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Chi è il più corrotto? I Paesi più corrotti del mondo nel 2025: la posizione dell’Italia sorprende

La corruzione, un flagello che mina la governabilità, soffoca la crescita economica ed erode il tessuto stesso della società, è un fenomeno globale che non conosce limiti e confini.

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    La corruzione nei Paesi dell’Unione europea è peggiorata per il secondo anno consecutivo. L’Ungheria è il Paese dell’Ue che ha ottenuto i risultati peggiori nell’indice annuale di percezione della corruzione realizzato da Transparency International (Ti). La Danimarca nell’Ue ha ottenuto il punteggio migliore. Transparency International è un movimento che monitora la corruzione in oltre 100 Paesi. Giorni fa ha pubblicato un rapporto che mette l’Ungheria all’ultimo posto nell’Ue, registrando un peggioramento anche in altri Paesi come Francia e Germania. E il nostro Paese?

    L’Italia? Più corrotta del 2024

    L’Italia è al 52esimo posto nella classifica globale dell’Indice di percezione della corruzione (CPI) e al 19° tra i 27 Paesi membri dell’Unione europea. Davvero maluccio per il nostro Paese che raggiunge un punteggio di 54. Ossia due punti in meno dell’anno scorso, segnando la prima inversione di tendenza degli ultimi 13 anni. L’Indice di percezione della corruzione assegna un punteggio a 180 Paesi e territori di tutto il mondo. Utilizza dati provenienti da 13 fonti esterne, dalla Banca Mondiale a società di consulenza private.

    La scala va da “altamente corrotto” 0 a “molto pulito” 100

    Nelle 180 nazioni prese in esame, circa un quarto ha ottenuto il punteggio più basso da quando l’Ong ha iniziato a utilizzare l’attuale metodologia per la sua classifica globale nel 2012. E la media europea? Peggiora. Per l’Europa occidentale e l’Ueinfatti, la media è stata 64, in calo rispetto al 65 dello scorso anno. Secondo Ti, prima del 2023 questo punteggio non era sceso per circa un decennio. Secondo il rapporto di quest’anno, la capacità dell’Europa di combattere la corruzione è insufficiente. Inoltre ostacola la risposta del blocco alle sfide che vanno dalla crisi climatica allo sfilacciamento dello Stato di diritto e ai servizi pubblici sovraccarichi.

    …e quindi “i peggio” Paesi quali sono?

    Repubblica Centrafricana (Punteggio CPI: 24)

    Con un punteggio CPI di 24, la Repubblica Centrafricana si trova di fronte a sfide scoraggianti. La corruzione esaspera le lotte di una delle popolazioni più povere del mondo, ostacolando gli sforzi verso la stabilità e la giustizia.

    Iran (Punteggio CPI: 24)

    L’Iran si posiziona male nell’Indice di percezione della corruzione. Il governo iraniano utilizza la corruzione per mantenere il controllo. I leader governativi, militari e religiosi lavorano insieme per creare opportunità di favoritismi e benefici finanziari per coloro che sono fedeli ai leader.

    Libano (Punteggio CPI: 24)

    Il punteggio CPI del Libano, pari a 24, riflette una crisi in cui la politica e le banche si scontrano con la corruzione con il risultato di portare all’instabilità economica e ai disordini sociali.

    Zimbabwe (Punteggio CPI: 24)

    La storia dello Zimbabwe è caratterizzata da un grande potenziale minato, purtroppo, dalla corruzione, con un punteggio CPI pari a 24. Le confische di terre e le sfide economiche propongono un quadro complesso di resilienza e lotta per i cittadini.

    Azerbaigian (Punteggio CPI: 23)

    L’Azerbaigian, terra tra l’Europa e l’Asia, deve fare i conti con la corruzione, con un punteggio CPI pari a 23. Le accuse di accumulo di ricchezza da parte delle famiglie al potere contrastano con le aspirazioni della popolazione a una governance equa.

    Guatemala (Punteggio CPI: 23)

    Noto per la sua cultura e le sue bellezze naturali, deve fare i conti con un punteggio CPI pari a 23. La corruzione soffoca il progresso e incide sulla governance erodendo la fiducia all’interno della più grande economia dell’America Centrale.

    Honduras (Punteggio CPI: 23)

    L’Honduras, con un punteggio di 23, mostra l’impatto della corruzione sul tessuto di una nazione, erodendo la fiducia nelle istituzioni. Esoprattutto riducendo le prospettive economiche di questo Paese centroamericano.

    Iraq (Punteggio CPI: 23)

    Patrimonio culturale e riserve petrolifere sono vanificate da un punteggio CPI di 23. La corruzione ostacola gli sforzi di ricostruzione e la capacità di governo, compromettendo il percorso verso la stabilità e la prosperità.

    Cambogia (Punteggio CPI: 22)

    La ricca storia della Cambogia contrasta con il punteggio di 22 dell’indice CPI. Esiste una corruzione profondamente radicata che influisce sullo sviluppo sociale ed economico. E mette a dura prova la resistenza della popolazione

    Congo (Punteggio CPI: 22)

    La Repubblica del Congo, CPI 22, è una nazione sotto la stretta morsa di un regime che dura da tempo. Le accuse di ricchezza accumulata contrastano con la realtà quotidiana della popolazione.

    Guinea-Bissau (Punteggio CPI: 22)

    Il punteggio della Guinea-Bissau è indice di un paese che lotta contro la corruzione a tutti i livelli. Con un PIL pro capite tra i più bassi al mondo, la posta in gioco nella lotta alla corruzione è alta.

    Eritrea (Punteggio CPI: 21)

    In Eritrea, un punteggio di 21 indica problemi radicati. Nonostante sia un Paese piccolo, l’impatto della corruzione è massiccio. E le ripercussioni ricadono su tutto, dai diritti umani alla libertà di espressione.

    Afghanistan (Punteggio CPI: 20)

    Il Paese è tra i più corrotti a causa dell’instabilità politica, della debolezza della governance, del conflitto in corso e del traffico di droga.

    Burundi (Punteggio CPI: 20)

    Con un punteggio CPI di 20, il Burundi deve affrontare ostacoli significativi. Le difficoltà economiche sono aggravate dalla corruzione, che rende difficile la prosperità delle imprese e il progresso della società.

    Ciad (Punteggio CPI: 20)

    Le sfide del Ciad si riflettono nel suo punteggio. Tra disordini civili e problemi di governance, la corruzione rimane un ostacolo critico allo sviluppo e alla pace.

    Comore (Punteggio CPI: 20)

    I suoi paesaggi pittoreschi devono fare i conti con scandali continui tra cui la vendita di passaporti, sottolineano quanto i corrotti siano disposti a fare.

    Repubblica Democratica del Congo (Punteggio CPI: 20)

    Ricca di minerali ma afflitta dalla corruzione, il punteggio dell’indice CPI della RDC, pari a 20, Un vero e proprio paradosso fra l’immensa ricchezza sotto terra e le dure difficoltà al di sopra di essa.

    Myanmar (Punteggio CPI: 23)

    I paesaggi mozzafiato del Myanmar sono contrastati da un punteggio CPI di 23. La lotta alla corruzione soffoca la democrazia e lo sviluppo economico. E incide sulla speranza di un futuro migliore della popolazione. La corruzione soffoca la democrazia e lo sviluppo economico, incidendo sulla speranza di un futuro migliore da parte della sua variegata popolazione

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      Mondo

      Ancora morti in mare: affonda un sommergibile turistico nel Mar Rosso, sei vittime e nove feriti

      A un anno dal disastro del Titan, la lezione sembra già dimenticata. Il sommergibile offriva immersioni ricreative fino a 25 metri per ammirare la barriera corallina, ma qualcosa è andato storto. Non è il primo incidente nella zona: negli ultimi cinque anni si contano almeno 16 episodi simili

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        La tragedia è tornata a galla nel Mar Rosso. Nelle prime ore di oggi, al largo della città egiziana di Hurghada, un sommergibile turistico è affondato causando la morte di almeno sei persone e il ferimento di altre nove. Quattro dei feriti versano in condizioni critiche, secondo quanto riferito da fonti locali alla Bbc. A bordo del mezzo, il “Sindbad”, c’erano circa quaranta turisti al momento dell’incidente. Ventidue di loro sono stati salvati, ma il bilancio resta pesante.

        Il nome della compagnia, Sindbad Submarines, evoca viaggi esotici e meraviglie sottomarine. Ma oggi il fascino dell’avventura ha lasciato il posto all’orrore. Il sottomarino – uno dei soli 14 veri sommergibili ricreativi al mondo – era in attività da diversi anni nella zona, trasportando quotidianamente gruppi di turisti fino a 25 metri di profondità per esplorare le barriere coralline e la fauna marina del Mar Rosso. Sul sito ufficiale della compagnia si descriveva l’esperienza come “sicura, confortevole, unica”, garantendo per ogni passeggero un ampio oblò panoramico e un viaggio all’insegna della meraviglia.

        Eppure, qualcosa è andato storto. E la cronaca si è macchiata, ancora una volta, di sangue.

        L’imbarcazione poteva ospitare 44 passeggeri e due piloti. Proprio mentre compiva una delle sue escursioni abituali, il “Sindbad” si è inabissato senza lasciare scampo a una parte delle persone a bordo. Le cause dell’incidente non sono ancora ufficiali, ma il pensiero corre immediatamente a quel giugno 2023 in cui il mondo intero seguiva col fiato sospeso la vicenda del Titan, il sommergibile imploso nell’oceano Atlantico durante un’immersione verso il relitto del Titanic. Anche in quel caso, una missione turistica trasformata in catastrofe.

        Il parallelo è inevitabile. E lo è anche la domanda: abbiamo davvero imparato qualcosa?

        Hurghada è da tempo una meta turistica molto frequentata, ma non è nuova a disastri del genere. Solo a novembre scorso, sempre al largo della costa, la barca turistica Sea Story è affondata causando undici tra morti e dispersi, con 35 superstiti. In quel caso le autorità egiziane attribuirono la colpa a un’enorme onda alta fino a quattro metri, ma le testimonianze raccolte dalla Bbc parlavano anche di gravi mancanze nelle misure di sicurezza a bordo.

        E la questione non finisce qui. Secondo un’inchiesta britannica pubblicata il mese scorso, negli ultimi cinque anni ci sono stati almeno 16 incidenti che hanno coinvolto imbarcazioni turistiche nella stessa area, alcuni dei quali con vittime.

        Una tendenza preoccupante, troppo spesso sottovalutata.

        Il turismo subacqueo e le esperienze estreme – dalle immersioni alle esplorazioni in profondità – attirano ogni anno migliaia di visitatori, ma dietro l’immagine patinata delle brochure e dei video promozionali si nasconde una realtà fatta di rischi, pressioni commerciali e, talvolta, standard di sicurezza non all’altezza.

        Il dramma del Sindbad ci riporta bruscamente con i piedi per terra. E sotto il livello del mare. Dove il fascino del mistero può diventare, in un attimo, il teatro di una nuova tragedia.

        Una tragedia evitabile? Forse sì. Ma ancora una volta si dovrà aspettare che siano le autorità a fornire risposte. Intanto, le vittime aumentano. E la sensazione è che, a ogni nuova discesa negli abissi, si sprofondi un po’ di più anche nel vuoto delle responsabilità.

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          Mondo

          Più piccoli, più cari e a rischio penali. Le nuove regole sul bagaglio a mano consentito in aereo

          Le ultime direttive di Ryanair, EasyJet e ITA Airways per il bagaglio a mano: dimensioni consentite, costi aggiuntivi e consigli utili per evitare penali al gate.

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            A partire da questo mese, sono state introdotte nuove regole per il bagaglio a mano da parte delle compagnie aeree Ryanair, EasyJet e ITA Airways. Le modifiche mirano a garantire un’esperienza di viaggio più fluida e trasparente, ma richiedono ai passeggeri maggiore attenzione alle dimensioni e ai costi.

            Sulle ali delle novità

            Ryanair. La compagnia irlandese mantiene gratuito il trasporto di un piccolo bagaglio, ma le dimensioni consentite ora sono: 40x20x25 cm per uno zainetto o 25x20x40 cm per una borsa o custodia per laptop, da riporre sotto il sedile. Per un bagaglio a mano più grande, fino a 10 kg e con dimensioni di 55x40x20 cm, è necessario scegliere le opzioni “Regular” o “Flexi Plus,” che includono anche benefici come imbarco prioritario e il posto prenotato. Un’importante novità sarà introdotta il prossimo maggio. Il check-in tramite app diventerà obbligatorio, e il mancato utilizzo comporterà una penale fino a 60 euro.

            EasyJet. I passeggeri possono portare gratuitamente una borsa piccola di dimensioni 45x36x20 cm, dal peso massimo di 15 kg, che deve essere collocata sotto il sedile. Per trasportare un bagaglio più grande, fino a 56x45x25 cm e sempre di massimo 15 kg, è necessario acquistare l’opzione al momento della prenotazione. Inoltre iscriversi al programma “easyJet Plus” o scegliere un posto premium, come “Up Front” o con più spazio per le gambe. EasyJet utilizza uno strumento di misurazione disponibile nell’app iOS per aiutare i passeggeri a verificare le dimensioni del bagaglio ed evitare costi extra in caso di bagaglio non conforme.

            ITA Airways. ITA Airways offre la possibilità di portare in cabina un bagaglio a mano con dimensioni fino a 55x35x25 cm e peso massimo di 8 kg. Oltre a questo, consente anche un secondo accessorio, come zainetto, borsetta o custodia per laptop, di dimensioni massime 45x36x20 cm. In situazioni di voli affollati, il personale di scalo potrebbe ritirare il bagaglio a mano al gate per imbarcarlo in stiva, ma questa procedura non si applica ai voli intercontinentali. È sempre consigliabile verificare le misure e il peso del bagaglio con gli appositi misuratori disponibili negli aeroporti.

            Un paio di consigli

            Per evitare spiacevoli sorprese e costi imprevisti al gate (le penali possono arrivare fino a 70 euro), è fondamentale informarsi sulle nuove regole e pianificare con cura il proprio viaggio. Una buona idea è optare per un bagaglio più piccolo o acquistare l’opzione per un bagaglio più grande in anticipo, assicurandosi che tutto sia conforme alle direttive della compagnia scelta.

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              Mondo

              Clamoroso errore alla Casa Bianca: il direttore di The Atlantic incluso nella chat segreta sui raid contro gli Houthi

              Il giornalista ha avuto accesso a informazioni ultra-riservate sulle operazioni Usa in Yemen. L’imbarazzo della Casa Bianca: “Stiamo indagando”. Pioggia di critiche dai democratici.

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                Quando il confine tra la realtà e la fiction politica diventa labile, nascono situazioni che rasentano il grottesco. E stavolta la scena si è consumata direttamente nelle stanze del potere di Washington. Jeffrey Goldberg, direttore di The Atlantic, uno dei magazine più autorevoli d’America, è stato accidentalmente aggiunto a una chat segreta su Signal dove i vertici della sicurezza Usa stavano discutendo i dettagli dei raid contro gli Houthi in Yemen, avvenuti lo scorso 15 marzo.

                Sì, avete capito bene. Un giornalista che si ritrova, suo malgrado, a leggere i piani militari di un attacco in tempo reale. “Non pensavo potesse essere vero, poi hanno iniziato a cadere le bombe”, scrive incredulo Goldberg nell’articolo in cui ha raccontato la surreale vicenda. A quel punto, la notizia ha fatto il giro del mondo e il Consiglio di Sicurezza Nazionale è stato costretto ad ammettere l’incidente. “Sembra che la catena di messaggi sia autentica – ha detto il portavoce Brian Hugues – e stiamo indagando per capire come un numero sia stato aggiunto per errore”.

                Il problema non è solo l’errore umano, ma l’eco di un’amministrazione che, a detta dei critici, sembra sempre più dilettantesca nella gestione di dossier delicatissimi. Nella chat erano presenti personalità di primissimo piano, come il vicepresidente JD Vance e il segretario alla Difesa Pete Hegseth. E mentre le bombe venivano sganciate sullo Yemen, un estraneo – per quanto illustre – assisteva da spettatore privilegiato a un dialogo che avrebbe dovuto rimanere blindatissimo.

                Le reazioni non si sono fatte attendere. Tra i primi a puntare il dito c’è stato il deputato democratico Ruben Gallego, ex marine e membro della Commissione Difesa alla Camera, che ha commentato via X: “Questo è dilettantismo puro. Questi geni non solo compromettono la sicurezza nazionale, ma stanno anche svendendo l’Ucraina e demolendo le alleanze globali”.

                La Casa Bianca minimizza

                E mentre la Casa Bianca cerca di correre ai ripari minimizzando l’accaduto, l’opinione pubblica si interroga su quanto fragile possa essere la catena di sicurezza di un’amministrazione impegnata su più fronti caldissimi, dal Mar Rosso all’Europa dell’Est. Intanto Goldberg, con la flemma di chi ha visto molto nel corso della sua carriera, conclude il suo racconto con ironia amara: “Pensavo fosse uno scherzo, poi mi hanno consegnato in anticipo un piano di guerra”.

                Un errore che, c’è da scommetterci, farà tremare più di una scrivania a Washington.

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