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Politica

I 5 Stelle voltano pagina: Grillo cancellato, il garante storico archivia con una battuta e prepara la vendetta

Il Movimento fondato dall’ex comico genovese e da Gianroberto Casaleggio elimina la figura del garante con un voto plebiscitario. Grillo, che ammette di aver “peggiorato il Paese”, non si arrende e medita un nuovo progetto politico mentre ironizza su Conte e il simbolo del Movimento.

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    “Casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte”. Con un saluto che sembra preso in prestito dal Truman Show, Beppe Grillo segna il suo game over con il Movimento 5 Stelle. Il co-fondatore, una delle anime del progetto nato per rivoluzionare la politica italiana, è stato ufficialmente fatto fuori dalla sua creatura. Un voto interno al partito ha sancito con l’80,5% di favorevoli la cancellazione della figura del garante. Una decisione che Grillo, forse, si aspettava, ma che non per questo lascia indifferenti.

    Con ironia tagliente, il comico genovese ha commentato la sua “detronizzazione” con una battuta: “Oz – il soprannome affibbiato all’ex premier Giuseppe Conte – ha preso più voti ora che alle Europee.” Una frecciata diretta, accolta con entusiasmo dai fedelissimi rimasti accanto al fondatore, che non ha mai smesso di prendere di mira l’attuale leader del Movimento, responsabile, a detta di Grillo, di aver snaturato il progetto originale.

    Grillo e l’addio al suo Movimento

    La decisione del Movimento di eliminare il ruolo di garante, incarnato per anni da Grillo, arriva in un momento di declino per i 5 Stelle. Con risultati elettorali ben al di sotto delle aspettative, soglie minime nelle regionali e percentuali inferiori al 10% nelle europee, il partito sembra aver perso l’appeal degli esordi. Grillo, d’altro canto, non ha mai nascosto il suo disincanto verso l’evoluzione del Movimento. Lo aveva detto già un anno fa, ospite da Fabio Fazio: “Ho peggiorato il Paese.”

    Eppure, non è nella sua natura abbandonare il campo senza combattere. Mentre invita i militanti a “andare per funghi” – un consiglio seguito, a quanto pare, solo dall’ex ministro Toninelli – Grillo è già al lavoro per un nuovo progetto politico. Ma il futuro del comico non si giocherà solo sulla scena politica. Una battaglia legale si profila all’orizzonte, con l’ex premier Giuseppe Conte nel mirino.

    Il simbolo conteso e il futuro incerto

    Il nuovo fronte di scontro riguarda il simbolo del Movimento 5 Stelle. Grillo e i suoi legali sono pronti a sfidare Conte nei tribunali, in quella che potrebbe essere la definitiva spaccatura di un partito già in difficoltà. Se il progetto di Grillo dovesse concretizzarsi, il Movimento potrebbe subire una nuova emorragia interna, rischiando di sprofondare ulteriormente nei consensi.

    Mentre i numeri delle ultime elezioni regionali e europee parlano chiaro – percentuali al di sotto del 4% in alcune regioni e un risultato deludente sotto il 10% in Europa – Grillo sembra determinato a non lasciare l’ultima parola ai suoi ex fedelissimi. Tra sarcasmo e strategia, il comico genovese, già promotore di scissioni e di lotte controcorrente, potrebbe presto tornare a far parlare di sé.

    Ma se il suo nuovo progetto sarà in grado di risollevare le sorti di un’idea ormai appannata o se segnerà solo l’ultimo capitolo di una lunga parabola discendente, è ancora tutto da vedere. Quello che è certo è che, per Beppe Grillo, il sipario non è ancora calato. E, come da copione, la sua battaglia sarà all’insegna di sarcasmo e irriverenza.

      Politica

      La guerra (negata) tra Meloni e Mediaset: un conflitto fatto di ciuffi, dossier e ritorsioni

      Dalla vicenda Giambruno agli ultimi sviluppi con Maria Rosaria Boccia, il rapporto tra la premier e il network dei Berlusconi è segnato da continui scontri, smentite e atti ostili. Un conflitto che si gioca tra accuse di dossieraggio e colpi al cuore del Biscione, mentre Mediaset potrebbe tornare a flirtare con la sinistra.

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        Cosa mai potrebbero avere in comune Maria Rosaria Boccia e Andrea Giambruno, oltre a un ciuffo che sfida le leggi della gravità? Sembrerebbe poco, se non fosse che entrambi sono diventati, loro malgrado, protagonisti di un conflitto silenzioso ma sempre più evidente tra il governo di Giorgia Meloni e l’impero mediatico dei Berlusconi. L’intervista a Mediaset di Boccia, annunciata e poi misteriosamente cancellata dal talk show di Bianca Berlinguer, è solo l’ultimo atto di una guerra fredda che dura ormai da tempo.

        Un’invasione inaspettata: Maria Rosaria Boccia a Mediaset

        Maria Rosaria Boccia, esperta pompeiana ed ex consulente dell’ormai ex ministro Gennaro Sangiuliano, doveva apparire su Rete4, ma la sua intervista è stata cancellata all’ultimo minuto. Un atto in cui in molti hanno voluto leggere un’intervento della premier Meloni, irritata per le possibili accuse alla sorella Arianna. Dopo un invito, quello di Bianca Berlinguera a Mediaset, che la premier ha subito classificato come un ‘atto ostile’. Ma questa non è certo la prima volta che i rapporti tra il governo e Mediaset sono stati messi alla prova. Il caso Boccia va infatti ad arricchire un archivio già corposo di tensioni, minacce e ritorsioni che si sono susseguite negli ultimi due anni.

        Il caso Giambruno: un ciuffo che fa tremare Palazzo Chigi

        Ricordiamo tutti la celebre vicenda di Andrea Giambruno, il giornalista di Rete4 e all’epoca compagno della premier. Quando i fuorionda compromettenti sono stati mandati in onda da Striscia la Notizia, a Fratelli d’Italia non hanno certo preso bene l’attacco. Si parlò di “dossieraggio” e si accusò apertamente Mediaset di cannoneggiare Palazzo Chigi. La situazione precipitò rapidamente, portando alla fine della relazione tra Giambruno e Meloni, e a un temporaneo crollo in borsa dell’azienda dei Berlusconi. Solo l’intervento pacificatore di Marina Berlusconi riuscì a calmare le acque, con la presidente di Fininvest che definì Meloni “una donna che stimo molto”.

        La guerra degli spot: Rai contro Mediaset

        Ma le tensioni non si fermarono lì. Poco dopo, il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, propose di innalzare il tetto della pubblicità per la Rai, una mossa vista da Forza Italia come un colpo diretto al cuore del Biscione. Non era la prima volta che si parlava di tagliare il canone e di aumentare gli spot per la Rai, e non sarebbe stata l’ultima. Quando Forza Italia mostrò una certa rimonta alle Europee a discapito della Lega, Salvini non perse tempo a brandire nuovamente quella pistola sul tavolo, rilanciando l’idea di tagliare il canone Rai.

        Pier Silvio Berlusconi e il ruolo di Mediaset

        In questo contesto, il rapporto tra Rai e Mediaset continuò a deteriorarsi. Pier Silvio Berlusconi accusò la Rai di mancato servizio pubblico e di comportarsi come una tv commerciale per inseguire ascolti in calo. Tuttavia, il gelo tra Meloni e il figlio del Cavaliere si sciolse temporaneamente dopo un incontro che portò la premier a ritornare negli studi di rete4, a Quarta Repubblica. Seguì una fase di relativa calma, durante la quale il governo sembrava favorire Mediaset con un decreto che riduceva i fondi per le produzioni indipendenti come Sky e Netflix, guadagnandosi l’appellativo di “pro Mediaset”.

        L’eskimo della sinistra: Mediaset flirta con la dem Schlein?

        Tuttavia, i rapporti si incrinarono di nuovo quando Marina Berlusconi criticò apertamente il governo sui diritti civili, palesando una certa simpatia per Elly Schlein, leader del PD. Una mossa che innervosì non poco gli alleati di destra, preoccupati che Mediaset potesse tornare a indossare l’eskimo della sinistra, come osservò il Foglio nei mesi bui della crisi Giambruno.

        Un conflitto negato, ma evidente

        Così, tra accuse di dossieraggio, ritorsioni economiche e colpi bassi mediatici, la tensione tra il governo Meloni e Mediaset continua a crescere. Ufficialmente, entrambe le parti negano ogni ostilità, ma i segnali di una guerra fredda sono ormai evidenti. Forse non sarà un conflitto dichiarato, ma le schermaglie tra Palazzo Chigi e la galassia Berlusconi sono destinate a continuare. E mentre il ciuffo di Giambruno e quello di Boccia ondeggiano nel vento delle polemiche, resta da vedere chi vincerà questa battaglia sotterranea.

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          Politica

          Il funerale del Movimento 5 Stelle: Beppe Grillo si presenta su un carro funebre e annuncia battaglia

          Un videomessaggio dai toni funebri, trasmesso dal blog di Grillo, segna una frattura insanabile tra il comico e il leader politico. Grillo parla di tradimenti, progetti ignorati e valori smarriti in tre anni di trasformazione in “partitino progressista”.

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            «Il Movimento 5 Stelle è stramorto». È così che Beppe Grillo, cofondatore e garante del M5S, ha definito il progetto politico che aveva contribuito a fondare nel 2009 insieme a Gianroberto Casaleggio. Il comico genovese, in un videomessaggio trasmesso ieri dal suo blog alle 11:03, ha intonato un vero e proprio “de profundis” per il movimento che, secondo lui, avrebbe perso completamente la sua identità e i suoi valori fondanti.

            Seduto al volante di un carro funebre, Grillo ha parlato con toni severi, denunciando il presunto tradimento dei principi originari del M5S e puntando il dito contro Giuseppe Conte, definito un “Mago di Oz” capace solo di incantare eletti ed elettori. «Quando venivo giù in quell’ufficio che mi era stato concesso, non veniva nessuno», ha detto con amarezza, sottolineando un profondo isolamento.

            Conte nel mirino: «Valori traditi e zero risposte ai miei progetti»

            Grillo ha accusato Conte di aver trasformato il movimento in un “partitino progressista” che non rappresenta più i cittadini. «Non facciamo neanche i giochetti che faceva la Democrazia cristiana vent’anni fa», ha detto, riferendosi alle alleanze del “campo largo” e agli accordi regionali con il Partito Democratico.

            Nel suo discorso, Grillo ha elencato una serie di proposte, definite “stelle polari”, che avrebbe sottoposto a Conte negli ultimi anni, senza però ricevere mai risposta. Tra queste, la “legge anti-zombie” per limitare i cambi di casacca parlamentari, una riforma per facilitare le decisioni condominiali e misure per ridurre il consumo energetico e l’orario di lavoro.

            «Gli ho detto: fammi dare una mano. Gli ho mandato cinquantina di progetti meravigliosi, ma lui non si è mai fatto trovare. Questo comportamento, questa sindrome compulsiva di proiezione, ha distrutto l’identità del Movimento», ha aggiunto il garante.

            Un movimento “compostabile” e il declino elettorale

            Secondo Grillo, il declino del M5S è evidente: dal 25% dei consensi è sceso a “meno della metà”, mentre i valori originari, come la trasparenza e la partecipazione dal basso, sono stati abbandonati. «Non c’è più niente. Vedere questo simbolo rappresentato da queste persone mi dà un senso di disagio», ha affermato il comico, ribadendo la sua visione del Movimento come un’entità “compostabile”, pronta a sparire se necessario.

            Il distacco con Giuseppe Conte è apparso insanabile, con accuse personali e politiche lanciate senza filtri. Grillo ha descritto il leader politico come un uomo che lo considera un “sopraelevato” e che ha costruito il proprio successo personale sulle macerie del progetto originale.

            Un futuro incerto tra nostalgie e recriminazioni

            La diretta, seguita da poco più di duemila utenti, ha segnato il tramonto di quella che era stata definita una delle rivoluzioni politiche più innovative degli ultimi decenni. Lontani i tempi degli streaming seguiti da milioni di italiani, il messaggio di Grillo si è concluso con toni amari, tra rivendicazioni e recriminazioni.

            Mentre il comico si dice pronto a mantenere il suo ruolo di garante, il Movimento sembra ormai aver preso una strada autonoma sotto la guida di Conte. Resta da vedere se il messaggio di Grillo avrà un impatto significativo o se sarà l’ultimo capitolo di una storia che aveva promesso di cambiare la politica italiana, ma che oggi sembra destinata a dissolversi.

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              Politica

              Meloni superstar: quasi mezzo milione di euro grazie ai suoi libri, altro che solo politica!

              I redditi dei parlamentari italiani del 2024 sono pubblicati online: la presidente del Consiglio vede un significativo aumento dei suoi guadagni, alimentato dai successi editoriali. La differenza con gli altri leader politici è notevole, e non mancano le sorprese.

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                I redditi dei parlamentari per il 2024 sono finalmente online, e le cifre che emergono hanno già fatto parlare. Chi domina questa classifica è niente meno che Giorgia Meloni, che ha visto i suoi guadagni esplodere in un solo anno, passando da 293.531 a ben 459.460 euro. La premier non ha guadagnato solo con la sua indennità parlamentare, ma soprattutto grazie ai suoi bestseller: “Io sono Giorgia” e “La versione di Giorgia”, scritto in collaborazione con Alessandro Sallusti. Entrambi i libri hanno fatto centro, con le loro tirature capaci di portare cifre da capogiro, e con Meloni che incassa a tutto spiano grazie al gruppo Mondadori, quello di proprietà berlusconiana. Ironia della sorte? Può darsi, ma di certo non dispiace a Giorgia.

                Mentre lei può brindare ai suoi successi editoriali, c’è qualcuno che invece potrebbe guardarla con un pizzico di invidia. Chi? Matteo Salvini, ovviamente. Il vicepremier leghista dichiara un reddito di lavoro di “soli” 99.699 euro, invariato rispetto all’anno scorso. Forse c’è poco da sorprendersi, dato che Salvini non ha (ancora) pubblicato nessun libro capace di generare valanghe di vendite. In più, ha deciso di liberarsi delle azioni che aveva detenuto in A2A, Acea Spa ed Enel, per evitare polemiche, lasciandosi comunque qualche soldino da parte per le spese di ristrutturazione e misure antisismiche che gli hanno fruttato 1.346 euro di detrazioni.

                Quello che manca all’appello, almeno per ora, è Antonio Tajani, il secondo vicepremier e attuale ministro degli Esteri, che non ha ancora presentato la sua dichiarazione. Ma non preoccupatevi, c’è tempo. Anche perché la pubblicazione dei redditi dei parlamentari è un evento che si rinnova ogni anno, come un rituale dove si contano i soldi più che i voti.

                Tra i grandi leader di partito, invece, c’è chi rimane immutato. Elly Schlein, la segretaria del Partito Democratico, dichiara gli stessi 98.471 euro del 2023, il che la posiziona ben lontana dalle vette di Meloni. Non va meglio a Nicola Fratoianni, il leader di Sinistra Italiana, che si ferma a circa 99 mila euro, senza variazioni rispetto all’anno precedente.

                Nel cosiddetto “campo largo” troviamo anche Angelo Bonelli, portavoce dei Verdi, con circa 101 mila euro. Giuseppe Conte, il leader del Movimento 5 Stelle, come anche Matteo Renzi e Carlo Calenda, non hanno ancora consegnato i loro documenti. Anche loro avranno di che fare i conti, sia con il fisco sia con i loro elettori.

                Insomma, mentre Giorgia si gode il successo editoriale e il denaro che ne deriva, molti altri colleghi restano ancorati a stipendi più “umani”. Chissà, magari la politica italiana potrebbe vedere un’ondata di nuove autobiografie, con qualche politico pronto a lanciarsi nel mondo letterario. In fin dei conti, sembra che i libri paghino più della politica.

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