Politica
Processo Open Arms: chiesti sei anni per Salvini sotto accusa per aver negato i diritti dei naufraghi
Matteo Salvini avrebbe abusato del suo ruolo di ministro per ostacolare lo sbarco di 147 migranti, ignorando i diritti umani fondamentali e cercando un guadagno politico a scapito delle vite in mare.
Il processo Open Arms che vede imputato Matteo Salvini si è trasformato in un atto d’accusa contro un ex ministro che, secondo la procura, ha sfruttato la sua posizione per perseguire fini politici, calpestando i diritti umani. Sei anni la richiesta dei pm per sequestro di persona. Le scelte di Salvini durante l’estate del 2019, quando negò l’accesso a un porto sicuro per 147 migranti soccorsi dalla nave Open Arms, non sarebbero state motivate dalla difesa dei confini, bensì dal desiderio di consolidare il proprio consenso politico, anche a costo di violare leggi internazionali e diritti fondamentali.
L’accusa: abuso di potere per fini politici
«Non si può invocare la difesa dei confini senza tenere conto della tutela della vita umana in mare», ha esordito la procuratrice aggiunta Marzia Sabella, che non ha esitato a definire le azioni di Salvini un abuso di potere volto a ottenere un ritorno politico. Secondo l’accusa, l’ex ministro avrebbe scavalcato ogni principio di umanità e ogni norma internazionale per ergersi a difensore della sovranità nazionale, ignorando deliberatamente il diritto dei migranti a essere soccorsi e messi in salvo.
Una scelta politica mascherata da atto amministrativo
La requisitoria della procura di Palermo è stata chiara: le decisioni di Salvini non furono un atto di governo, ma una scelta personale, un’iniziativa che andava oltre la linea politica ufficiale dell’esecutivo Conte 1. L’azione dell’ex ministro, sostenuta solo in parte dal governo, è stata descritta come una mossa calcolata per rafforzare la propria immagine pubblica a scapito dei diritti umani. «Il ministro Salvini ha fatto prevalere l’obiettivo della redistribuzione dei migranti sulla salvaguardia dei loro diritti umani», ha sottolineato Sabella, ricordando come anche il premier di allora, Giuseppe Conte, avesse sconfessato queste iniziative.
Un muro contro la vita umana
Nell’estate del 2019, Salvini non si limitò a negare un porto sicuro alla nave della Ong spagnola: eresse un vero e proprio muro nel Canale di Sicilia, lasciando in balia del mare 147 persone, tra cui minori, in una condizione precaria. La procura non usa mezzi termini, parlando di «illegittima privazione della libertà personale» perpetrata ai danni di questi migranti, costretti a rimanere a bordo della nave per giorni, fino all’intervento della procura di Agrigento che ne ordinò lo sbarco.
La difesa dei confini come strumento di propaganda
La difesa di Salvini, guidata dall’avvocata Giulia Bongiorno, cerca di spostare l’attenzione su una presunta linea politica condivisa dal governo, ma l’accusa rimane ferma: quella di Salvini fu una scelta deliberata, volta a fare propaganda politica sulla pelle di esseri umani disperati. Il pm Geri Ferrara ha evidenziato come la decisione di non concedere il “place of safety” (Pos) non fosse giustificata da alcuna reale preoccupazione per la sicurezza nazionale, ma fosse piuttosto un tentativo di alimentare il consenso elettorale, sfruttando la paura e l’insicurezza diffuse nel Paese.
La responsabilità del ministro
Salvini ha invocato la difesa dei confini come scusa per le sue azioni, ma la procura ha demolito questa linea difensiva, sottolineando che «i diritti dell’uomo vengono prima della difesa dei confini». L’ex ministro, secondo l’accusa, ha manipolato la situazione per apparire come un baluardo contro l’immigrazione clandestina, ignorando deliberatamente le convenzioni internazionali che impongono agli Stati l’obbligo di soccorso in mare. «Salvini ha trasformato una questione umanitaria in un’opportunità per alimentare la sua retorica politica», ha accusato Ferrara.
Un processo che va oltre la politica
Il processo a Palermo non è semplicemente un confronto tra linee politiche, ma un giudizio su come un ministro abbia sfruttato il suo potere per ottenere un vantaggio personale a spese dei diritti umani. «La competenza di concedere un porto sicuro era di Salvini», ha ribadito la procura, e la sua decisione di non farlo, pur di mantenere il sostegno popolare, lo pone ora di fronte a un’accusa gravissima: quella di aver anteposto la propaganda politica alla vita di esseri umani in pericolo.
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Politica
Antonio De Matteo tra cinema e televisione: l’attore di “Mare Fuori” torna con film e serie che lo vedono protagonista
Antonio De Matteo, conosciuto per il ruolo di Lino in Mare Fuori, si prepara a una stagione ricca di progetti che lo consacrano come uno dei volti più interessanti del panorama artistico italiano. Nei prossimi mesi, lo vedremo impegnato sia sul grande che sul piccolo schermo, con interpretazioni che spaziano dal dramma storico alla commedia poliziesca.
Antonio De Matteo, noto al grande pubblico come il Lino di Mare Fuori, è pronto a emozionare i suoi fan con nuovi progetti che lo vedono protagonista in importanti produzioni. Nei prossimi mesi, l’attore sarà impegnato su più fronti, dal cinema alla televisione, con ruoli che promettono di sorprendere.
Nel cast di Mia, il nuovo film di Valentina De Amicis
De Matteo è tra gli interpreti principali di Mia, film diretto da Valentina De Amicis, al fianco di Matteo Paolillo ed Ester Pantano. La pellicola, girata nelle Marche tra Loreto, Porto Recanati, Sirolo, Ancona, Numana e Osimo con il supporto della Marche Film Commission, racconta una storia intensa e ricca di colpi di scena. De Matteo, in un ruolo ancora avvolto nel mistero, promette di lasciare il segno: «Sarò un personaggio del tutto inaspettato, che irromperà nella vita della protagonista, ma poi andate a vederlo al cinema», ha dichiarato enigmatico l’attore.
Un tassista nella storia: Pasquale Rotondi
Tra i prossimi progetti, De Matteo sarà co-protagonista di Pasquale Rotondi (titolo provvisorio), film diretto da Roberto Dordit, con Simone Liberati e Lia Greco. Ambientato tra il 1939 e il 1943, il film racconta vicende legate alla Seconda Guerra Mondiale. L’attore interpreta Augusto Pratelli, un tassista di Urbino coinvolto in eventi storici che promettono di affascinare il pubblico.
In arrivo su Sky Cinema: Piedone – Uno sbirro a Napoli
Dal 2 dicembre, Antonio De Matteo sarà anche su Sky Cinema con Piedone – Uno sbirro a Napoli, rivisitazione del classico di Bud Spencer. La serie, suddivisa in quattro episodi, vede Salvatore Esposito nei panni del celebre poliziotto, affiancato da Fabio Balsamo, Silvia D’Amico e la regia di Alessio Maria Federici. De Matteo interpreta il miglior amico di Piedone, un “operatore sociale” sui generis, che torna nella sua vita dopo anni trascorsi all’estero. «Un personaggio super positivo, con un’energia travolgente», ha rivelato l’attore.
Antonio De Matteo si conferma così un volto sempre più presente e poliedrico nel panorama cinematografico e televisivo italiano, pronto a regalare nuove emozioni al pubblico.
Politica
Maria Rosaria Boccia, spuntano documenti choc: quella prima laurea in Economia Aziendale non esisterebbe!
In atti del 2011 e 2012, la stessa Boccia si dichiara “diplomata”, mentre nel profilo LinkedIn, poi rimosso, millantava una laurea in Economia Aziendale del 2005 e una recente. Con la prima laurea ormai smentita, il caso si fa sempre più controverso e il curriculum dell’imprenditrice rischia di sgretolarsi.
Nuove ombre sul curriculum di Maria Rosaria Boccia: il settimanale “Oggi” pubblica documenti che metterebbero in discussione la legittimità della prima delle sue due lauree in Economia Aziendale. Un colpo di scena che porta a chiedersi quanto di vero ci sia nella narrazione accademica dell’imprenditrice di Pompei, già al centro di polemiche per le sue frequenti revisioni del passato.
Quello che lascia a bocca aperta è che la fonte di questi documenti è proprio Maria Rosaria Boccia stessa. Lo scorso 30 ottobre, forse nel tentativo di sviare l’attenzione, ha condiviso sui social una copia della sentenza di divorzio. Eppure, in quegli atti ufficiali del 2011 e 2012, risulta chiaramente “diplomata”. Nella prima pagina del ricorso, in bella vista, compare la dicitura “di professione commerciante e titolo di studio diploma”. Insomma, nessuna traccia di lauree!
Ma l’imprenditrice, fino a poco tempo fa, era stata molto chiara nella sua bio su LinkedIn, dove vantava due titoli accademici: uno in Economia Aziendale, conseguito nel 2005 presso l’Università degli Studi Parthenope di Napoli, e una seconda laurea, completata nel 2023 in modalità telematica. Non solo la Boccia sfoggiava un titolo “tardivo” di dubbia utilità, ma anche una laurea in economia che oggi sembra frutto della sua fantasia.
Se le rivelazioni di “Oggi” sono veritiere, la prima laurea della Boccia si dissolverebbe come una bolla di sapone. E viene da chiedersi: qual è il motivo di questo gioco di prestigio accademico? Perché costruire un curriculum su un falso titolo? I documenti sono chiari, e l’immagine dell’imprenditrice rischia ora di essere travolta da questo crollo di credibilità.
Intanto, gli osservatori più attenti si interrogano su cosa possa ancora emergere dalle ricerche che continuano a scavare nel passato della Boccia.
Politica
Caso Santanchè: Ki Group Holding sull’orlo del fallimento, debiti e indagini travolgono il “gioiellino bio”
Dopo la composizione negoziata fallita, gli avvocati che assistono Ki Group Holding spa rinunciano all’incarico, lasciando l’azienda bio sempre più vicina alla liquidazione giudiziale. L’Agenzia delle entrate presenta istanza per il fallimento, mentre la Procura di Milano continua a indagare sulla gestione della ministra Santanchè e dell’ex compagno.
Nuovi guai per Daniela Santanché. Dopo il collasso di Ki Group srl e Biofood, ora anche Ki Group Holding spa – la società che fino alla fine del 2021 è stata nelle mani della ministra del Turismo e del suo ex compagno, l’imprenditore Canio Mazzaro – si trova a un passo dal baratro, con oltre 400 mila euro di debiti verso il Fisco. La situazione, già precaria da tempo, ha spinto l’Agenzia delle entrate a chiedere l’intervento del Tribunale di Milano per avviare la procedura di liquidazione giudiziale. La “rottamazione-quater”, che avrebbe dovuto dare respiro alle casse della società, non ha portato i frutti sperati: anche questa strada è fallita con il mancato pagamento delle rate.
I pm valutano l’ipotesi di bancarotta
La Procura di Milano, sotto la guida di Marcello Viola, continua a indagare sul ruolo dell’imprenditrice di Fratelli d’Italia nella gestione della società, il cui declino sembra proprio coincidere con la presenza di Santanchè e Mazzaro. La loro amministrazione, tra mancati pagamenti e tentativi infruttuosi di risanamento, ha trasformato quello che un tempo era considerato un “piccolo gioiellino bio” in un’impresa in perenne crisi. E mentre i pm valutano l’ipotesi di bancarotta – ipotesi esclusa in precedenza per il caso Visibilia, legato invece all’accusa di falso in bilancio – la situazione di Ki Group Holding si fa sempre più critica.
Il tentativo di risanamento è naufragato
L’istanza per la liquidazione giudiziale, firmata dall’avvocato Carlo Dall’Asta, è stata depositata martedì. Non è la prima volta che la società tenta di rimanere a galla: già i pm Marina Gravina e Luigi Luzi avevano richiesto il fallimento per l’intero gruppo, ma la Holding era riuscita a ottenere una composizione negoziata della crisi, protetta da misure temporanee. Tuttavia, anche questo tentativo di risanamento è naufragato, e gli avvocati che assistevano la società in sede civile hanno rinunciato all’incarico, lasciando la Ki Group Holding sempre più isolata.
L’Agenzia delle entrate, che vanta crediti per oltre 414 mila euro, ha tentato di recuperare il proprio credito tramite pignoramenti, senza però ottenere alcun successo. Di fronte a questa situazione disperata, ha deciso di rivolgersi al Tribunale per far dichiarare lo “stato di insolvenza” della società, considerata incapace di onorare le proprie obbligazioni. Come si legge nell’istanza, la decadenza dal beneficio della rateazione e l’esito negativo dei pignoramenti sinora eseguiti sono la prova di un’azienda ormai incapace di risollevarsi.
L’appuntamento per discutere il destino di Ki Group Holding è fissato per il 14 novembre, data in cui verranno anche esaminate le sorti di Bioera, altra società della galassia bio associata a Santanchè e Mazzaro. La domanda, ormai, sembra essere una sola: ci sarà ancora spazio per un nuovo miracolo finanziario, o assisteremo all’ennesimo epilogo amaro per un’azienda italiana che non è riuscita a mantenere le promesse?
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