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Storie vere

Arseny Turbin, 15 anni, paga in carcere un coraggio da gigante contro Putin

Arseny Turbin è un ragazzino di 15 anni, incarcerato per aver permesso di criticare Vladimir Putin sul suo profilo Telegram «Russia Libera» che vanta finora una manciata di follower.

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    Arseny Turbin, un nome che pochi conoscono, ma che merita di essere gridato ai quattro venti. Un quindicenne russo, condannato a cinque anni di carcere per aver espresso il suo dissenso verso il regime di Vladimir Putin. La sua storia è un monito sulla repressione in Russia, ma è anche un inno alla speranza e al coraggio di un ragazzo che, nonostante la giovane età, ha scelto di difendere i propri ideali.

    Un volantino e un sogno infranto

    Tutto è iniziato con un volantino. Un foglio di carta su cui Arseny, con la sua grafia da adolescente, ha espresso il suo disappunto per le politiche di Putin. Un gesto semplice, ma coraggioso, in un Paese dove la libertà di espressione è sempre più limitata. Per questo gesto, il giovane è stato accusato di terrorismo e condannato a una pena sproporzionata.

    Arseny Turbin sognava di studiare scienze politiche, di capire il mondo che lo circondava e di contribuire a renderlo un posto migliore. Ma il suo futuro è stato bruscamente interrotto. Al posto dei libri, ha trovato le sbarre di una cella. Al posto dei compagni di scuola, ha trovato detenuti violenti che lo hanno vessato e picchiato.

    Un eroe silenzioso

    Arseny non è un eroe come quelli che vediamo sui manifesti. Non ha un volto fotogenico né una causa alla moda. È semplicemente un ragazzo che ha avuto il coraggio di dire ciò che pensava. Eppure, la sua storia è un esempio di grande forza d’animo. Nonostante le sofferenze patite, Arseny Turbin non si è piegato. Ha continuato a resistere, a credere nei suoi ideali. La sua storia ci ricorda che il coraggio non ha età. Che anche un giovane di quindici anni può fare la differenza. Che la voce di chi dissente, anche se debole, non può essere soffocata. La repressione nei confronti dei giovani dissidenti è in costante aumento, e le accuse di “terrorismo” vengono utilizzate sempre più spesso per zittire qualsiasi forma di opposizione.

    Perché i giovani sono nel mirino?

    I giovani sono un bersaglio particolarmente vulnerabile per il regime di Putin per diversi motivi. Tra i primi rappresentano il futuro del paese. Il regime cerca di educare le nuove generazioni al patriottismo e alla fedeltà fondamentale per la sua sopravvivenza. Il regime di Putin sa bene che i ragazzi sono più esposti alle informazioni esterne. Grazie a internet hanno accesso a notizie e opinioni diverse da quelle ufficiali, il che li rende più critici e meno disposti a tollerare le ingiustizie.

    Gli altri ‘Arseny’ nelle carceri di Putin

    Nella carceri di Putin attualmente sono incarcerati altri giovani dissidenti del regime. come Yegor Shtovb e Artem Kamardin. Questi due ragazzi sono stati condannati rispettivamente a 5 anni e mezzo e 7 anni di carcere per aver recitato in pubblico poesie di Majakovskij e dello stesso Kamardin, ritenute dalle autorità “estremiste” per via di alcune frasi critiche nei confronti della guerra in Ucraina. Poi c’è il caso di Daria Kozyreva. Questa giovane donna è stata processata per aver scritto frasi contro la guerra su un’installazione che celebrava il gemellaggio tra San Pietroburgo e Marjupol. I liceali della rivista Meduza sono stati condannati e incarcerati per aver rivelato l’arresto e il processo di loro coetanei per atti di sabotaggio ritenuti “terroristici”, come lanciare molotov contro edifici governativi o danneggiare infrastrutture.

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      Emma: la regina della velocità over90 esempio per i suoi ex studenti e fenomeno per la scienza

      La straordinaria storia di una campionessa mondiale che, a 91 anni, continua a battere record e a ispirare studi sull’invecchiamento attivo.

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        Impegno, salute e soddisfazione sono queste le tre parole usate dalla 91enne Emma Maria Mazzenga per spiegare la chiave del suo successo nella corsa. Emma corre da sempre e sembra non volersi fermare. Quando aveva 75 anni ha realizzato il record mondiale degli 800 metri piani in outdoor. E’ una che la competizione la sente molto.

        La disciplina è tutto… ma anche la salute

        L’atleta italiana a 91 anni e mezzo – ci tiene a precisare – è un fenomeno unico nel mondo dello sport. Detentrice del record mondiale sui 200 metri outdoor per la categoria over90, ha iniziato la sua seconda carriera sportiva intorno ai 53 anni, nel 1986, dopo che l’aveva abbandonata per andare a insegnare Scienze in un liceo. La scorsa estate ha stabilito nuovi record su diverse distanze, attirando l’attenzione globale, persino in Cina. La sua vita quotidiana riflette una disciplina e una vitalità straordinarie. Vive da sola a Padova, si occupa delle faccende domestiche, non segue diete particolari e mantiene uno stile di vita attivo. La sua sfida la rivolge sempre contro se stessa e il cronometro, in un contesto in cui la categoria “Master” degli over35 in Italia vede 102 mila iscritti alla Federazione Italiana di Atletica Leggera Fidal. L’unica in crescita a livello nazionale, su 243 mila tesserati totali. Quasi la metà. De resto siamo o non siamo tra le nazioni con più anziani al mondo?

        Emma un simbolo di invecchiamento attivo

        Emma è diventata un simbolo dell’invecchiamento attivo, un tema centrale nelle politiche di coesione sociale sostenute dall’Unione Europea. Progetti come quelli dell’Università di Verona e del CNR, che studiano gli effetti del training fisico sugli anziani e sviluppano strumenti per migliorare la postura e le capacità cognitive, trovano in Emma un esempio concreto. Pur non cercando di essere un modello, la sua storia ha ispirato molte persone, inclusi ex studenti, a riprendere lo sport dopo i cinquant’anni.

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          Storie vere

          Taxi a guida autonoma: dal futuro possibile alla figuraccia in un batter d’occhio

          Quando la tecnologia ci abbandona nel momento del bisogno.
          Il sogno dell’auto che si guida da sola si scontra con la realtà.

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            Mike Johns, un imprenditore di Los Angeles, stava per prendere un volo. Aveva scelto la comodità di un taxi autonomo, ma quello che doveva essere un viaggio tranquillo si è trasformato in un’esperienza surreale. Seduto a bordo del veicolo senza conducente, Johns si è ritrovato intrappolato in un loop infinito, mentre l’auto girava in tondo nel parcheggio dell’aeroporto.

            Sembrava una scena di un film di fantascienza“, ha raccontato l’uomo in un video diventato virale sui social media. “Pensavo che qualcuno stesse scherzando o che l’auto fosse stata hackerata“. La realtà, purtroppo, era ben più prosaica: un semplice malfunzionamento del sistema di guida autonoma aveva trasformato un mezzo di trasporto in una gabbia mobile.

            C’è da viaggiare ancora un po’ prima di avere fiducia sull’auto senza conducente

            L’incidente, avvenuto lo scorso dicembre, ha messo in evidenza i limiti della tecnologia e ha sollevato interrogativi sulla sicurezza e l’affidabilità dei veicoli a guida autonoma. Se da un lato queste automobili promettono di rivoluzionare il modo in cui ci muoviamo, dall’altro dimostrano ancora di avere bisogno di importanti miglioramenti. L’episodio di Johns ha fatto il giro del mondo, alimentando il dibattito sulla reale utilità e sicurezza dei taxi senza conducente. Molti si chiedono se siamo davvero pronti ad affidare la nostra vita a macchine che possono commettere errori.

            Se questa è l’innovazione“, ha commentato Johns, “allora preferisco guidare da solo“. E in effetti, è difficile non condividere il suo scetticismo. L’idea di un’auto che si guida da sola è affascinante, ma finché queste tecnologie non saranno in grado di garantire una sicurezza assoluta, è difficile immaginare un futuro in cui i veicoli autonomi sostituiranno completamente quelli tradizionali.

            Le sfide dell’automazione nei taxi

            L’incidente di Johns ha messo in luce alcune delle sfide che devono ancora essere affrontate per rendere la guida autonoma una realtà sicura e affidabile.

            La prima sfida riguarda i malfunzionamenti tecnici. I sistemi di guida autonoma, infatti, sono complessi e possono essere soggetti a errori, come dimostra l’episodio di Johns.
            La seconda sfida che devono affrontare i produttori delle auto a guida autonoma riguarda una vasta gamma di condizioni ambientali a cui le auto sono sottoposte, dal traffico intenso alle condizioni meteorologiche avverse. Terza sfida: la sicurezza. È fondamentale garantire che i veicoli autonomi siano in grado di reagire in modo sicuro e tempestivo a situazioni impreviste. La guida autonoma solleva anche importanti questioni etiche, come ad esempio chi è responsabile in caso di incidente. Convincere le persone ad abbandonare il volante sarà sempre più difficile fino a quando non saremo in grado di garantire che i veicoli autonomi siano completamente sicuri.

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              Storie vere

              Disabilità. separazione, resilienza. Così Giulia ha trasformato una tragedia in una vita felice

              Dopo un incidente che l’ha resa disabile e una dolorosa separazione, l’influencer racconta la sua storia di forza, resilienza e amore accanto al marito Andrea e ai loro due figli, dimostrando che la felicità è possibile anche oltre le avversità.

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                Ottobre 2011 è il mese che ha segnato un profondo cambiamento nella vita di Giulia Lamarca, influencer (con 725 mila follower), conosciuta per la sua forza e il suo messaggio di resilienza. A soli 19 anni, un grave incidente in moto le ha cambiato per sempre la quotidianità. Nove mesi di ricovero ospedaliero, la consapevolezza di non poter più camminare e l’addio del suo fidanzato dell’epoca. Un ragazzo che l’ha lasciata proprio nel giorno in cui ha ricevuto questa notizia devastante.

                Da una vigliaccata all’incontro della vita

                Dopo aver superato lo shock – il suo ex era in moto con lei il giorno dell’incidente – per Giulia le corsie dell’ospedale in cui ha vissuto i mesi più difficili della sua vita hanno creato lo spazio per un nuovo capitolo. In quelle stanze sempre uguali ha incontrato Andrea, il fisioterapista che sarebbe diventato il padre dei suoi figli, Ethan e Sophie. Ma tutto questo Giulia ancora non lo sapeva. Andrea si è innamorato subito di lei, ma «ci mise un po’ a conquistare la mia fiducia e il mio amore. Uscivo da un brutto periodo. Oggi posso dire di essere stata molto fortunata. È stato bello sentire che per lui andavo bene così». Infatti con il tempo, Andrea ha conquistato la fiducia e l’amore di Giulia, oggi trentenne, mostrando che per lui non contava la sua disabilità, ma la persona che era.

                Giulia è incredula di come si puo manifestare l’amore

                Giulia e Andrea sono una famiglia felice e incredula del percorso straordinario che hanno intrapreso insieme. “Non pensavo di poter raggiungere questo grado di felicità – confessa Giulia – siamo in quattro, è tutto vero?” Giulia è riuscita a fare della sua esperienza di vita un modo per sensibilizzare e incoraggiare il prossimo a non arrendersi mai.

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