Politica
L’eredità di Sangiuliano: un esercito di consulenti e nomine “di famiglia”
Chi sono i prescelti e quali incarichi strategici sono stati distribuiti? Il nuovo ministro Giuli eredita una lista di consulenti e un sistema di nomine che promettono di far discutere.

Gennaro Sangiuliano, l’ex ministro della Cultura noto più per le sue nomine che per le sue imprese culturali, ha lasciato il Collegio Romano. Ma, prima di spegnere le luci del suo sfarzoso ufficio, ha trovato il tempo di lasciare un’impronta indelebile. No, non stiamo parlando di un monumento o di un’iniziativa culturale rivoluzionaria, ma di una serie di nomine che sembrano più un’eredità di famiglia che una strategia per rilanciare il panorama culturale italiano.
L’ultimo colpo di coda del ministro uscente è stato infatti quello di insediare un numero impressionante di “esperti” in una delle commissioni più ambite del Ministero: quella che seleziona i film da sovvenzionare con i contributi pubblici. Un pozzo senza fondo che distribuisce oltre 50 milioni di euro alle pellicole ritenute degne di supporto statale, e quindi un terreno fertile per piazzare qualche amico o sodale. Sangiuliano, che evidentemente coltivava il sogno di sottrarre l’egemonia culturale alla sinistra, ha deciso di lasciare il suo segno con un’infornata di nomine amiche.
E così, tra un decreto e l’altro, ha infilato una sfilza di consulenti che farebbe invidia alla più attrezzata delle aziende familiari. Il nuovo ministro, Alessandro Giuli, si ritrova ora a gestire un’eredità piuttosto scomoda: ben 18 consulenti nominati da Sangiuliano, con l’ambizione (mancata) di arrivare a 30. Per fare un confronto, il suo predecessore Dario Franceschini si era fermato a 13. Il problema, per Giuli, non è tanto il numero, quanto la qualità delle nomine.
Tra i nomi scelti dall’ex ministro, spiccano alcuni giornalisti d’area e figure note al grande pubblico, come Francesco Specchia di Libero. Ma la vera chicca è la nomina di Manuela Maccaroni, avvocata che era già presidente, a titolo gratuito, dell’Osservatorio per la parità di genere del Ministero. Grazie alla nuova nomina, Maccaroni passerà all’incasso con un modesto compenso di 15 mila euro. Un ultimo regalo di Sangiuliano a una vecchia conoscenza, incontrata anni fa in Rai.
Ma non è finita qui. La lista delle “consulenze amiche” include anche Beatrice Venezi, direttrice d’orchestra che insiste per essere chiamata al maschile in omaggio alla battaglia di Giorgia Meloni contro il femminile forzato. La Venezi, che non ha mai nascosto le sue simpatie di estrema destra (con un padre candidato sindaco per Forza Nuova a Lucca), ha ottenuto una consulenza per la musica del valore di 30 mila euro l’anno. Come se non bastasse, sarà anche alla direzione del concerto per il G7 della Cultura a Pompei, un incarico che si è praticamente auto-assegnata.
Questo sistema di nomine, che potremmo definire con una buona dose di ironia un “sistema tribale”, si fonda su fedeltà politica e legami personali, con un forte accento sulla territorialità. Prendiamo, ad esempio, Silverio Sica, il legale del ministro che ha promesso battaglie giudiziarie contro Maria Rosaria Boccia e i giornalisti “cattivi”. Sica è il fratello di Salvatore Sica, un altro fedelissimo di Sangiuliano, nominato consigliere per la tutela del diritto d’autore e digitalizzazione, e poi promosso presidente del Comitato consultivo per il diritto d’autore. Un’altra bella coincidenza, non trovate?
E non è l’unico caso. Luciano Schifone, un ex eurodeputato di MSI-AN e padre della deputata di FdI Marta Schifone, era stato scelto come consigliere per il Mezzogiorno. Emanuele Merlino, capo della segreteria tecnica di Sangiuliano, ha una storia familiare altrettanto interessante: è figlio di Mario Merlino, un tempo estremista di destra coinvolto in vicende oscure come quella della strage di Piazza Fontana.
Queste nomine spericolate e i premi fedeltà distribuiti a pioggia rimarranno come la vera eredità di Sangiuliano al ministero della Cultura. Un’eredità che non sarà facile scrollarsi di dosso. Il ministero, insomma, è stato trattato come un terreno di conquista personale, con incarichi distribuiti a destra e a manca, spesso senza particolari competenze se non quella di essere amici o parenti della persona giusta.
Il caso più emblematico è forse quello di Francesco Giubilei, a cui Sangiuliano aveva assegnato un incarico di consigliere. Giubilei, presidente della fondazione Tatarella, aveva ricevuto un contributo di 46 mila euro dal Ministero della Cultura. La vicenda era finita sotto i riflettori, tanto che Giubilei si era dovuto dimettere. Quindici mesi dopo, anche Sangiuliano ha dovuto fare le valigie. Ma le sue nomine, a differenza di lui, rimarranno ben salde al loro posto, pronte a perpetuare un sistema di fedeltà e amicizie che non sembra destinato a finire presto.
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Politica
Meloni-Salvini, la resa dei conti: Giorgia minaccia di svuotargli il partito, Matteo fa il bimbominkia della maggioranza
Dopo l’ennesimo sgarbo sul filo diretto con Trump, Giorgia Meloni perde la pazienza e lancia l’ultimatum a Salvini: “Se continua così, gli svuoto la Lega”. Ma il vicepremier rilancia, tra ripicche e provocazioni da scuola media.

Giorgia Meloni ha finito la pazienza. Non con Putin, non con Bruxelles e neppure con Macron, ma con il suo vicepremier Matteo Salvini. Un logoramento silenzioso che adesso diventa guerra aperta. Perché Meloni lo ha detto chiaro ai suoi fedelissimi e il messaggio è già rimbalzato nelle redazioni: “Se dopo il congresso della Lega del 6 aprile non la smette, gli svuoto il partito”.
Sì, avete letto bene: “gli svuoto il partito”. Altro che diplomazia tra alleati, qui si ragiona a colpi di sprangate politiche. È l’avviso da ultimatum che Giorgia ha consegnato ai suoi, stanca di quello che definiscono il “sabotaggio sistematico” di Salvini. L’irritazione di Palazzo Chigi è ai massimi storici: l’uomo che dovrebbe essere il suo alleato più leale si comporta come uno scolaretto che fa i dispetti alla maestra.
Matteo, infatti, non fa che infilare bastoni tra le ruote: da Macron all’Ucraina, dai dazi alle intese con Trump, fino al dossier Starlink. L’ultima provocazione è la telefonata a sorpresa con J.D. Vance, braccio destro di Donald Trump. Uno smacco istituzionale per la premier, che nel frattempo sta lavorando al suo viaggio a Washington. Così, mentre Giorgia si prepara per la Casa Bianca, Salvini si accredita di soppiatto come interlocutore privilegiato degli ambienti trumpiani.
“Non se ne può più”, sospirano a Palazzo Chigi. “O Matteo rientra nei ranghi o lo svuotiamo in Aula e nei territori”. E mentre i colonnelli di FdI pregustano già il colpo basso, Salvini ride sotto i baffi, minimizza e continua a fare capolino in ogni vicolo possibile del centrodestra per mettere Giorgia all’angolo.
Lo scontro si è consumato anche alla Camera: Galeazzo Bignami, uomo ombra della premier, ha lanciato la frecciatina velenosa a Salvini parlando di “chi baciava la pantofola a Mosca”. Il riferimento era chiaro e il destinatario ha incassato senza fiatare.
Nel frattempo, la faida è ormai sotto gli occhi di tutti. L’unico a fingere che sia ancora tutto rose e fiori è Salvini stesso: “Guerra con Meloni? Non scherziamo”, dice ai giornalisti. Ma ormai persino tra i meloniani si sente mormorare: “Matteo gliel’ha giurata da quando è uscito quel libro del Fatto che lo ridicolizzava, dando a intendere che dietro ci fosse proprio Giorgia”.
Così, mentre l’Europa si prepara al caos geopolitico e gli Stati Uniti osservano da lontano, in Italia la politica sembra inchiodata a una lite da cortile, tra sgarbi da bar sport e minacce da film di quartiere. E nel mezzo ci siamo noi, spettatori ormai assuefatti che forse – chissà – un giorno troveranno la forza di chiedere: ma quando la finite?
Politica
Giorgia Meloni e l’acqua “miracolosa” di Palazzo Chigi: ordinate 100 mila bottigliette di Acqua Santa
La premier porta a Palazzo Chigi una “benedizione” in vetro: assegnata la maxi fornitura a una società dal nome mistico. con qualche ironia, mentre l’esecutivo affronta tempeste politiche

Pare che Giorgia Meloni non si fidi solo della cabina di regia e delle riunioni di maggioranza. Per tenere a bada le tensioni che negli ultimi tempi agitano Palazzo Chigi e i suoi alleati, la presidente del Consiglio ha deciso di affidarsi anche… ai santi. O meglio, all’Acqua Santa. Sì, perché a ristorare ministri e staff nei prossimi due anni saranno proprio le bottigliette marchiate “Acqua Santa di Roma Srl”, società di famiglia Mari, che dal 1948 imbottiglia sotto etichette dalle sfumature celestiali come Egeria e Tullia.
Una scelta che ha già fatto sorridere molti: con i dossier che si ammucchiano e i venti di guerra interna nella maggioranza, la Meloni sembra aver voluto portare in ufficio una sorta di benedizione preventiva. Laica, certo, ma sempre ben gradita. Che sia la soluzione a frizioni con Salvini, tensioni sulla Rai, sondaggi ballerini e persino la grana dell’Autonomia differenziata? Magari l’idea è: meglio giocare d’anticipo, ché tra qualche acciacco e qualche mal di pancia di governo, un bicchiere d’acqua “santa” può fare il miracolo.
Centomila bottigliette: l’acqua santa si fa… politica
La commessa parla chiaro: 66 mila bottigliette da mezzo litro di acqua naturale e altre 34 mila di acqua frizzante. Tutte rigorosamente in vetro (vuoto a rendere, ovviamente, per rispetto dell’ambiente e forse anche della Provvidenza). Totale: 100 mila bottiglie da qui al 2026. Insomma, se in aula o nelle riunioni riservate qualcuno dovesse improvvisamente avere la gola secca, nessun problema: l’Acqua Santa è già a portata di mano.
Lo sconto “divino”: solo 23 centesimi a bottiglia
Va detto che l’Acqua Santa non ha nemmeno fatto miracoli sul prezzo, ma quasi: ogni bottiglietta costerà 0,23 euro più IVA, per un totale di 23 mila euro circa (più tasse). Una cifra contenuta, tanto che in rete qualcuno ironizza: “È l’unica cosa che costa meno del caffè al bar a Palazzo Chigi”.
Superstizione o semplice idratazione?
A chi fa notare che il richiamo all’Acqua Santa suona vagamente scaramantico, c’è già chi risponde: con i tempi che corrono, meglio avere a portata di mano un piccolo “esorcismo” in bottiglia, anche solo contro i continui fuochi incrociati della politica. E poi, va detto, a Roma l’Acqua Santa è famosa da secoli per sgorgare fresca dalla sorgente delle Capannelle, amata da imperatori e plebei. Perché allora non affidarsi a una buona tradizione romana per fronteggiare le rogne quotidiane da premier?
Acqua, sudore e un pizzico di ironia
Di certo questa fornitura è destinata a diventare il tormentone tra i corridoi del potere: “Hai bevuto l’Acqua Santa oggi?”, potrebbe essere il nuovo mantra tra funzionari e sottosegretari. Soprattutto nei momenti in cui il governo appare più assetato di miracoli che di voti.
Politica
Ministri, nomine e una storia d’amore finita male: il caso Sangiuliano-Boccia diventa un thriller giudiziario
Sfregi, litigi, minacce e una presunta gravidanza: la Procura cerca di capire chi ricattava chi nella soap politica della scorsa estate

Altro che commedia romantica, questa è una soap opera di potere, intrighi e colpi di scena. Una relazione lampo, poi la rottura, poi il dramma, poi il tribunale. Sul banco degli interrogati oggi c’è Maria Rosaria Boccia, imprenditrice dal curriculum brillante e, soprattutto, ex compagna di Gennaro Sangiuliano, costretto alle dimissioni dopo lo scandalo scoppiato la scorsa estate. Gli inquirenti della Procura di Roma stanno cercando di capire chi ha ricattato chi in questa vicenda che sembra uscita direttamente da un manuale su come bruciare una carriera in pochi mesi.
Dall’amore alla guerra: una consulenza saltata e la vendetta
Tutto sarebbe iniziato con una relazione segreta, nata tra maggio e agosto 2024. Tre mesi di idillio, se così vogliamo chiamarlo, tra il ministro e l’imprenditrice. Poi qualcosa si rompe. Forse l’assegnazione di un incarico di consulenza – non retribuito, si badi bene – a Boccia, prima concesso e poi revocato. Insomma, il classico “non è come sembra” che si trasforma in un inferno. Da quel momento la donna avrebbe cominciato a fare pressione sull’ex compagno, con messaggi, chiamate e richieste sempre più insistenti.
La ciliegina sulla torta? Una presunta gravidanza, usata – secondo la versione di Sangiuliano – come leva per ottenere qualcosa in cambio. Un’arma di ricatto perfetta. O almeno, così sospetta la Procura.
Minacce, botte e una fede sparita nel nulla
Se fosse un film, saremmo alla scena del litigio furioso. Solo che qui non siamo in un film, e il protagonista è un ex ministro della Repubblica. Tra le prove presentate da Sangiuliano c’è un selfie che lo ritrae con una ferita alla testa. Il motivo? Un’aggressione avvenuta durante una lite con la Boccia. E non è finita qui. Pare che nel mezzo della tempesta sentimentale sia sparita anche la fede matrimoniale dell’ex ministro, a cui ora – oltre alla reputazione politica – mancherebbe pure un simbolo di unione.
Per non parlare delle accuse di hackeraggio del telefono, perché la storia non sarebbe completa senza un bel sospetto di spionaggio tecnologico. Insomma, tutto il repertorio di una battaglia che di romantico ormai ha ben poco.
Sanremo, lo sfregio e la lite che ha fatto crollare tutto
Se questa storia fosse un romanzo, la notte tra il 16 e il 17 luglio sarebbe il capitolo che prelude al gran finale. Siamo a Sanremo, un’ambientazione perfetta per drammi sentimentali. I messaggi tra i due raccontano una tensione alle stelle. “Sfregiato (…) Se non fossi stata tu, avrei picchiato durissimo”, scrive Sangiuliano. Dall’altra parte, Boccia non fa nulla per placare gli animi: “Mi hai portato a un punto imbarazzante (…) Mi hai fatto diventare una iena”.
Insomma, l’idillio è definitivamente svanito e ora siamo alla parte in cui volano insulti, accuse e, a quanto pare, anche schiaffi.
La gravidanza: bluff o verità?
Ma ecco la questione più spinosa: Maria Rosaria Boccia era davvero incinta? O si trattava di un tentativo disperato di tenere in pugno il ministro?
La Procura ha acquisito un altro scambio di messaggi piuttosto ambiguo. “Sei incinta?”, chiede Sangiuliano. Lei risponde con un enigmatico: “Sono disposta ad andare anche all’estero”. Come dire: se servisse, potrei anche farmi da parte. Ma lui, a quanto pare, cerca di giocare d’anticipo e prova a chiudere la questione nel modo più diplomatico possibile: “Da me non devi temere nulla”.
Poi, il colpo di scena. Il 2 agosto, l’ex ministro si lascia sfuggire una frase che suona quasi come una resa: “Se tu fossi incinta di me, sarei stato felicissimo”. Qualche giorno dopo, la Boccia risponde con una frase altrettanto ambigua: “Sarai libero di viverti questa esperienza come vorrai nel rispetto di tuo figlio”. Un modo elegante per dire che il bambino c’è davvero? Oppure solo un ultimo colpo di scena in un copione già fin troppo intricato?
Ora decide la Procura: stalking, lesioni e un finale ancora aperto
Adesso Boccia è sotto interrogatorio. Davanti a lei ci sono il pm Giulia Guccione e l’aggiunto Giuseppe Cascini, che stanno esaminando ogni dettaglio del suo racconto. Se le accuse venissero confermate, il finale sarebbe tutt’altro che romantico. La Procura potrebbe chiudere l’indagine con accuse pesantissime: lesioni personali, minacce e stalking ai danni di un ex ministro.
Sangiuliano, dal canto suo, ha fornito un dossier dettagliato: messaggi, audio, foto. La difesa dell’imprenditrice, invece, punta a smontare tutto, parlando di un attacco mediatico e di una storia trasformata in farsa.
Chi ha ragione? Per ora, la sceneggiatura è aperta. Quello che è certo è che questa storia non è più un affaire privato, ma una bomba politica e giudiziaria.
Se ne parlerà ancora a lungo. E chissà, magari un giorno diventerà anche un film.
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