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Politica

Report e Le Iene contro Giuli e Sangiuliano, ma i tanto strombazzati scoop si rivelano una “minestrina riscaldata”

Alla vigilia, Report e Le Iene annunciano scoop esplosivi, ma finiscono per ripetere accuse già note. Tra omissioni, consulenti improbabili e l’ombra di Evola, il Ministero della Cultura si riduce a una commedia triste che non riesce più neppure a indignare.

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    Tanto tuonò che… non piovve. Chi attendeva il doppio appuntamento di Report e Le Iene con grandi aspettative e secchielli di popcorn, sperando in scoop imperdibili capaci di terremotare nuovamente la compagine di Governo, probabilmente è rimasto deluso. Certo, la trasmissione di Sigfrido Ranucci ha sparato ad alzo zero contro il neo-ministro Alessandro Giuli, accusandolo di vicinanza a posizioni neonaziste e movimenti esoterici. Ne ha passato ai raggi X la formazione in ambienti di estrema destra, per arrivare alle consulenze per la Lega e all’amicizia con Giorgia Meloni.

    Giuli non ne esce bene

    Il titolare del dicastero di via del Collegio Romano, dal canto suo, non ne è uscito certo bene, finendo per fare la figura del dilettante allo sbaraglio: prima alla direzione del Maxxi – dove ha confessato ai suoi dipendenti di “non sapere nemmeno da dove cominciare a dirigere un museo” – e poi addirittura al Ministero della Cultura, dove è partito con il piede sbagliato nominando capo gabinetto il fedelissimo Francesco Spano. Dimessosi poi dopo neppure quindici giorni – tra gli insulti irripetibili degli immancabili esponenti omofobi di Fratelli d’Italia – per aver confermato al marito avvocato incarichi di consulenza a molti zeri.

    Cose risapute

    “Giuli negli anni ha dichiarato di essersi profondamente allontanato dalla destra neonazista. Tuttavia – dice Sigfrido Ranucci – ogni tanto nei suoi scritti e discorsi emerge ancora l’eco dell’influenza di Julius Evola, filosofo del nazismo e figura cardine della Scuola di mistica fascista degli anni ’30. Da giovane il neo-ministro ha militato nella formazione neofascista romana Meridiano Zero. E più recentemente, nel 2017, ha realizzato il programma culturale della Lega di Salvini premier: ‘Questa è la cultura di Giuli?’ si chiede Ranucci.” Parole sante: in un Paese civile ce ne sarebbe abbastanza per mandarlo a casa, ma sono cose già sapute e risapute.

    La sua gestione del Maxxi

    Report passa poi alla sua gestione del Maxxi, inaugurata con una serata “culturale” a dir poco pecoreccia in compagnia di Vittorio Sgarbi e del cantante Morgan, criticata dagli stessi dipendenti del museo per la trivialità del linguaggio e la volgarità degli argomenti trattati. Segue il raffronto dei dati sulle mostre e sui visitatori del museo, che evidenzia un netto calo nel 2023 rispetto all’anno precedente. “Tutte le risorse perse con la diminuzione di biglietti e il crollo degli sponsor sono state ripianate con soldi pubblici”, chiosa Report, aprendo così il capitolo della “gestione allegra” dei fondi statali. Ma anche qui, novità?

    Il Marchese del Grillo

    Forse la parte più scandalosa è proprio quando, intercettato per strada, Giuli si rifiuta sdegnosamente di chiarire. “No, non devo smentire nessuno. Portatemi le carte, grazie” risponde in modo stizzito all’autore dell’inchiesta Giorgio Mottola, come se rendere conto al popolo fosse un di più e non la sintesi del suo lavoro. Una sorta di Marchese del Grillo rivisitato in chiave moderna.

    Taglia e cuci

    Alla fine, quello di Report si rivela un taglia e cuci di cose risapute e ampiamente anticipate, da cui emerge il ritratto di un ministro inadeguato e dal passato tutt’altro che cristallino. E di una gestione del Ministero della Cultura – prima con Sangiuliano e ora con Giuli – squallida e dilettantesca, tra favoritismi, saluti romani e intrecci da operetta.

    Osho consulente

    Non manca neppure il tocco surreale quando Ranucci racconta come Osho – nome d’arte di Federico Palmaroli, il vignettista satirico che la destra al governo sembra aver assurto a maître à penser – sia stato nominato “consulente culturale” per la grande mostra sull’arte futurista. Il quadro (e mai termine fu più consono all’argomento) dipinto da Ranucci & C. è quello di una specie di sagra della porchetta, dove basta essere “amico di…” per ottenere lo status di luminare, avere una nomina a consulente e accedere così ai fondi dello Stato.

    Le Iene, di male in peggio

    A completare il quadro ci pensano Le Iene, che montano uno scoop sulla chiave d’oro da 12mila euro donata dal comune di Pompei a Sangiuliano quando era ministro. E sparita nel nulla. Ma anche qui, niente di nuovo, anzi… tutto è già stato anticipato parola per parola nei giorni scorsi da giornali e agenzie: il gioiello potrebbe essere finito nelle mani di Maria Rosaria Boccia? Saperlo, visto che Gennaro Sangiuliano sbatte in faccia il telefono a chi fa domande scomode e la sua amante-consulente manda a sua volta a quel paese l’inviato di Italia Uno e si rifiuta di parlare.

    Il parente povero

    Alla fine, il servizio di Alessandro Sortino non riesce neanche a dare un accenno di risposta al mistero e fatica a proporre un qualsiasi spunto nuovo che vada oltre al già trito e ritrito dei giorni scorsi. Una minestrina riscaldata imbarazzante che rivela il peso reale di una trasmissione forse troppo sopravvalutata. Con il malcapitato Sortino, obbligato a metterci la faccia, che finisce per fare la figura del poveraccio che tenta d’imbucarsi alla festa (di Report) per raccoglierne almeno le briciole.

    Lo avevamo detto

    Il problema, a conti fatti, è proprio quello che noi di LaC avevamo già denunciato alla vigilia: troppe anticipazioni, trailer e indiscrezioni hanno reso la puntata di Report una specie di sonnolento déjà-vu, privo di qualsiasi spunto capace di far saltare i telespettatori sulla sedia. Certo, è un affronto vedere la cultura italiana – patrimonio inestimabile dell’umanità – maltrattata come il concorrente stonato di una puntata della Corrida di Corrado. Ma purtroppo è una storia triste e risaputa. Non certo un’esclusiva da prima pagina.

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      Politica

      Meloni-Salvini, la resa dei conti: Giorgia minaccia di svuotargli il partito, Matteo fa il bimbominkia della maggioranza

      Dopo l’ennesimo sgarbo sul filo diretto con Trump, Giorgia Meloni perde la pazienza e lancia l’ultimatum a Salvini: “Se continua così, gli svuoto la Lega”. Ma il vicepremier rilancia, tra ripicche e provocazioni da scuola media.

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        Giorgia Meloni ha finito la pazienza. Non con Putin, non con Bruxelles e neppure con Macron, ma con il suo vicepremier Matteo Salvini. Un logoramento silenzioso che adesso diventa guerra aperta. Perché Meloni lo ha detto chiaro ai suoi fedelissimi e il messaggio è già rimbalzato nelle redazioni: “Se dopo il congresso della Lega del 6 aprile non la smette, gli svuoto il partito”.

        Sì, avete letto bene: “gli svuoto il partito”. Altro che diplomazia tra alleati, qui si ragiona a colpi di sprangate politiche. È l’avviso da ultimatum che Giorgia ha consegnato ai suoi, stanca di quello che definiscono il “sabotaggio sistematico” di Salvini. L’irritazione di Palazzo Chigi è ai massimi storici: l’uomo che dovrebbe essere il suo alleato più leale si comporta come uno scolaretto che fa i dispetti alla maestra.

        Matteo, infatti, non fa che infilare bastoni tra le ruote: da Macron all’Ucraina, dai dazi alle intese con Trump, fino al dossier Starlink. L’ultima provocazione è la telefonata a sorpresa con J.D. Vance, braccio destro di Donald Trump. Uno smacco istituzionale per la premier, che nel frattempo sta lavorando al suo viaggio a Washington. Così, mentre Giorgia si prepara per la Casa Bianca, Salvini si accredita di soppiatto come interlocutore privilegiato degli ambienti trumpiani.

        “Non se ne può più”, sospirano a Palazzo Chigi. “O Matteo rientra nei ranghi o lo svuotiamo in Aula e nei territori”. E mentre i colonnelli di FdI pregustano già il colpo basso, Salvini ride sotto i baffi, minimizza e continua a fare capolino in ogni vicolo possibile del centrodestra per mettere Giorgia all’angolo.

        Lo scontro si è consumato anche alla Camera: Galeazzo Bignami, uomo ombra della premier, ha lanciato la frecciatina velenosa a Salvini parlando di “chi baciava la pantofola a Mosca”. Il riferimento era chiaro e il destinatario ha incassato senza fiatare.

        Nel frattempo, la faida è ormai sotto gli occhi di tutti. L’unico a fingere che sia ancora tutto rose e fiori è Salvini stesso: “Guerra con Meloni? Non scherziamo”, dice ai giornalisti. Ma ormai persino tra i meloniani si sente mormorare: “Matteo gliel’ha giurata da quando è uscito quel libro del Fatto che lo ridicolizzava, dando a intendere che dietro ci fosse proprio Giorgia”.

        Così, mentre l’Europa si prepara al caos geopolitico e gli Stati Uniti osservano da lontano, in Italia la politica sembra inchiodata a una lite da cortile, tra sgarbi da bar sport e minacce da film di quartiere. E nel mezzo ci siamo noi, spettatori ormai assuefatti che forse – chissà – un giorno troveranno la forza di chiedere: ma quando la finite?

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          Politica

          Giorgia Meloni e l’acqua “miracolosa” di Palazzo Chigi: ordinate 100 mila bottigliette di Acqua Santa

          La premier porta a Palazzo Chigi una “benedizione” in vetro: assegnata la maxi fornitura a una società dal nome mistico. con qualche ironia, mentre l’esecutivo affronta tempeste politiche

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            Pare che Giorgia Meloni non si fidi solo della cabina di regia e delle riunioni di maggioranza. Per tenere a bada le tensioni che negli ultimi tempi agitano Palazzo Chigi e i suoi alleati, la presidente del Consiglio ha deciso di affidarsi anche… ai santi. O meglio, all’Acqua Santa. Sì, perché a ristorare ministri e staff nei prossimi due anni saranno proprio le bottigliette marchiate “Acqua Santa di Roma Srl”, società di famiglia Mari, che dal 1948 imbottiglia sotto etichette dalle sfumature celestiali come Egeria e Tullia.

            Una scelta che ha già fatto sorridere molti: con i dossier che si ammucchiano e i venti di guerra interna nella maggioranza, la Meloni sembra aver voluto portare in ufficio una sorta di benedizione preventiva. Laica, certo, ma sempre ben gradita. Che sia la soluzione a frizioni con Salvini, tensioni sulla Rai, sondaggi ballerini e persino la grana dell’Autonomia differenziata? Magari l’idea è: meglio giocare d’anticipo, ché tra qualche acciacco e qualche mal di pancia di governo, un bicchiere d’acqua “santa” può fare il miracolo.

            Centomila bottigliette: l’acqua santa si fa… politica

            La commessa parla chiaro: 66 mila bottigliette da mezzo litro di acqua naturale e altre 34 mila di acqua frizzante. Tutte rigorosamente in vetro (vuoto a rendere, ovviamente, per rispetto dell’ambiente e forse anche della Provvidenza). Totale: 100 mila bottiglie da qui al 2026. Insomma, se in aula o nelle riunioni riservate qualcuno dovesse improvvisamente avere la gola secca, nessun problema: l’Acqua Santa è già a portata di mano.

            Lo sconto “divino”: solo 23 centesimi a bottiglia

            Va detto che l’Acqua Santa non ha nemmeno fatto miracoli sul prezzo, ma quasi: ogni bottiglietta costerà 0,23 euro più IVA, per un totale di 23 mila euro circa (più tasse). Una cifra contenuta, tanto che in rete qualcuno ironizza: “È l’unica cosa che costa meno del caffè al bar a Palazzo Chigi”.

            Superstizione o semplice idratazione?

            A chi fa notare che il richiamo all’Acqua Santa suona vagamente scaramantico, c’è già chi risponde: con i tempi che corrono, meglio avere a portata di mano un piccolo “esorcismo” in bottiglia, anche solo contro i continui fuochi incrociati della politica. E poi, va detto, a Roma l’Acqua Santa è famosa da secoli per sgorgare fresca dalla sorgente delle Capannelle, amata da imperatori e plebei. Perché allora non affidarsi a una buona tradizione romana per fronteggiare le rogne quotidiane da premier?

            Acqua, sudore e un pizzico di ironia

            Di certo questa fornitura è destinata a diventare il tormentone tra i corridoi del potere: “Hai bevuto l’Acqua Santa oggi?”, potrebbe essere il nuovo mantra tra funzionari e sottosegretari. Soprattutto nei momenti in cui il governo appare più assetato di miracoli che di voti.

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              Politica

              Ministri, nomine e una storia d’amore finita male: il caso Sangiuliano-Boccia diventa un thriller giudiziario

              Sfregi, litigi, minacce e una presunta gravidanza: la Procura cerca di capire chi ricattava chi nella soap politica della scorsa estate

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                Altro che commedia romantica, questa è una soap opera di potere, intrighi e colpi di scena. Una relazione lampo, poi la rottura, poi il dramma, poi il tribunale. Sul banco degli interrogati oggi c’è Maria Rosaria Boccia, imprenditrice dal curriculum brillante e, soprattutto, ex compagna di Gennaro Sangiuliano, costretto alle dimissioni dopo lo scandalo scoppiato la scorsa estate. Gli inquirenti della Procura di Roma stanno cercando di capire chi ha ricattato chi in questa vicenda che sembra uscita direttamente da un manuale su come bruciare una carriera in pochi mesi.

                Dall’amore alla guerra: una consulenza saltata e la vendetta

                Tutto sarebbe iniziato con una relazione segreta, nata tra maggio e agosto 2024. Tre mesi di idillio, se così vogliamo chiamarlo, tra il ministro e l’imprenditrice. Poi qualcosa si rompe. Forse l’assegnazione di un incarico di consulenza – non retribuito, si badi bene – a Boccia, prima concesso e poi revocato. Insomma, il classico “non è come sembra” che si trasforma in un inferno. Da quel momento la donna avrebbe cominciato a fare pressione sull’ex compagno, con messaggi, chiamate e richieste sempre più insistenti.

                La ciliegina sulla torta? Una presunta gravidanza, usata – secondo la versione di Sangiuliano – come leva per ottenere qualcosa in cambio. Un’arma di ricatto perfetta. O almeno, così sospetta la Procura.

                Minacce, botte e una fede sparita nel nulla

                Se fosse un film, saremmo alla scena del litigio furioso. Solo che qui non siamo in un film, e il protagonista è un ex ministro della Repubblica. Tra le prove presentate da Sangiuliano c’è un selfie che lo ritrae con una ferita alla testa. Il motivo? Un’aggressione avvenuta durante una lite con la Boccia. E non è finita qui. Pare che nel mezzo della tempesta sentimentale sia sparita anche la fede matrimoniale dell’ex ministro, a cui ora – oltre alla reputazione politica – mancherebbe pure un simbolo di unione.

                Per non parlare delle accuse di hackeraggio del telefono, perché la storia non sarebbe completa senza un bel sospetto di spionaggio tecnologico. Insomma, tutto il repertorio di una battaglia che di romantico ormai ha ben poco.

                Sanremo, lo sfregio e la lite che ha fatto crollare tutto

                Se questa storia fosse un romanzo, la notte tra il 16 e il 17 luglio sarebbe il capitolo che prelude al gran finale. Siamo a Sanremo, un’ambientazione perfetta per drammi sentimentali. I messaggi tra i due raccontano una tensione alle stelle. “Sfregiato (…) Se non fossi stata tu, avrei picchiato durissimo”, scrive Sangiuliano. Dall’altra parte, Boccia non fa nulla per placare gli animi: “Mi hai portato a un punto imbarazzante (…) Mi hai fatto diventare una iena”.

                Insomma, l’idillio è definitivamente svanito e ora siamo alla parte in cui volano insulti, accuse e, a quanto pare, anche schiaffi.

                La gravidanza: bluff o verità?

                Ma ecco la questione più spinosa: Maria Rosaria Boccia era davvero incinta? O si trattava di un tentativo disperato di tenere in pugno il ministro?

                La Procura ha acquisito un altro scambio di messaggi piuttosto ambiguo. “Sei incinta?”, chiede Sangiuliano. Lei risponde con un enigmatico: “Sono disposta ad andare anche all’estero”. Come dire: se servisse, potrei anche farmi da parte. Ma lui, a quanto pare, cerca di giocare d’anticipo e prova a chiudere la questione nel modo più diplomatico possibile: “Da me non devi temere nulla”.

                Poi, il colpo di scena. Il 2 agosto, l’ex ministro si lascia sfuggire una frase che suona quasi come una resa: “Se tu fossi incinta di me, sarei stato felicissimo”. Qualche giorno dopo, la Boccia risponde con una frase altrettanto ambigua: “Sarai libero di viverti questa esperienza come vorrai nel rispetto di tuo figlio”. Un modo elegante per dire che il bambino c’è davvero? Oppure solo un ultimo colpo di scena in un copione già fin troppo intricato?

                Ora decide la Procura: stalking, lesioni e un finale ancora aperto

                Adesso Boccia è sotto interrogatorio. Davanti a lei ci sono il pm Giulia Guccione e l’aggiunto Giuseppe Cascini, che stanno esaminando ogni dettaglio del suo racconto. Se le accuse venissero confermate, il finale sarebbe tutt’altro che romantico. La Procura potrebbe chiudere l’indagine con accuse pesantissime: lesioni personali, minacce e stalking ai danni di un ex ministro.

                Sangiuliano, dal canto suo, ha fornito un dossier dettagliato: messaggi, audio, foto. La difesa dell’imprenditrice, invece, punta a smontare tutto, parlando di un attacco mediatico e di una storia trasformata in farsa.

                Chi ha ragione? Per ora, la sceneggiatura è aperta. Quello che è certo è che questa storia non è più un affaire privato, ma una bomba politica e giudiziaria.

                Se ne parlerà ancora a lungo. E chissà, magari un giorno diventerà anche un film.

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