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Mistero

Ufo e misteri italiani: da Mussolini agli alieni del Pentagono. Roberto Pinotti racconta perché “a loro non importa di noi

Dalla creazione del Gabinetto RS33 sotto Mussolini, guidato da Marconi, fino alle recenti rivelazioni del Pentagono, Roberto Pinotti ripercorre decenni di avvistamenti e insabbiamenti. “Gli alieni sono tra noi, ma non ci considerano degni d’interesse”. Il fascino di un mistero che divide scettici e appassionati.

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    Roberto Pinotti non ha dubbi: gli Ufo esistono e ormai anche il Pentagono lo conferma. Ma, ammettiamolo, non siamo il centro dell’universo, né il soggetto principale dell’attenzione di eventuali civiltà extraterrestri. “A loro non interessa nulla di noi”, dichiara l’ottantenne maggiore esperto italiano di “oggetti volanti non identificati”, che da decenni studia il fenomeno. Nel suo ultimo libro, Ufo Italia. Da Mussolini al Pentagono, edito da Vallecchi, Pinotti offre un’analisi approfondita del rapporto tra il nostro Paese e questi enigmatici visitatori, riportando alla luce documenti storici, testimonianze e fatti che farebbero vacillare anche i più scettici.

    La sua scoperta più affascinante? L’esistenza del Gabinetto RS33, un ufficio segreto istituito da Benito Mussolini nel 1933 per indagare sugli avvistamenti e sui presunti crash di oggetti non identificati. A capo di questo enigmatico progetto, un nome di spicco: Guglielmo Marconi.

    Mussolini, Marconi e l’ombra degli Ufo
    L’idea di Mussolini era semplice, per quanto figlia dei timori geopolitici dell’epoca: gli oggetti volanti avvistati sui cieli italiani potevano essere armi segrete di potenze straniere, in particolare della Germania nazista. Il Duce incaricò quindi Marconi, simbolo della scienza italiana, di studiare il fenomeno.

    Tra gli episodi più clamorosi riportati da Pinotti, spicca il crash di Vergiate del 1933, in provincia di Varese. Un velivolo non identificato si sarebbe schiantato in un campo, e i suoi resti – insieme ai corpi di due presunti piloti – furono trasferiti in gran segreto in un hangar militare prima di essere consegnati agli Stati Uniti.

    “Era il 1933, e già all’epoca gli avvistamenti erano numerosi,” racconta Pinotti. “Ma le autorità militari, allora come oggi, tendevano a nascondere tutto, temendo reazioni sociali difficilmente prevedibili.” Galeazzo Ciano, genero di Mussolini e ministro degli Esteri, fu una figura chiave in queste vicende. “Riteniamo che alcuni documenti segreti siano arrivati fino a noi grazie a un suo discendente”, aggiunge l’autore.

    L’influenza americana e il ruolo del Pentagono
    Se l’Italia fascista si affacciava timidamente al mistero Ufo, nel dopoguerra la questione diventò appannaggio degli Stati Uniti. “Abbiamo demandato tutto agli americani”, ammette Pinotti. E il risultato? Una serie di insabbiamenti che continuano a generare polemiche e ipotesi di complotti.

    Il vero spartiacque, però, è arrivato nel 2021, quando il Pentagono ha pubblicato un documento ufficiale sugli Ufo, definendoli “fenomeni aerei non identificati” (UAP). “Ora sappiamo che gli Ufo non sono fantascienza”, dice Pinotti. “Eppure, non possiamo dire che siano qui per noi. Piuttosto, usano la Terra come una sorta di ‘stazione di servizio’ per viaggi interstellari.”

    Ma perché non si manifestano apertamente? La risposta, secondo Pinotti, è tanto semplice quanto disarmante: “Siamo irrilevanti. Hanno una tecnologia così avanzata che non hanno motivo di interferire con noi. Sono già tra noi, ma si muovono senza farsi notare.”

    Incontri ravvicinati e scetticismo
    Pinotti stesso ha vissuto tre incontri ravvicinati, il primo dei quali a Perugia nel 1978, in compagnia di altre nove persone. “Abbiamo visto dozzine di oggetti danzare sopra di noi, li abbiamo fotografati, e le segnalazioni di quel giorno furono migliaia.”

    Nonostante le testimonianze, il fenomeno continua a dividere l’opinione pubblica. “L’idea che non siamo soli destabilizza,” osserva Pinotti. “Ci costringe a rivedere il nostro ruolo nell’universo.”

    Cosa ci riserva il futuro?
    Secondo Pinotti, il futuro degli studi Ufo si giocherà sul confine tra scienza e speculazione. “Abbiamo fatto molta strada da quando ci definivano visionari,” conclude. “Ora il mondo accademico inizia a prendere sul serio queste questioni. Ma il vero passo avanti sarà comprendere che non siamo il centro di tutto. Forse, solo allora, saremo pronti a ricevere risposte dagli ‘altri’.”

    Un invito, insomma, a guardare oltre i nostri confini. Non per cercare omini verdi, ma per comprendere meglio noi stessi.

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      Maria Maddalena nel Giudizio Universale: la scoperta che riscrive l’arte sacra

      La restauratrice e studiosa Sara Penco identifica Maria Maddalena nell’affresco della Cappella Sistina, una scoperta destinata a riaccendere il dibattito sull’arte, il ruolo delle donne nella Chiesa e la simbologia universale del Giudizio.

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        Una figura nascosta, relegata al margine destro del capolavoro di Michelangelo, si rivela essere un tassello fondamentale per comprendere il messaggio del Giudizio Universale. A identificarla è Sara Penco, restauratrice e appassionata d’arte, che nel suo nuovo libro Maria Maddalena nel Giudizio di Michelangelo (Scripta Maneant) svela l’inedita presenza di Maria Maddalena al fianco del Cristo Redentore.

        Questa scoperta, frutto di un’indagine scientifica rigorosa, arriva come un fulmine a ciel sereno nel mondo dell’arte. «È mai possibile che l’Apostola degli Apostoli, la prima evangelizzatrice, sia stata esclusa da un affresco così importante?», si domanda l’autrice. Attraverso l’analisi delle fonti evangeliche, degli scritti di esperti d’arte e teologi, e perfino le parole di Papa Francesco, Penco ricompone un mosaico che sembrava incompleto.

        Una figura simbolica al margine dell’opera

        La Maddalena identificata da Penco è una donna bionda, vestita di giallo, raffigurata nell’atto di baciare il crocifisso. «Sebbene relegata in un angolo, Maria Maddalena è rappresentata a figura intera accanto al porta croce, che nel mio studio identifico con Cristo Redentore», spiega l’autrice. Questo dettaglio compositivo non è casuale: la croce, simbolo della fede cristiana, è speculare a quella raffigurata nella lunetta a sinistra, un richiamo potente all’idea di redenzione e speranza.

        Il messaggio nascosto del Giudizio Universale

        Secondo Penco, la presenza di Maria Maddalena incarna un duplice significato: la condanna del male e l’esortazione a una riflessione profonda. «Maria Maddalena, rimasta salda nella fede, diventa un esempio di rettitudine perfino per gli Apostoli», spiega. La santa rappresenta la via della salvezza attraverso l’accettazione della croce e delle sofferenze come prove necessarie per raggiungere il Regno dei Cieli.

        Michelangelo: un artista tormentato e ispirato

        La creazione del Giudizio Universale non fu una scelta facile per Michelangelo. «Era anziano, stanco e tormentato dalla ricerca di una spiritualità autentica», racconta Penco. Tuttavia, accettò l’incarico, trasformandolo in una missione personale: denunciare la corruzione e spingere la Chiesa verso un rinnovamento basato su ideali puri.

        Un metodo innovativo per svelare i segreti dell’arte

        A supporto della sua scoperta, Penco ha utilizzato un metodo brevettato, chiamato Smarticon. «È un sistema che permette di analizzare le opere d’arte attraverso il riconoscimento degli attributi iconografici e il recupero di informazioni utili all’identificazione del soggetto raffigurato», spiega. Un approccio che potrebbe rivoluzionare lo studio dell’arte, rendendolo più accessibile e dettagliato.

        Il ruolo delle donne nella Chiesa e nella società

        L’identificazione di Maria Maddalena nel Giudizio Universale solleva interrogativi profondi sul ruolo delle donne nella Chiesa. «Papa Francesco ci esorta a riconoscere le donne come autentiche evangelizzatrici», sottolinea Penco. Ma la sua scoperta va oltre la religione, diventando un invito universale al rispetto e alla valorizzazione dei ruoli complementari tra uomini e donne.

        Con questa rivelazione, il Giudizio Universale non è solo un capolavoro artistico, ma anche un simbolo di inclusività e rinnovamento, un monito che attraversa i secoli per parlare al cuore dell’umanità.

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          L’incredibile visione di Archibald Low: 100 anni fa aveva previsto il 2025 (con un solo errore)

          Archibald Montgomery Low, pioniere della tecnologia, aveva immaginato una vita dominata da dispositivi futuristici che oggi ci sembrano normali. Dalle telecamere segrete alla tv su richiesta, le sue previsioni sono straordinarie. Ma un errore resta memorabile: le erbe aromatiche per illuminare le strade!

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            Nel 1925, quando l’idea di uno schermo per vedere immagini a distanza o di una scala che si muove da sola sembravano fantascienza, Archibald Montgomery Low pubblicava The Future, un libro destinato a diventare profetico. Un secolo dopo, molte delle sue previsioni sembrano descrivere il nostro mondo moderno. Chi era Low? E perché il suo nome non è noto come quello di altri grandi visionari?

            Un pioniere della tecnologia

            Nato nel 1888, Archibald Montgomery Low è stato un geniale ingegnere e inventore, spesso definito il “padre dei sistemi di guida radiofonica”. Durante la sua carriera, ha lavorato a droni a motore, razzi guidati e persino alla televisione, anticipando di decenni molte delle tecnologie che oggi consideriamo essenziali. Oltre a essere un ricercatore, Low ha scritto numerosi libri di divulgazione scientifica e anche romanzi di fantascienza, dedicati ai giovani.

            Morì nel 1956, ma il suo lavoro è stato riconosciuto postumo: nel 1976 fu inserito nella International Space Hall of Fame per i suoi contributi pionieristici.

            Il 2025 secondo Low: tra intuizioni geniali e un errore sorprendente

            Nel suo libro The Future, Low immaginava un giorno nella vita di un uomo del 2025. La sua visione era tanto affascinante quanto accurata. Tra le sue previsioni più sorprendenti:

            • Sveglie programmabili: Low descriveva un “sistema radio” che avrebbe permesso di alzarsi a un’ora precisa. Una descrizione che somiglia alle nostre sveglie smart, integrate negli smartphone.
            • Scale mobili e marciapiedi in movimento: prevedeva che le città sarebbero state dotate di scale mobili e percorsi automatici per semplificare gli spostamenti.
            • Telecamere segrete e cimici: immaginava dispositivi per spiare i criminali, un’idea che oggi ritroviamo nelle telecamere di sorveglianza e nei microfoni nascosti utilizzati dalle forze dell’ordine.
            • Televisione e intrattenimento su richiesta: descriveva una “macchina televisiva” che avrebbe permesso di guardare programmi e ricevere informazioni premendo un pulsante. Una previsione incredibilmente vicina ai moderni televisori e ai servizi di streaming.
            • Pantaloni per le donne: Low riteneva che, nel 2025, sarebbe stato normale per le donne indossare i pantaloni. All’epoca, una simile affermazione era rivoluzionaria.

            Eppure, tra tante intuizioni brillanti, Low fece anche alcune previsioni errate. Una delle più curiose riguarda l’idea di utilizzare erbe aromatiche per illuminare le strade. Sebbene improbabile oggi, la sua intuizione per un’energia sostenibile resta straordinaria: “Il vento e la marea devono essere sfruttati al servizio dell’uomo”, scriveva, anticipando la nostra attuale attenzione alle fonti rinnovabili.

            Una visione che anticipa il futuro

            Secondo Jen Baldwin, ricercatrice di Findmypast, Low non era solo un inventore ma anche un visionario capace di immaginare come la tecnologia avrebbe trasformato la società:

            “È sorprendente che un secolo fa, uno scienziato visionario riuscisse a prevedere come la tecnologia emergente avrebbe potuto cambiare il mondo entro il 2025”.

            Molti dei suoi pronostici si basavano sulle tecnologie di cui si occupava personalmente, come la guida radiofonica e i primi prototipi di televisione. Tuttavia, Low aveva anche una straordinaria capacità di cogliere i bisogni della società, immaginando soluzioni che oggi ci sembrano indispensabili.

            Il suo lascito per il futuro

            A cento anni di distanza, le intuizioni di Low ci invitano a riflettere su come le innovazioni attuali plasmeranno il domani. La sua immaginazione ha precorso i tempi, rendendo possibile sognare un futuro che sembrava irraggiungibile.

            E chissà, magari la comunicazione telepatica che Low aveva immaginato non è così lontana: con lo sviluppo di chip cerebrali come quelli di Neuralink, il sogno di parlare senza parole potrebbe diventare realtà. Nel frattempo, possiamo goderci il presente che lui aveva previsto, anche se senza erbe aromatiche a illuminare le nostre città.

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              Il carro di bambù delle Alpi: mistero tra i ghiacci del Passo dello Spluga

              Un antico manufatto riemerge nel cuore delle Alpi svizzere, riscrivendo le rotte storiche tra Italia e Svizzera.

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                Un escursionista svizzero, Sergio Veri, durante un trekking sul Passo dello Spluga, si è imbattuto in un ritrovamento davvero sorprendente. Un piccolo carro di bambù, un manufatto tanto semplice quanto enigmatico. Questo ritrovamento sta sconcertando archeologi e storici. Il bambù non è una pianta originaria dell’Europa, rendendo la sua presenza nel cuore delle Alpi un vero e proprio mistero. Come ci è arrivato?

                Un percorso millenario e un enigma moderno

                Il Passo dello Spluga, a cavallo tra Svizzera e Italia, è noto per essere stato un’importante via di comunicazione sin dall’antichità. Utilizzato dai Romani per collegare il Cantone dei Grigioni alla Val San Giacomo e Chiavenna, questo passaggio ha testimoniato secoli di commerci, guerre e scambi culturali. Tuttavia, il carro ritrovato, realizzato con ruote e assi di bambù intrecciate con corde, non sembra appartenere a questo contesto storico. Il bambù fu introdotto in Europa solo tra il XVIII e il XIX secolo, suggerendo che il manufatto potrebbe essere stato portato da una regione lontana.

                A che cosa serviva quel carro ritrovato sullo Spluga

                Le autorità del Canton Grigioni, dopo aver pubblicato le immagini del ritrovamento, hanno chiesto il contributo della comunità per raccogliere informazioni sull’origine e sull’uso del carro. Tra le ipotesi avanzate, si suppone che il carro potesse essere parte di un’operazione di contrabbando o utilizzato per il trasporto di provviste da caccia. La collocazione del manufatto, sepolto per secoli sotto il ghiaccio alpino, ne preserva il mistero. Gli archeologi ritengono che il carro potrebbe essere stato abbandonato durante un attraversamento o un viaggio disperato lungo le asperità del passo.

                Ritrovamenti misteriosi

                Il ritrovamento di oggetti insoliti lungo le antiche rotte alpine non è una novità. Nel 1991, la scoperta di Ötzi, l’Uomo del Similaun, tra Italia e Austria, portò alla luce una figura di cacciatore dell’Età del Rame con un arco e strumenti di selce. Similmente, nei pressi del Passo del Bernina, vennero rinvenuti frammenti di carri romani, prova dell’uso intensivo delle rotte alpine già in epoca imperiale. Il carro di bambù dello Spluga si inserisce in questo contesto di scoperte affascinanti che raccontano il ruolo cruciale delle Alpi come crocevia di culture, popoli e commerci. Gli esperti stanno ora analizzando il carro per determinarne l’origine esatta e il periodo storico di appartenenza. Il manufatto potrebbe gettare nuova luce sulle connessioni tra l’Europa e regioni lontane in epoche relativamente recenti, o addirittura svelare dettagli inaspettati sul contrabbando attraverso le Alpi.

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