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In Giappone assolto dopo 46 anni nel braccio della morte: la lunga battaglia di Iwao Hakamada

L’ex pugile, condannato per un delitto che non aveva commesso, è stato dichiarato innocente dopo quasi mezzo secolo. La sorella Hideko, instancabile nel sostenere la sua innocenza, è stata decisiva per la revisione del caso.

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    È finito oggi uno degli incubi giudiziari più lunghi e controversi del Giappone. Iwao Hakamada, ex pugile di 88 anni, è stato assolto dopo aver trascorso 46 anni nel braccio della morte per un crimine che non aveva commesso. La sentenza del tribunale distrettuale di Shizuoka ha ribaltato la condanna per l’omicidio di una famiglia avvenuto nel 1966, dichiarando Hakamada non colpevole. Un verdetto che arriva grazie anche all’incessante lotta di sua sorella Hideko, 91 anni, che per decenni ha sostenuto l’innocenza del fratello, sfidando un sistema giudiziario spesso definito come “la giustizia degli ostaggi”.

    Una condanna basata su prove manipolate

    La storia di Hakamada inizia nel 1966, quando viene arrestato con l’accusa di aver ucciso il suo datore di lavoro, la moglie e i loro due figli. I quattro furono trovati morti nella loro casa, con ferite da taglio, prima che l’edificio venisse dato alle fiamme. Durante un brutale interrogatorio, Hakamada fu costretto a confessare, ma in seguito ritrattò, dichiarandosi innocente. La sua condanna a morte fu emessa sulla base di tracce di sangue trovate su cinque capi di abbigliamento rinvenuti 14 mesi dopo l’omicidio in una vasca di miso. Solo oggi, il tribunale ha stabilito che quelle prove erano state manipolate.

    Una battaglia legale durata decenni

    L’assoluzione arriva dopo una lunga e complessa battaglia legale. Il giudice ha riconosciuto che le macchie di sangue sui vestiti non potevano essere rimaste intatte dopo essere state immerse nel miso per oltre un anno, suggerendo che fossero state piazzate lì molto tempo dopo l’omicidio. “Il signor Hakamada non può essere considerato il criminale”, ha affermato il giudice, mettendo fine a una saga legale che ha messo in luce le falle del sistema giudiziario giapponese.

    La sorella Hideko, una vita dedicata alla verità

    Decisivo è stato il ruolo di Hideko, che non ha mai smesso di lottare per dimostrare l’innocenza del fratello. “Per moltissimo tempo abbiamo combattuto una battaglia che sembrava infinita, ma stavolta credo che la porteremo a una conclusione”, aveva dichiarato prima del verdetto. Il suo impegno, insieme a quello di avvocati e attivisti, ha mantenuto viva l’attenzione su un caso che, altrimenti, sarebbe rimasto sepolto nell’oblio.

    Un sistema giudiziario da riformare

    Il caso Hakamada ha attirato l’attenzione internazionale sulle problematiche del sistema giudiziario giapponese, spesso criticato per l’uso della cosiddetta “giustizia degli ostaggi”, in cui i sospetti vengono sottoposti a pressioni e abusi in custodia preventiva. Il Giappone, unica democrazia industrializzata insieme agli Stati Uniti ad applicare la pena di morte, continua a ricevere critiche per la mancanza di riforme in questo ambito.

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