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Cronaca

Sacra Corona Unita usa TikTok per diffamare i pentiti del clan

La Sacra Corona Unita pubblica su TikTok una pagina contro i collaboratori di giustizia brindisini, con volti, nomi, cognomi e offese rivolte alle loro famiglie.

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    La Sacra Corona Unita ha fatto il suo ingresso su TikTok, suscitando allarme per una pagina dedicata a diffamare i collaboratori di giustizia di Brindisi. Il profilo, rimosso ma riapparso rapidamente, pubblica volti, nomi, e cognomi dei pentiti, accompagnati da offese e minacce rivolte anche alle famiglie. Erano stati diffusi anche stralci di verbali e inviti alla violenza, il tutto con colonna sonora neomelodica inneggiante alla criminalità. Il profilo in poco tempo aveva raggiunto circa 1.600 follower e 2.500 “mi piace”.

    Usare i social per diffondere omertà e violenza

    Libera Puglia ha denunciato questo come un segnale della pericolosa e rinnovata presenza mafiosa nel sud della regione. La pagina pubblicava una cinquantina di video con immagini di collaboratori di giustizia, dagli storici ai più recenti. Gli episodi di omicidi, sparatorie e minacce, anche a magistrati e forze dell’ordine, testimoniano la crescente influenza della Sacra Corona Unita, che sfrutta sempre più i social per diffondere violenza e omertà.

    Le continue infiltrazioni destabilizzano settori della società

    Nel caso specifico, due magistrati antimafia, la gip Maria Francesca Mariano e la pm Carmen Ruggiero, hanno subito minacce di morte e tentativi di aggressione dopo l’inchiesta “The Wolf”. Libera sottolinea che la sola repressione non basta per sradicare la Sacra Corona Unita, richiedendo un approfondimento del fenomeno mafioso, delle sue infiltrazioni sociali ed economiche e del consenso che la mafia continua a ottenere in alcuni settori della società.

      Storie vere

      Da Bari alla Corea del Sud: un’avventura asiatica!

      Storia di Gunhild: ovvero come i sogni possano diventare realtà anche quando sembrano impossibili. Partita da Bari sceglie la Corea dove trova l’amore, un figlio in arrivo e forse il suo futuro.

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        Chi l’avrebbe mai detto che una ragazza pugliese potesse finire per sposare un coreano e vivere a Siheung?“. Esclama serafica e molto divertita Gunhild, con un sorriso che le illumina il viso. La sintesi di questa storia è che una giovanissima ragazza pugliese di 22enne a un certo punto della sua giovane vita decide di trasferirsi in Corea del Sud, si innamora, si sposa, fa un figlio e resta lì. Fino a quando? Non si sa. Di certo per ora c’è che Gunhild non mette limiti alla provvidenza. Una volta tanto si tratta di una storia diversa da quelle che si raccontano sui siti specializzati in notizie curiose. Quella della 22enne pugliese è una storia molto simile a quelle serie tv che ti incollano allo schermo. Amore a prima vista, cultura a mille miglia di distanza e un bebè in arrivo! Eh che diamine, viva la gioventù e la voglia di cambiare il corso della propria vita.

        Tutto è iniziato con un’ossessione per la Corea del Sud

        Ero ossessionata dalle K-pop star e dai drama le fiction televisive coreane“, confessa Gunhild. Si è messa a studiare il coreano e un bel giorno, ha deciso di mollare tutto e partire all’avventura. In Corea, però, l’amore era in agguato e l’ha aspettata dietro l’angolo, sotto forma di un ragazzo conosciuto online proprio mentre imparava il coreano. Tra una chiacchierata e l’altra a migliaia di chilometri di distanza fisica era nato un certo interesse l’una per l’altro. E viceversa. Il resto è stato facile. Una volta arrivata in Corea i due ragazzi (lui ha nove anni più di lei) si sono piaciuti. “Ci siamo incontrati, ci siamo piaciuti e… boom! Amore a prima vista!“, aggiunge Gunhild.

        La vita in Corea, però, non è tutta rose e fiori. “All’inizio è stato un po’ come atterrare su Marte“, scherza Gunhild. “Il cibo piccante, l’etichetta da rispettare, la frenesia della città… ma mi sono adattata in fretta!

        Le differenze culturali: un continuo divertimento

        I coreani sono molto educati e rispettosi, ma anche un po’ freddini all’inizio. Però, una volta che entri nelle loro grazie, sono degli amici fedelissimi“, racconta Gunhild. E poi c’è la questione del cibo: “Ho dovuto imparare ad amare il kimchi! All’inizio mi sembrava di mangiare peperoncini crudi, ma ora non potrei più farne a meno.

        Una famiglia allargata… e un po’ asiatica!

        La famiglia di Gunhild all’inizio era un po’ preoccupata per questa avventura così lontana da casa. “Mia madre mi ha sempre sostenuta, ma non nascondo che all’inizio era un po’ preoccupata. Mio padre, invece, è ancora un po’ scettico, ma è fiero di me lo stesso.” E la famiglia del marito? All’inizio erano un po’ diffidenti, racconta la ragazza, “Ora mi adorano! Mi chiamano ‘nuora italiana’ e mi viziano con tutti i loro piatti tipici.

        Un futuro in Corea?

        Gunhild ha già dei progetti per il futuro. Per prima cosa vuole impegnarsi a imparare perfettamente il coreano e trovare un lavoro che le piaccia. “La Corea offre molte opportunità, ma voglio anche mantenere i miei legami con l’Italia. Chissà, magari un giorno aprirò un ristorante italiano qui a Siheung!

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          Curiosità

          La hostess che sopravvisse a un volo di oltre 10.000 metri senza paracadute

          La storia di Vesna Vulović è davvero straordinaria. Nel 1972, questa assistente di volo serba sopravvisse a una caduta di 10.160 metri senza paracadute dopo che l’aereo su cui lavorava esplose a causa di un attentato terroristico1. Nonostante le gravi ferite e un lungo periodo di riabilitazione, Vesna Vulović divenne un simbolo di speranza e resilienza, detenendo il Guinness World Record per la caduta più alta sopravvissuta senza paracadute2. La sua storia è un incredibile esempio di sopravvivenza e coraggio.

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            Nel 1972, l’hostess Vesna Vulović sopravvisse incredibilmente a una caduta di 10.160 metri senza paracadute dopo che un attentato terroristico fece esplodere l’aereo su cui stava lavorando. Ripercorriamo questa storia straordinaria, esplorando le cause dell’incidente e come Vesna riuscì a sopravvivere a una tale tragedia.

            L’aereo della JAT Yugoslav Airlines, un DC-9, esplose in volo il 26 gennaio 1972 a causa di una bomba nascosta nella stiva, presumibilmente piazzata da un gruppo terroristico croato. L’esplosione avvenne mentre l’aereo sorvolava la Cecoslovacchia (l’attuale Repubblica Ceca), disintegrando l’aereo e lanciando i suoi resti a terra.

            Vesna Vulović, che si trovava nella parte posteriore dell’aereo, fu l’unica sopravvissuta tra le 28 persone a bordo. La fusoliera si schiantò su un’area montuosa innevata, e alcuni alberi e il manto nevoso attutirono l’impatto, contribuendo alla sua sopravvivenza. Inoltre, si ritiene che la pressione della cabina depressurizzata e il fatto che Vesna fosse all’interno di una piccola sezione della fusoliera che rimase relativamente intatta, abbiano giocato un ruolo cruciale.

            Vesna subì gravi ferite, tra cui fratture al cranio, alle gambe e alla colonna vertebrale, che la lasciarono temporaneamente paralizzata dalla vita in giù. Tuttavia, dopo mesi di convalescenza e un’intensa riabilitazione, riuscì a camminare di nuovo.

            La sopravvivenza di Vesna Vulović a un incidente così devastante è considerata un caso unico nella storia dell’aviazione, tanto da essere riconosciuta dal Guinness dei Primati per la sopravvivenza alla caduta libera senza paracadute da maggiore altitudine.

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              Cronaca Nera

              Omicidio Giulia Cecchettin: Filippo Turetta non sarà presente alla prima udienza del processo

              Filippo Turetta, accusato di aver ucciso l’ex fidanzata Giulia Cecchettin, non comparirà in aula durante la prima udienza. La difesa non richiederà la perizia psichiatrica, mentre il processo, presieduto dal giudice Stefano Manduzio, si preannuncia breve e intenso

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                Filippo Turetta, attualmente in carcere con l’accusa di aver brutalmente ucciso l’ex fidanzata Giulia Cecchettin, non sarà presente in aula per la prima udienza del processo, fissata per lunedì 23 settembre davanti alla Corte d’Assise di Venezia. La notizia è stata confermata dal suo legale, l’avvocato Giovanni Caruso, che ha ribadito l’intenzione della difesa di non richiedere una perizia psichiatrica per Turetta, nonostante le gravi accuse che pendono su di lui.

                Turetta, 22 anni, sembra voler mantenere un profilo discreto, lontano dai riflettori mediatici, seguendo quello che il suo avvocato ha descritto come un “percorso di maturazione personale” rispetto al terribile crimine di cui è accusato. Il processo, che si terrà nella piccola aula della Corte d’Assise presieduta dal giudice Stefano Manduzio, sarà seguito da venti giornalisti accreditati e dalle sole telecamere della Rai, che trasmetteranno le immagini alle altre emittenti.

                La lista dei testimoni del pubblico ministero di Venezia, Andrea Petroni, include una trentina di persone, tra cui i familiari di Giulia Cecchettin, come il padre Gino e la sorella Elena. La difesa di Turetta, invece, ha indicato solo il medico legale come testimone. Questo approccio ristretto richiama in qualche modo il rito abbreviato, al quale Turetta non può accedere a causa della gravità delle accuse: omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà e dall’occultamento di cadavere.

                Giulia Cecchettin è stata uccisa la notte dell’11 novembre scorso, e le circostanze del delitto, comprese le 75 ferite riscontrate sul corpo della vittima, hanno scosso profondamente l’opinione pubblica. Ora, con l’apertura del processo, si spera che venga fatta giustizia per Giulia, mentre Filippo Turetta si prepara ad affrontare il verdetto che potrebbe portarlo a una condanna all’ergastolo.

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