Mistero
La scoperta di un manoscritto perduto di una poesia d’amore. Firmata William Shakespeare
Lo studio di Veronese e Smith, pubblicato sulla prestigiosa rivista Review of English Studies, dimostra che gli archivi storici continuano a riservare sorprese, offrendo nuove chiavi di lettura per comprendere il genio del Bardo di Stratford-upon-Avon.

Una rarissima versione manoscritta del celebre Sonetto 116 di William Shakespeare è stata recentemente scoperta da Leah Veronese, ricercatrice dell’Università di Oxford. Il manoscritto, datato XVII secolo, è stato rinvenuto tra le carte della collezione di Elias Ashmole, fondatore dell’Ashmolean Museum, e custodito presso la Bodleian Library. Secondo la professoressa Emma Smith, specialista di studi shakespeariani, questa scoperta rappresenta un importante contributo alla comprensione della diffusione e della popolarità delle opere di Shakespeare già pochi decenni dopo la sua morte nel 1616.
L’importanza del ritrovamento
Il Sonetto 116, noto per il celebre incipit “Let me not to the marriage of true minds”, è considerato una delle più grandi celebrazioni dell’amore ideale. Il ritrovamento della seconda copia manoscritta conosciuta di questo sonetto offre una nuova prospettiva sulla sua ricezione storica. Veronese ha individuato la poesia in un manoscritto che descriveva genericamente il tema della “costanza in amore”, senza menzionare esplicitamente Shakespeare. L’aggiunta di un verso iniziale inedito, “L’errore auto-accecante sequestri quelle menti”, suggerisce una possibile alterazione del testo originale.
Shakespeare e la tradizione poetica
L’analisi della miscellanea in cui è stato ritrovato il sonetto ha rivelato che il testo potrebbe essere stato adattato a una canzone musicata da Henry Lawes, compositore attivo nel periodo della rivoluzione inglese. Inoltre, il sonetto era inserito in una sezione di opere considerate “proibite”, comprendente poesie satiriche e critiche politiche. Questo contesto potrebbe indicare un interesse più ampio per i sonetti di Shakespeare come veicolo di riflessione sociale e politica.
Il significato del Sonetto 116
Il Sonetto 116 esplora la natura dell’amore autentico, descrivendolo come un sentimento inalterabile e duraturo. L’amore vero non cambia con il tempo né si piega alle difficoltà: è una “stella polare” che guida gli innamorati attraverso le tempeste della vita. La sua musicalità e armonia lo rendono uno dei componimenti più iconici della letteratura inglese.
Cosa dice il Sonetto 116
Non sia mai ch’io ponga impedimenti all’unione di anime fedeli; Amore non è Amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l’altro s’allontana.
Oh no! Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai; è la stella-guida di ogni sperduta barca, il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza.
Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote dovran cadere sotto la sua curva lama; Amore non muta in poche ore o settimane, ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio: se questo è errore e mi sarà provato, Io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.
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Mistero
Pennabilli e la battaglia di un intero paese romagnolo contro Dracula
La notizia del trasferimento dell’associazione nazionale dei ‘veri vampiri’, la Darkblood Italy Vampires, nel borgo di Pennabilli, in provincia di Rimini, ha suscitato non poche polemiche e reazioni contrastanti tra gli abitanti del luogo e le autorità locali.

Ci mancavano anche i vampiri per confondere le idee. La notizia è che siamo circondati da vampiri. Forse anche il vicino della porta accanto lo è e non ce ne siamo mai accorti. Forse anche un nostro stesso parente stretto… ma qui entriamo nel mondo del fantasy, dei romanzi e dei film ad alta tensione emotiva.
Veri vampiri tra di noi
Di fatto sappiamo, per stessa ammissione di uno dei suoi leader Horus Sat, alias Jacob Dimitri, che in mezzo a noi si ramifica una comunità di “real vampyres” che sostiene di avere bisogno di sangue come “energia vitale” per vivere. L’associazione più in vista, nata all’inizio del 2024, è la Darkblood Italy Vampyres composta da persone che si definiscono ‘veri vampiri’, ovvero individui che ‘dicono’ di assumere energia bevendo sangue da donatori. Volontari? A capo di questa comunità c’è Jacob Dimitri. Da anni gli associati sostengono di non essere né dei malati né esaltati e rivendicando solo il “sacrosanto diritto di riunirsi”.
Perché parliamo di vampiri?
L’argomento vampiri è salito alla ribalta delle cronache perché l’associazione di cui sopra ha scelto di avere una nuova sede e per questo ha puntato su uno dei borghi più incantevoli sulle colline riminesi: Pennabilli. Povero Tonino Guerra, poeta, scrittore e sceneggiatore di fama internazionale, tra i più sopraffini della fine del secolo scorso, nato a Sant’Arcangelo di Romagna che a Pennabilli ha trascorso gran parte della sua esistenza. Anche se ormai sottoterra dal 2012 gli gireranno un po’ sapere che nella sua terra d’elezione si stabiliranno i succhiatori di sangue. Ma è in buona compagnia. Perché nel borgo riminese i vampiri non li vuole nessuno. La scelta di stabilire la sede dell’associazione a Pennabilli, infatti, ha sollevato diverse polemiche e critiche, soprattutto da parte del sindaco del paese e di alcuni rappresentanti della comunità locale.
Indignazione tra i residenti e le autorità locali
Renzo Baldoni, direttore dei Musei del Calcolo e dell’Informatica di Pennabilli, è stato tra i primi a reagire, definendo questa decisione e le affermazioni del leader Dimitri come “peggio dei terrapiattisti“. Naturalmente anche il sindaco ha sottolineato che Pennabilli non ha bisogno iniziative del genere. Comunque questa storia ha attirato l’attenzione dei media e sollevato discussioni sulla legittimità e l’impatto delle credenze dei “real vampyres“. Nonostante la presenza di un seguito online, le attività di Horus Sat sono state accolte con scetticismo e preoccupazione per le possibili implicazioni sociali e culturali per il piccolo borgo. E chissà mai se Tonino là dove si trova ora troverà l’ispirazione per qualche suo racconto o per un nuovo soggetto cinematografico.
I vampiri in Italia
Darkblood Italy Vampires più contare su numerosi seguaci o adepti con un gruppo ufficiale su Facebook che in pochi mesi ha registrato oltre 4400 aderenti. I promotori si definiscono “la più grande associazione italiana di Real Vampires sui social e sul territorio nazionale, un’organizzazione legalmente costituita, con statuto depositato presso l’Agenzia delle Entrate.” Guidata da Jacob the real vampire” l’associazione “ha radunato intorno a sé altri real vampiri, amici di lunga data, con i quali ha costituito il consiglio direttivo che governa il Darkblood“. L’organizzazione dispone di diverse sedi ufficiali, oltre quella italiana anche a New York, gestita da Steve Barnes, ex compagno di Jacob, e una a Fort Worth gestita da Mark, il fratello di Jacob.
Tra eritrociti e leocociti
Tra gli scopo dell’associazione oltre che fare conoscenza anche organizzare “attività ricreative rivolte al divertimento e allo svago dei real Vampire, tra cui raduni, incontri, eventi, feste, serate a tema, cene sociali, proiezioni di film, presso il domicilio del gruppo o presso i locali ospitanti“. Inoltre l’associazione intende diffondere la conoscenza della realtà vampiro in Italia ed essere un valido sostegno per tutti i real vampyres e real werewolves che cercano aiuto, supporto. L’associazione è aperta a tutti coloro che desiderano esplorare il tema del vampirismo, così come la licantropia e la magia/stregoneria.
Mistero
L’antico sogno degli alchimisti diventa realtà: il metallo si trasforma in oro
Questa scoperta rappresenta un significativo passo avanti nell’ambito della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica. Sebbene non si tratti della trasmutazione alchemica del ferro in oro tanto agognata dagli alchimisti del passato, l’idea di trasformare il rame in un metallo prezioso si avvicina almeno in parte a quel millenario desiderio.

Gli alchimisti del passato sognavano di trasformare il metallo comune in oro, un desiderio che sembrava destinato solo ai racconti delle leggende. Tuttavia, alcuni scienziati cinesi potrebbero aver fatto un passo verso la realizzazione di questo antico sogno. Una recente scoperta potrebbe rivoluzionare il settore industriale, rendendo possibile la trasformazione del rame in un materiale “quasi identico” all’oro.
Gli studiosi, affiliati con prestigiose istituzioni cinesi come la Chinese Academy of Sciences e la Dalian University of Technology, hanno pubblicato i risultati delle loro ricerche su Science Advances. Utilizzando plasma ad alta energia di argon per bombardare gli atomi di rame, hanno alterato la struttura elettronica del metallo, conferendogli caratteristiche simili a quelle dell’oro.
Questa trasformazione ha portato il rame a uno stato di “valenza zero”, riducendo la sua reattività e facendolo comportare come un metallo nobile. Secondo quanto riportato dal South China Morning Post, il rame modificato ha dimostrato prestazioni estremamente simili a quelle dell’oro e dell’argento.
Tuttavia, va chiarito che questa scoperta non permetterà di creare “oro artificiale” a piacimento. Al contrario, le potenziali applicazioni di questo “rame modificato” nel settore industriale sono molto promettenti. La sua resistenza all’ossidazione e la bassa reattività lo rendono ideale per la produzione di componenti per dispositivi elettronici come smartphone e computer.
Inoltre, le proprietà da metallo nobile del rame trasformato potrebbero rivestire un ruolo fondamentale in processi chimici sofisticati, come quelli utilizzati per trasformare il carbone in risorse più pulite ed economicamente vantaggiose. In questo modo, i metalli nobili “veri” potrebbero diventare meno indispensabili, contribuendo a ridurre i costi di produzione e migliorando l’efficienza dei processi industriali.
Cronaca
Dalla Namibia la Salamandra infernale che ha dominato la Terra prima dei dinosauri
La “salamandra infernale”, conosciuta come Gaiasia jennyae, è stata recentemente scoperta in Namibia. Questa creatura, simile a una salamandra del periodo Permiano, viveva 40 milioni di anni prima dell’apparizione dei dinosauri, e rappresentava un feroce predatore delle paludi preistoriche.

Un altro esemplare di “salamandra infernale“, conosciuta come Gaiasia jennyae, è stata ritrovata in Namibia. Questa creatura, simile a una salamandra del periodo Permiano, viveva 40 milioni di anni prima dell’apparizione dei dinosauri, e rappresentava un feroce predatore delle paludi preistoriche. Con un cranio lungo più di mezzo metro e un corpo più grande di un essere umano, la Gaiasia jennyae era pronta a dilaniare le prede con le sue possenti zanne incrociate, funzionando come un tritacarne con aspirazione.
Un fossile quasi intatto
Lo studio, pubblicato su Nature, è stato condotto da un team internazionale guidato da Claudia Marsicano dell’Università di Buenos Aires e Jason Pardo del Field Museum of Natural History di Chicago.
Predatore preistorico
Jason Pardo spiega che la Gaiasia jennyae era molto più grande di una persona e che con ogni probabilità frequentava il fondo di paludi e laghi. La sua testa grande e piatta, simile a una tavoletta del water, le permetteva di risucchiare le prede. Con enormi zanne, la parte anteriore della bocca era costituita da denti giganti, rendendola un predatore letale ma relativamente lento.
La scoperta ha lasciato tutti a “bocca aperta”
Questo fossile è stato trovato adagiato sull’affioramento roccioso come una gigantesca concrezione che ha scioccato davvero tutti i ricercatori. La cosa che ha di più colpito i ricercatori è stata la struttura della sua parte anteriore. Soprattutto dalle grandi zanne intrecciate che creavano un morso unico per i primi tetrapodi.
Un tetrapode arcaico
La Gaiasia jennyae è considerata un tetrapode arcaico vissuto 300 milioni di anni fa, prima dell’evoluzione dei diversi gruppi che avrebbero dato origine a mammiferi, uccelli, rettili e anfibi. Durante quel periodo, le regioni prossime all’equatore si stavano prosciugando e coprendo di vegetazione, mentre i territori più vicini ai poli rimanevano paludosi. All’epoca, l’attuale Namibia si trovava vicino al 60° parallelo, quasi allo stesso livello del punto più settentrionale dell’Antartide attuale. Una zona dove la Gaiasia regnava incontrastata come predatore apicale del suo ecosistema.
Quali implicazioni avrà questa scoperta
La scoperta della Gaiasia nell’estremo sud suggerisce che “c’era un ecosistema fiorente in grado di sostenere questi grandi predatori“, afferma Jason Pardo. Questo ritrovamento è significativo per comprendere meglio i gruppi animali arcaici e i loro ecosistemi e fa luce sugli antenati dei mammiferi e dei rettili moderni. Secondo la ricercatrice Marsicano più cerchiamo, più risposte troveremo su questi importanti gruppi animali.

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