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Politica

Giorgia Meloni e l’acqua “miracolosa” di Palazzo Chigi: ordinate 100 mila bottigliette di Acqua Santa

La premier porta a Palazzo Chigi una “benedizione” in vetro: assegnata la maxi fornitura a una società dal nome mistico. con qualche ironia, mentre l’esecutivo affronta tempeste politiche

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    Pare che Giorgia Meloni non si fidi solo della cabina di regia e delle riunioni di maggioranza. Per tenere a bada le tensioni che negli ultimi tempi agitano Palazzo Chigi e i suoi alleati, la presidente del Consiglio ha deciso di affidarsi anche… ai santi. O meglio, all’Acqua Santa. Sì, perché a ristorare ministri e staff nei prossimi due anni saranno proprio le bottigliette marchiate “Acqua Santa di Roma Srl”, società di famiglia Mari, che dal 1948 imbottiglia sotto etichette dalle sfumature celestiali come Egeria e Tullia.

    Una scelta che ha già fatto sorridere molti: con i dossier che si ammucchiano e i venti di guerra interna nella maggioranza, la Meloni sembra aver voluto portare in ufficio una sorta di benedizione preventiva. Laica, certo, ma sempre ben gradita. Che sia la soluzione a frizioni con Salvini, tensioni sulla Rai, sondaggi ballerini e persino la grana dell’Autonomia differenziata? Magari l’idea è: meglio giocare d’anticipo, ché tra qualche acciacco e qualche mal di pancia di governo, un bicchiere d’acqua “santa” può fare il miracolo.

    Centomila bottigliette: l’acqua santa si fa… politica

    La commessa parla chiaro: 66 mila bottigliette da mezzo litro di acqua naturale e altre 34 mila di acqua frizzante. Tutte rigorosamente in vetro (vuoto a rendere, ovviamente, per rispetto dell’ambiente e forse anche della Provvidenza). Totale: 100 mila bottiglie da qui al 2026. Insomma, se in aula o nelle riunioni riservate qualcuno dovesse improvvisamente avere la gola secca, nessun problema: l’Acqua Santa è già a portata di mano.

    Lo sconto “divino”: solo 23 centesimi a bottiglia

    Va detto che l’Acqua Santa non ha nemmeno fatto miracoli sul prezzo, ma quasi: ogni bottiglietta costerà 0,23 euro più IVA, per un totale di 23 mila euro circa (più tasse). Una cifra contenuta, tanto che in rete qualcuno ironizza: “È l’unica cosa che costa meno del caffè al bar a Palazzo Chigi”.

    Superstizione o semplice idratazione?

    A chi fa notare che il richiamo all’Acqua Santa suona vagamente scaramantico, c’è già chi risponde: con i tempi che corrono, meglio avere a portata di mano un piccolo “esorcismo” in bottiglia, anche solo contro i continui fuochi incrociati della politica. E poi, va detto, a Roma l’Acqua Santa è famosa da secoli per sgorgare fresca dalla sorgente delle Capannelle, amata da imperatori e plebei. Perché allora non affidarsi a una buona tradizione romana per fronteggiare le rogne quotidiane da premier?

    Acqua, sudore e un pizzico di ironia

    Di certo questa fornitura è destinata a diventare il tormentone tra i corridoi del potere: “Hai bevuto l’Acqua Santa oggi?”, potrebbe essere il nuovo mantra tra funzionari e sottosegretari. Soprattutto nei momenti in cui il governo appare più assetato di miracoli che di voti.

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      Politica

      Meloni-Salvini, la resa dei conti: Giorgia minaccia di svuotargli il partito, Matteo fa il bimbominkia della maggioranza

      Dopo l’ennesimo sgarbo sul filo diretto con Trump, Giorgia Meloni perde la pazienza e lancia l’ultimatum a Salvini: “Se continua così, gli svuoto la Lega”. Ma il vicepremier rilancia, tra ripicche e provocazioni da scuola media.

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        Giorgia Meloni ha finito la pazienza. Non con Putin, non con Bruxelles e neppure con Macron, ma con il suo vicepremier Matteo Salvini. Un logoramento silenzioso che adesso diventa guerra aperta. Perché Meloni lo ha detto chiaro ai suoi fedelissimi e il messaggio è già rimbalzato nelle redazioni: “Se dopo il congresso della Lega del 6 aprile non la smette, gli svuoto il partito”.

        Sì, avete letto bene: “gli svuoto il partito”. Altro che diplomazia tra alleati, qui si ragiona a colpi di sprangate politiche. È l’avviso da ultimatum che Giorgia ha consegnato ai suoi, stanca di quello che definiscono il “sabotaggio sistematico” di Salvini. L’irritazione di Palazzo Chigi è ai massimi storici: l’uomo che dovrebbe essere il suo alleato più leale si comporta come uno scolaretto che fa i dispetti alla maestra.

        Matteo, infatti, non fa che infilare bastoni tra le ruote: da Macron all’Ucraina, dai dazi alle intese con Trump, fino al dossier Starlink. L’ultima provocazione è la telefonata a sorpresa con J.D. Vance, braccio destro di Donald Trump. Uno smacco istituzionale per la premier, che nel frattempo sta lavorando al suo viaggio a Washington. Così, mentre Giorgia si prepara per la Casa Bianca, Salvini si accredita di soppiatto come interlocutore privilegiato degli ambienti trumpiani.

        “Non se ne può più”, sospirano a Palazzo Chigi. “O Matteo rientra nei ranghi o lo svuotiamo in Aula e nei territori”. E mentre i colonnelli di FdI pregustano già il colpo basso, Salvini ride sotto i baffi, minimizza e continua a fare capolino in ogni vicolo possibile del centrodestra per mettere Giorgia all’angolo.

        Lo scontro si è consumato anche alla Camera: Galeazzo Bignami, uomo ombra della premier, ha lanciato la frecciatina velenosa a Salvini parlando di “chi baciava la pantofola a Mosca”. Il riferimento era chiaro e il destinatario ha incassato senza fiatare.

        Nel frattempo, la faida è ormai sotto gli occhi di tutti. L’unico a fingere che sia ancora tutto rose e fiori è Salvini stesso: “Guerra con Meloni? Non scherziamo”, dice ai giornalisti. Ma ormai persino tra i meloniani si sente mormorare: “Matteo gliel’ha giurata da quando è uscito quel libro del Fatto che lo ridicolizzava, dando a intendere che dietro ci fosse proprio Giorgia”.

        Così, mentre l’Europa si prepara al caos geopolitico e gli Stati Uniti osservano da lontano, in Italia la politica sembra inchiodata a una lite da cortile, tra sgarbi da bar sport e minacce da film di quartiere. E nel mezzo ci siamo noi, spettatori ormai assuefatti che forse – chissà – un giorno troveranno la forza di chiedere: ma quando la finite?

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          Politica

          Ministri, nomine e una storia d’amore finita male: il caso Sangiuliano-Boccia diventa un thriller giudiziario

          Sfregi, litigi, minacce e una presunta gravidanza: la Procura cerca di capire chi ricattava chi nella soap politica della scorsa estate

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            Altro che commedia romantica, questa è una soap opera di potere, intrighi e colpi di scena. Una relazione lampo, poi la rottura, poi il dramma, poi il tribunale. Sul banco degli interrogati oggi c’è Maria Rosaria Boccia, imprenditrice dal curriculum brillante e, soprattutto, ex compagna di Gennaro Sangiuliano, costretto alle dimissioni dopo lo scandalo scoppiato la scorsa estate. Gli inquirenti della Procura di Roma stanno cercando di capire chi ha ricattato chi in questa vicenda che sembra uscita direttamente da un manuale su come bruciare una carriera in pochi mesi.

            Dall’amore alla guerra: una consulenza saltata e la vendetta

            Tutto sarebbe iniziato con una relazione segreta, nata tra maggio e agosto 2024. Tre mesi di idillio, se così vogliamo chiamarlo, tra il ministro e l’imprenditrice. Poi qualcosa si rompe. Forse l’assegnazione di un incarico di consulenza – non retribuito, si badi bene – a Boccia, prima concesso e poi revocato. Insomma, il classico “non è come sembra” che si trasforma in un inferno. Da quel momento la donna avrebbe cominciato a fare pressione sull’ex compagno, con messaggi, chiamate e richieste sempre più insistenti.

            La ciliegina sulla torta? Una presunta gravidanza, usata – secondo la versione di Sangiuliano – come leva per ottenere qualcosa in cambio. Un’arma di ricatto perfetta. O almeno, così sospetta la Procura.

            Minacce, botte e una fede sparita nel nulla

            Se fosse un film, saremmo alla scena del litigio furioso. Solo che qui non siamo in un film, e il protagonista è un ex ministro della Repubblica. Tra le prove presentate da Sangiuliano c’è un selfie che lo ritrae con una ferita alla testa. Il motivo? Un’aggressione avvenuta durante una lite con la Boccia. E non è finita qui. Pare che nel mezzo della tempesta sentimentale sia sparita anche la fede matrimoniale dell’ex ministro, a cui ora – oltre alla reputazione politica – mancherebbe pure un simbolo di unione.

            Per non parlare delle accuse di hackeraggio del telefono, perché la storia non sarebbe completa senza un bel sospetto di spionaggio tecnologico. Insomma, tutto il repertorio di una battaglia che di romantico ormai ha ben poco.

            Sanremo, lo sfregio e la lite che ha fatto crollare tutto

            Se questa storia fosse un romanzo, la notte tra il 16 e il 17 luglio sarebbe il capitolo che prelude al gran finale. Siamo a Sanremo, un’ambientazione perfetta per drammi sentimentali. I messaggi tra i due raccontano una tensione alle stelle. “Sfregiato (…) Se non fossi stata tu, avrei picchiato durissimo”, scrive Sangiuliano. Dall’altra parte, Boccia non fa nulla per placare gli animi: “Mi hai portato a un punto imbarazzante (…) Mi hai fatto diventare una iena”.

            Insomma, l’idillio è definitivamente svanito e ora siamo alla parte in cui volano insulti, accuse e, a quanto pare, anche schiaffi.

            La gravidanza: bluff o verità?

            Ma ecco la questione più spinosa: Maria Rosaria Boccia era davvero incinta? O si trattava di un tentativo disperato di tenere in pugno il ministro?

            La Procura ha acquisito un altro scambio di messaggi piuttosto ambiguo. “Sei incinta?”, chiede Sangiuliano. Lei risponde con un enigmatico: “Sono disposta ad andare anche all’estero”. Come dire: se servisse, potrei anche farmi da parte. Ma lui, a quanto pare, cerca di giocare d’anticipo e prova a chiudere la questione nel modo più diplomatico possibile: “Da me non devi temere nulla”.

            Poi, il colpo di scena. Il 2 agosto, l’ex ministro si lascia sfuggire una frase che suona quasi come una resa: “Se tu fossi incinta di me, sarei stato felicissimo”. Qualche giorno dopo, la Boccia risponde con una frase altrettanto ambigua: “Sarai libero di viverti questa esperienza come vorrai nel rispetto di tuo figlio”. Un modo elegante per dire che il bambino c’è davvero? Oppure solo un ultimo colpo di scena in un copione già fin troppo intricato?

            Ora decide la Procura: stalking, lesioni e un finale ancora aperto

            Adesso Boccia è sotto interrogatorio. Davanti a lei ci sono il pm Giulia Guccione e l’aggiunto Giuseppe Cascini, che stanno esaminando ogni dettaglio del suo racconto. Se le accuse venissero confermate, il finale sarebbe tutt’altro che romantico. La Procura potrebbe chiudere l’indagine con accuse pesantissime: lesioni personali, minacce e stalking ai danni di un ex ministro.

            Sangiuliano, dal canto suo, ha fornito un dossier dettagliato: messaggi, audio, foto. La difesa dell’imprenditrice, invece, punta a smontare tutto, parlando di un attacco mediatico e di una storia trasformata in farsa.

            Chi ha ragione? Per ora, la sceneggiatura è aperta. Quello che è certo è che questa storia non è più un affaire privato, ma una bomba politica e giudiziaria.

            Se ne parlerà ancora a lungo. E chissà, magari un giorno diventerà anche un film.

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              Politica

              Aveva una casetta piccolina in… Albania. Giorgia Meloni e il sogno di una villetta (con piscina)

              Giorgia Meloni non resiste al fascino dell’Albania: villetta con piscina, trattoria a lei dedicata e un paradiso naturale. Mentre i lavori per i Centri di accoglienza languono, la premier già sogna cene circondata dai suoi stessi ritratti.

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                E se alla fine, in Albania, al posto dei migranti ci finisse proprio Giorgia Meloni? l’ipotesi è tutt’altro che azzardata almeno a vedere quello che scrivono i giornali di Tirana che riportano dell’interesse della premier per le coste del paese delle aquile.

                Giorgia Meloni sembra infatti aver trovato la sua nuova passione, e non si tratta solo di politica. L’Albania, con i suoi paesaggi mozzafiato e le sue coste affacciate sul mare Adriatico, pare aver catturato il cuore della premier italiana. Al punto chestarebbe pianificando l’acquisto di una lussuosa villetta in un resort nuovissimo a Palasë, nella contea di Valona. Una scelta non casuale, se si considera che questa località è a pochi passi dal mare, perfetta per chi cerca un po’ di relax lontano dalle turbolenze della politica.

                La proprietà, che vanta un ampio giardino e una piscina privata, sarebbe l’ideale per un’estate all’insegna del lusso e della discrezione. Senza contare che, non troppo distante, c’è la famosa “Trattoria Meloni”, una sorta di luogo di culto dedicato alla premier, già nota per essere diventata un vero e proprio idolo in terra albanese. La trattoria è decorata con ritratti e memorabilia che celebrano la sua figura politica, trasformando un semplice ristorante in un sacrario dedicato a colei che, evidentemente, gode di grande ammirazione locale.

                Immaginate la scena: la premier che, tra un bagno nella sua piscina privata e una passeggiata sulla spiaggia, si concede una cena nella trattoria che porta il suo nome. Un luogo dove potrebbe mangiare le specialità locali sotto lo sguardo benevolo dei suoi stessi ritratti, circondata da un’aura di celebrazione che neanche nei palazzi romani potrebbe trovare.

                Nel frattempo, mentre il sogno albanese di Meloni prende forma, i lavori per la costruzione dei Centri di accoglienza e identificazione procedono con una certa lentezza. La tanto attesa inaugurazione, che doveva avvenire ormai tempo fa, continua a slittare, vittima di continui scaricabarile tra le autorità albanesi e il governo italiano. Ma questi piccoli contrattempi sembrano non turbare troppo la premier, che già immagina di trascorrere le sue prossime vacanze estive in questa sua enclave privata.

                E chissà, tra un tuffo in piscina e una cena nella trattoria che la venera, Giorgia Meloni potrebbe anche trovare l’ispirazione per affrontare le sfide politiche che l’attendono al suo ritorno in Italia. Ma nel frattempo, l’Albania diventa sempre più il suo rifugio dorato, lontano dalle pressioni di Roma e dalle inevitabili scaramucce politiche che attendono solo di essere risolte.

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