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Cronaca

Oliviero Toscani e la confessione shock: Non so quanto mi resta ma non ho paura

Il grande fotografo Oliviero Toscani soffre da un anno di una malattia per la quale non esiste una cura. Chiede di essere ricordate per l’impegno che ha sempre messo nel suo lavoro, anteponendolo sempre all’estetica dell’immagine.

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    Una malattia incurabile un anno fa ha colpito il famoso fotografo Oliviero Toscani. SI chiama amiloidosi, una patologia per la quale le proteine si depositano su certi punti vitali, bloccando il corpo del malato. Purtroppo ad oggi non esiste una cura.

    40 chili in meno in un solo anno

    In realtà Toscani sta seguendo una cura sperimentale. Nell’anno passato ha avuto il Covid e una polmonite virale. Uomo di grande carattere reagisce così: «Quando sto male e ho la febbre riesco a immaginare cose fantastiche…”. In un anno ha perso 40 chili di peso, coi medicinali che alterano i sapori di tutto, soprattutto del vino per il quale ha sempre avuto una passione. Fa due sessioni di fisioterapia al giorno, usa le stampelle per muoversi.

    L’illusione dell’eterna giovinezza

    Al Corriere racconta: «Sto vivendo un’altra vita. Vengo da una generazione, quella di Bob Dylan, dove eravamo forever young, il pensiero di invecchiare proprio non c’era. Fino al giorno prima di essere così, lavoravo come se avessi 30 anni. Poi una mattina mi sono svegliato e all’improvviso ne avevo 80».

    Chiede di essere ricordato per il suo impegno

    «La bellezza», dichiara, «è che non avevo mai pensato di trovarmi in questa situazione, è una nuova situazione che va affrontata. La bellezza è che non ti interessano più patria, famiglia e proprietà, la rovina dell’uomo. Mi sono liberato di tutto».

    Nessuna paura

    Consapevole dell’irreversibilità del suo stato attuale, dice di non aver paura di passare dall’altra parte. «Basta che non faccia male. E poi ho vissuto troppo e troppo bene, sono viziatissimo. Non ho mai avuto un padrone, uno stipendio, sono sempre stato libero. Io da solo sto bene. E poi non posso coinvolgere e condizionare tutti nella mia malattia»

    L’amicizia con Benetton

    Quando ha provato a raccontare al suo amico Luciano Benetton – per il quale ha lavorato lungamente – che aveva una malattia rara lui gli ha risposto: “Oliviero, tu sei nato con una malattia rara!”. Con Benetton il dialogo è costante, si sentono al telefono due volte alla settimana. Uomo sanguigno che ha sempre detto quello che riteneva opportuno, ama guardare il calcio in tv e gli incontri di Sinner «che mi dà sollievo nella vita. Ora sono tutti gelosi e invidiosi di lui: tipico degli italiani. Imparerà presto chi sono i veri amici e chi no. Si vede dallo sguardo che è un ragazzo profondo. Devi fermare quell’attimo lì negli occhi, esprime onestà e capacità. Sinner non è italiano. L’italianità è Fabrizio Corona, è imbrogliona, mafiosa».

    Un uomo libero

    Vorrebbe essere ricordato per il suo impegno nel lavoro, non per uno scatto in particolare, come spesso capita ai fotografi. La fotografia – l’ha sempre sostenuto – è impegno etico, l’estetica è un aspetto secondario. E per dimostrarlo cita un capolavoro della pittura moderna: «Guernica di Picasso ha un’incredibile estetica, ma ha soprattutto una forza sociale di memoria e impegno».

    Eutanasia e funerale

    Toscani si autodefinisce un privilegiato per aver avuto una famiglia laica e libera. «Mi pento delle cose che non ho fatto, non di quelle che ho fatto. Potrei farmi incatenare, ma non perderei il senso di libertà. Ora sono come incatenato, ma sono libero di pensare come penso e di agire come penso dovrei. Vivere così non mi interessa. Bisogna che chiami il mio amico Cappato, lo conosco da quando era un ragazzo. Ogni tanto mi vien voglia. Gliel’ho detto già una volta e lui mi ha chiesto se sono scemo». La chiusura dell’intervista al quotodiana milanese racchiude una straordinaria verità, sulla quale non ci fermiano mai a riflettere: «Vivere vuol dire anche morire, eppure nessuno parla della morte. Si vive come imbrogliandosi, perdendo tempo».

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      Mondo

      Pasqua con Vance: il vice di Trump sbarca a Roma e agita Palazzo Chigi

      Visita programmata tra il 18 e il 20 aprile. Meloni disponibile all’incontro, Salvini rivendica il rapporto diretto, Tajani frena: la diplomazia italiana si ritrova a fare i conti con l’attivismo elettorale made in USA.

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        La visita non è ancora confermata ufficialmente, ma i motori della diplomazia si sono già accesi. Secondo quanto riportato da Bloomberg, il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance starebbe programmando un viaggio in Italia tra il 18 e il 20 aprile, in concomitanza con il weekend di Pasqua.

        L’ambasciata americana avrebbe già informato la Farnesina, chiedendo espressamente di organizzare un incontro con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. La risposta, da quanto si apprende, sarebbe stata positiva, sebbene il calendario della premier e la complessità del quadro internazionale rendano ancora incerta la conferma.

        La mossa di Vance, senatore dell’Ohio e considerato uno dei principali candidati alla vicepresidenza in un’eventuale nuova amministrazione Trump, si inserisce in un quadro geopolitico in fermento, tra la guerra in Ucraina, il riarmo europeo e il rischio di una frattura sempre più marcata tra Washington e Bruxelles.

        Vance è già stato in Europa nei mesi scorsi: a febbraio aveva partecipato alla conferenza di Parigi sull’intelligenza artificiale e al vertice sulla sicurezza di Monaco, dove aveva ribadito le sue posizioni scettiche nei confronti dell’impegno americano in Ucraina e criticato l’evoluzione “illiberale” di alcune democrazie europee. Una posizione che gli ha attirato la diffidenza di vari partner del continente, ma che ha trovato un’eco inattesa proprio a Roma.

        Vicinanza con Giorgia

        In una recente intervista al Financial Times, Giorgia Meloni ha dichiarato di condividere l’attacco di Vance all’Europa per il presunto abbandono dei valori fondanti della libertà di espressione e della democrazia. “Devo dire che sono d’accordo”, ha affermato la premier, aprendo di fatto un canale di dialogo diretto con uno dei principali esponenti dell’area trumpiana.

        Nuove tensioni tra Salvini e Meloni

        Sul piano politico interno, tuttavia, la visita di Vance rischia di riaccendere le tensioni nella maggioranza. Il vicepresidente americano è considerato vicino a Matteo Salvini, che già lo scorso 21 marzo aveva rivelato di aver avuto una conversazione telefonica di 15 minuti con lui.

        Secondo il leader della Lega, nel colloquio si sarebbe parlato di Ucraina, ma anche della possibilità che l’Italia firmi un contratto con Starlink, la rete di telecomunicazioni satellitari di Elon Musk. Un’apertura che ha fatto storcere il naso al ministro degli Esteri Antonio Tajani, che aveva ricordato come la politica estera sia prerogativa della Farnesina e di Palazzo Chigi, non dei singoli ministri.

        Il viaggio italiano di Vance si inserisce in un contesto di crescente competizione interna alla coalizione di centrodestra, dove è in corso una silenziosa corsa all’accreditamento con la futura — e possibile — amministrazione repubblicana. Un pressing a più mani su Washington che, però, rischia di generare confusione e interferenze tra canali ufficiali e relazioni personali.

        Sul tavolo dell’eventuale incontro con Meloni, oltre al tema dell’impegno europeo nella difesa comune e al conflitto ucraino, ci sarebbero anche i rapporti commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea, e il dossier sempre più strategico della sovranità digitale e tecnologica, a partire dalle infrastrutture satellitari.

        Nel frattempo, anche la stessa presidente del Consiglio avrebbe in programma un viaggio a Washington, benché non sia ancora stata fissata una data. Un incastro diplomatico che potrebbe trovare nella visita di Vance un’occasione per allineare le posizioni in vista delle elezioni americane e degli equilibri futuri della NATO.

        Dall’ufficio del vicepresidente statunitense, per ora, nessun commento ufficiale. Ma la data, che coincide con il Venerdì Santo, la dice lunga sulla volontà di segnare l’agenda anche simbolicamente. E Roma, ancora una volta, si ritrova crocevia di tensioni globali e calcoli politici molto terreni.

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          Cronaca

          Malore nella notte per Davide Lacerenza: ricoverato in Neurologia, probabile un ictus per il patron delle notti brave di Milano

          Il titolare della “Gintoneria” è stato trasportato al Policlinico alle 4 del mattino. Inizialmente si è parlato di ictus, ma si tratterebbe di un disturbo neurologico lieve. Resta ai domiciliari, piantonato in ospedale. Parlato con l’avvocato: “È vigile e cosciente”

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            Un malore improvviso nella notte e la corsa in ospedale, mentre attorno si infittisce il silenzio. Davide Lacerenza, 59 anni, titolare della “Gintoneria” e volto noto della movida milanese, è stato trasportato d’urgenza al Policlinico di Milano alle quattro del mattino. Respirava a fatica, e la prima ipotesi formulata dai sanitari è stata quella di un ictus cerebrale. Solo in un secondo momento, fonti ospedaliere hanno parlato di un “lieve problema neurologico”, smentendo la gravità inizialmente temuta.

            Al momento Lacerenza si trova ricoverato nel reparto di Neurologia, piantonato dalle forze dell’ordine e ancora sottoposto al regime degli arresti domiciliari, a cui è costretto dal 4 marzo scorso nell’ambito dell’inchiesta su droga, prostituzione e autoriciclaggio che ha portato al sequestro dei suoi locali e all’arresto di tre persone, tra cui anche Stefania Nobile, sua ex compagna e socia d’affari, nonché figlia di Wanna Marchi.

            A dare l’allarme, stando alle prime ricostruzioni, sarebbe stata la sua attuale compagna, Clotilde, 21 anni, che vive con lui nell’appartamento di viale Lunigiana. È stata lei a insistere per chiamare i soccorsi. All’arrivo in pronto soccorso, i medici hanno riscontrato sintomi compatibili con un evento neurologico. Solo più tardi, dopo i primi accertamenti, si è parlato di condizioni “non gravi”. Lacerenza è vigile e cosciente, come confermato dal suo legale Liborio Catalioti: “Ho parlato con lui appena è stato ricoverato. È stata una telefonata rassicurante”.

            Nelle prossime ore, i magistrati valuteranno le cartelle cliniche per stabilire la necessità della permanenza in ospedale. Nel frattempo, l’avvocato Catalioti ha presentato una richiesta in procura per permettere al suo assistito di riprendere a frequentare il Sert, nell’ambito del percorso di disintossicazione da alcol e sostanze avviato in parallelo alla misura cautelare.

            La posizione giudiziaria di Lacerenza resta delicata. Arrestato meno di un mese fa, è accusato di aver trasformato i suoi locali — la “Gintoneria” e il bistrot gemello “La Malmaison”, entrambi in via Napo Torriani — in un centro di spaccio e prostituzione mascherato da club esclusivo. Secondo la ricostruzione della procura, i clienti abituali potevano accedere a “pacchetti su misura” che comprendevano champagne, cocaina e escort, anche con consegna a domicilio.

            Nella stessa indagine sono finiti ai domiciliari anche Stefania Nobile e Davide Ariganello, cameriere e factotum del gruppo. L’11 marzo, tutti gli indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari.

            Il caso Lacerenza ha assunto in poche settimane un profilo pubblico molto alto, anche per via del personaggio coinvolto. Autodefinitosi “King di Milano”, Lacerenza era diventato un punto di riferimento della nightlife cittadina, noto per la clientela altolocata e per lo stile ostentato dei suoi locali. Proprio per “motivi di ordine pubblico”, il questore di Milano Bruno Megale ha recentemente disposto la revoca della licenza della Gintoneria.

            Anche Stefania Nobile, secondo quanto trapelato, avrebbe necessità di cure mediche, e sulla compatibilità delle sue condizioni con la misura cautelare si pronuncerà a breve la procura. Nel frattempo, è circolata voce che possa presentarsi al Policlinico per far visita all’ex compagno, ma si tratta di un’ipotesi al momento poco plausibile, considerato il vincolo detentivo a cui entrambi sono sottoposti.

            L’inchiesta va avanti, così come le verifiche cliniche. Per ora, da parte del Policlinico, bocche cucite. L’unica certezza, al momento, è che Davide Lacerenza resterà piantonato in ospedale, almeno fino a nuovo ordine.

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              Cronaca

              “Insulti nazisti”, Liliana Segre si oppone all’archiviazione per Chef Rubio

              Il legale di Liliana Segre chiede nuove indagini per chi l’ha offesa sui social, contestando la decisione della Procura di Milano di archiviare la posizione di 17 indagati. Il giudice dovrà ora decidere se accogliere la richiesta o procedere con l’imputazione coatta.

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                “Nel 90 per cento dei casi gli insulti che riceve sono nazisti”. Così l’avvocato Vincenzo Saponara, legale della senatrice a vita Liliana Segre, ha sintetizzato davanti al gip di Milano la posizione della sua assistita contro la richiesta di archiviazione per 17 presunti haters, tra cui figura anche Gabriele Rubini, meglio noto come Chef Rubio. Il giudice Alberto Carboni, davanti al quale si è svolta l’udienza, deciderà nei prossimi giorni se accogliere l’istanza della Procura, disporre nuove indagini o ordinare l’imputazione coatta.

                Il nodo della questione sta tutto nella qualificazione delle offese ricevute dalla senatrice. Per la Procura, i messaggi andrebbero “contestualizzati all’interno del dibattito social” e valutati in rapporto alle “funzioni politiche ed istituzionali” della senatrice. Per l’avvocato Saponara, invece, non si tratta di normali espressioni di dissenso, per quanto dure: «Non sono insulti alla sua veneranda età o alle sue posizioni politiche. Sono insulti nazisti, ed è questo il punto».

                Tra gli episodi al vaglio anche alcuni messaggi offensivi provenienti da profili non identificati, dunque attualmente “contro ignoti”. Ma la senatrice non intende lasciare nulla cadere nel vuoto. L’opposizione all’archiviazione, infatti, è stata estesa anche a questi casi. «Ci sono situazioni in cui si tenta di giustificare parole gravi inserendole in un contesto preteso politico, ma resta l’elemento discriminatorio, l’odio razziale», ha aggiunto il legale.

                La vicenda nasce da una più ampia indagine della Procura milanese su insulti e minacce rivolti a Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah e da anni impegnata contro ogni forma di odio e antisemitismo. A gennaio, il pm Nicola Rossato aveva chiuso le indagini proponendo il rinvio a giudizio per dodici persone – tra cui No vax e sostenitori della causa palestinese residenti anche all’estero – accusate di diffamazione e minacce aggravate dall’odio razziale.

                Per altri 17 indagati, tra cui appunto Chef Rubio, era stata invece richiesta l’archiviazione, nonostante l’ammissione che i toni utilizzati fossero “aspri, rozzi e sintomo di maleducazione e ignoranza”. Parole che, secondo il pm, non configurerebbero un reato, ma rappresenterebbero un eccesso retorico nel contesto del dibattito pubblico.

                Una lettura che la senatrice e il suo legale rigettano con forza. La posta in gioco, dicono, non è solo la difesa della dignità personale, ma la protezione del significato storico e civile dell’antifascismo. La decisione finale è ora nelle mani del giudice.

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