Cronaca

“Repubblica” in vendita: chi la spunterà tra rumors, cordate e tycoon a caccia del colpo grosso?

“Repubblica” delle mie brame, chi sarà il nuovo padrone tra imprenditori e finanzieri? La notizia della vendita del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari ha scatenato un vespaio di voci, incontri segreti e supposizioni. Ma la verità è che il giornale resta (per ora) saldamente nelle mani di John Elkann. O forse no?

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    Il mondo dell’editoria italiana è in fermento, e stavolta la bomba è scoppiata e ha gettato nel caos i salotti di Roma e Milano: “Repubblica” è in vendita e a muovere i fili ci sarebbe nientemeno che Claudio Calabi, manager con una lunga carriera da risanatore di aziende in crisi. Come dire: dove c’è fumo, c’è un falò pronto a divampare. Calabi, per chi non lo sapesse, è uno che conosce bene il campo: da RCS a Il Sole 24 Ore, passando per il caos di via Solferino, ha sempre avuto un talento innato per il risanamento delle aziende e le transazioni complicate. Sarebbe proprio lui a tessere la tela che dovrebbe portare “Repubblica” a cambiare proprietario.

    Si prepara la cordata

    Ma qui viene il bello: Calabi avrebbe già contattato una decina di imprenditori e finanzieri tra i più ricchi d’Italia per mettere insieme una cordata. Una piccola quota da 10 milioni di euro a testa per partecipare al grande gioco dell’editoria. Tra i nomi che circolano ci sono pezzi da novanta come Giovanni Ferrero, Alessandro Benetton e Giovanni Tamburi, anche se pare che tutti abbiano mostrato un certo scetticismo. Perché? Beh, è un conto comprarsi un giornale, ma è un altro paio di maniche riuscire a “comprarsi” i giornalisti di Largo Fochetti. Impresa ardua, e non senza rischi.

    Ma c’è anche Briamonte

    Ma attenzione, perché non c’è solo Calabi in campo. Ci sarebbe anche una seconda cordata, capitanata dall’avvocato Michele Briamonte, noto campione mondiale di kickboxing e uomo di fiducia della vecchia guardia Fiat. Insomma, se il manager Calabi ha già messo in moto i suoi contatti, anche Briamonte non è da meno. È partita una vera e propria caccia al tesoro, ma con un problema di fondo: l’editoria è un business che ormai perde soldi, e anche i nomi più noti del panorama imprenditoriale italiano non sembrano avere tutta questa voglia di buttarsi nella mischia.

    Chi compra Repubblica?

    E allora, chi può davvero comprare “Repubblica”? Aponte, imprenditore svizzero di origini italiane e capo della MSC, non è certo uno che si tira indietro quando c’è da investire. Con un patrimonio personale che supera i 34 miliardi di dollari, è lui che recentemente ha comprato in un colpo solo il Secolo XIX, senza nemmeno guardare il bilancio (perché quando hai tanto denaro, i dettagli diventano noiosi, no?). E ora si vocifera che potrebbe essere lui l’uomo giusto per mettere le mani anche su Repubblica.

    Ma cosa ci guadagna Aponte da un giornale in perdita? Non certo denaro, questo è sicuro. Ma convenienze politiche, quelle sì. Avere un secondo quotidiano nazionale sotto il proprio controllo, dopo aver già conquistato il “Secolo XIX”, potrebbe rivelarsi utile per controllare la narrativa pubblica e sostenere gli interessi della sua gigantesca flotta di container e navi da crociera. E visto che il comandante ha trasformato Genova in un vero hub del Mediterraneo, avere un paio di giornali dalla sua parte non sarebbe poi una cattiva idea. In mezzo a tutto questo, John Elkann osserva, con un misto di distacco e preoccupazione. Ufficialmente, il giornale è ancora nelle sue mani, e non ci sono conferme né smentite sul fatto che voglia disfarsene. Ma con Exor impegnata a tuffarsi nel business dell’intelligenza artificiale (con la benedizione di Sam Altman), è legittimo chiedersi che senso abbia per l’erede della dinastia Agnelli continuare a possedere un giornale che, diciamolo, non sta esattamente navigando in acque tranquille. I conti sono in rosso, la redazione è in sciopero e i rapporti tra Elkann e Giorgia Meloni sono gelidi come il Polo Nord.

    Ma la verità è che “Repubblica” è una poltrona troppo scomoda. E non perché sia un affare d’oro (anzi), ma perché controllare un giornale così importante è una questione di potere. Un potere che Elkann potrebbe voler cedere a qualcun altro, magari per concentrarsi su progetti più promettenti. E se Aponte fosse l’uomo giusto per prendere il timone? Chi comprerà il quotidiano? La domanda per ora senza risposta, tutto resta sospeso. Di sicuro, il mercato editoriale italiano è più vivo che mai. Tra cordate, imprenditori che si guardano intorno e avvocati in cerca di occasioni, la storia della vendita di “Repubblica” sembra destinata a proseguire per un po’. Resta solo da vedere chi avrà il coraggio (e il portafoglio) per affrontare questa avventura. Chissà, magari alla fine Gianluigi Aponte ci sorprenderà tutti, aggiungendo un altro gioiello al suo impero.

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