Mistero

Il mistero della donatrice: un trapianto di fegato e un’apparizione inspiegabile

Dopo un trapianto di fegato all’ospedale di Yale, un paziente riferisce di vedere la donatrice defunta. La descrizione coincide con quella reale. Il medico John Guzzi condivide l’inquietante esperienza in una rivista scientifica.

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    È il secondo giorno dopo l’operazione. Il trapianto di fegato è andato bene e il paziente si sta riprendendo. Nella stanza dell’ospedale dell’università di Yale, a New Haven, il medico John Guzzi sta visitando il malato che, lucidissimo, canticchia una canzone dei Pink Floyd. I due iniziano a chiacchierare amichevolmente, quando il paziente pone una domanda inaspettata: “Quella donna lì nell’angolo della stanza, non è reale, vero?”.

    Guzzi si blocca. Nella stanza non c’è nessuno oltre a loro due. Il paziente indica verso la finestra, descrivendo una donna di mezza età, abbronzata, con i capelli castani, che non parla ma sembra gentile. La donna, secondo il paziente, non ha mai lasciato la stanza da quando si è risvegliato. Infermieri, familiari e altri medici confermano che il paziente si sta riprendendo bene dal punto di vista medico, ma continua ad avere visioni.

    Il legame con la donatrice

    Il paziente ha una spiegazione logica per le sue visioni: “È la donatrice. Sa che io ho il suo fegato e controlla che stia bene”. Questa affermazione trova un riscontro inquietante quando, durante una riunione con i chirurghi, Guzzi chiede che aspetto avesse la donatrice. La descrizione coincide: “Una donna minuta, di mezza età, con la pelle scura”.

    Il racconto del medico è stato pubblicato su una rivista scientifica, il New England Journal of Medicine, che certamente non avalla la credenza nei fantasmi. “Anche io, nonostante il fatto che la descrizione della donatrice coincida con quella del paziente, continuo a non credere che le anime dei deceduti tornino a visitare i viventi,” scrive Guzzi. “Credo però a quel che vede il mio paziente e al bisogno di ciascuno di noi di congiungere i punti chiave della propria vita in una narrazione coerente”.

    Una connessione personale

    Guzzi riflette su come la figura della donna possa rappresentare molto più della semplice donatrice per il paziente. Scoprendo che la madre del paziente non si era mai presa cura di lui, ma una volta lo aveva portato a un concerto dei Pink Floyd, Guzzi comprende che la figura materna che il paziente vede potrebbe essere legata a quel ricordo significativo. La strofa “The lunatic is in my head” che il paziente canticchia al risveglio, ascoltata al concerto, rafforza questa connessione.

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