornimento delle droghe. Durante le indagini, sono stati sequestrati oltre 4 chili di ketamina, 7,5 chili di cocaina, 2 chili di hashish, 1 chilo di marijuana, 300 pasticche di MDMA e diverse quantità di 2C-B, oltre a 19.500 euro in contanti.
Locandine delle serate utilizzate per comunicare la disponibilità delle droghe
Le droghe venivano vendute durante eventi notturni, spesso promosse nelle stesse locandine che pubblicizzavano le serate, come parte integrante del divertimento. Gli indagati utilizzavano app criptate come Telegram e Signal per coordinare le vendite e le spedizioni. L’operazione ha coinvolto anche lo Squadrone Eliportato “Cacciatori di Sardegna” e un equipaggio dell’11esimo NEC. L’indagine è stata coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia
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