Storie vere
La campanella è suonata anche per la bidella pugliese. Da un anno senz’acqua ha scritto a Mattarella che è subito intervenuto
Grazie all’intervento del Presidente la bidella ha finalmente ricevuto l’attenzione necessaria in attesa che le autorità locali possano trovare una soluzione che garantisca a lei e sua nipote condizioni di vita dignitose.

Alla fine Addolorata ce l’ha fatta. Dopo aver inviato diverse lettere e messaggi ai giornali locali denunciando la sua situazione più che precaria, Addolorata Renna ha avuto ragione della sua difficoltà. Bidella di 56 anni residente in provincia di Taranto, Addolorata ha vissuto un anno di difficoltà estreme. La sua casa, con le pareti ammuffite e senza acqua corrente, è diventata un incubo. Costretta a rifornirsi di acqua da una fontana pubblica lontana, la bidella ha cercato aiuto dai servizi sociali e dal sindaco, ma senza successo.
La bidella scrive al Presidente
Disperata, Addolorata ha deciso di scrivere al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sperando che potesse aiutarla a ritrovare condizioni di vita dignitose per sé e per la nipote disoccupata e con una lieve disabilità, con cui divide l’appartamento. Nella sua lettera, Addolorata ha espresso la sua speranza di ricevere la vicinanza delle istituzioni. E Mattarella non si è fatto attendere. Con grande sorpresa e sollievo Addolorata, infatti, ha ricevuto una risposta dal Quirinale. La lettera, firmata da Anna Maria Monorchio del segretariato generale, informava che il suo caso era stato inoltrato alla Prefettura di Taranto per le valutazioni del caso. Questo ha riacceso la speranza di Addolorata, che ha visto finalmente un segnale di attenzione alle sue difficoltà.
Dopo la risposta del Presidente si è attivato il Prefetto di Taranto
Ora, il prefetto di Taranto, Paola Dessì, è incaricata di sollecitare le autorità competenti per risolvere i disagi di Addolorata e della sua nipote. Le segnalazioni e le denunce fatte dalla signora attraverso stampa e televisioni non avevano portato a nulla, ma l’intervento del Presidente Mattarella ha cambiato le cose. Ma l’amministrazione comunale mette i puntini sulle i. Il sindaco di Sava, paese del tarantino dove si svolge questa storia, Gaetano Pichierri, ha spiegato che esistono dissidi tra Addolorata e il proprietario di casa. Inoltre, ha specificato che Addolorata è solo domiciliata a Sava, ma risulta residente in un altro Comune. Questo complica l’inserimento in graduatorie di edilizia popolare di Sava. Tuttavia, i servizi sociali avevano offerto il loro sostegno per trovare una nuova abitazione in locazione, ma Addolorata ha ribadito di non necessitare di altro se non di un nuovo alloggio.
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Storie vere
Ritorno alle origini. Da Oslo alle montagne di Lucca sulle tracce delle sue radici
Questa è la storia di Antoni Pisani, cittadino norvegese di Oslo che a un certo punto della sua vita decide di ritrovare la strada delle sue origini toscane, quella che un suo antenato aveva percorso decenni da un paesino della Lucchesia verso il nord Europa.

C’è un momento nella vita in cui sentiamo il bisogno di capire chi siamo davvero, di scavare nelle nostre radici per trovare un senso più profondo alla nostra esistenza. Per Antoni Pisani, un norvegese di Oslo, questo momento è arrivato dopo un periodo particolarmente difficile. Nel corso del quale ha dovuto affrontare un divorzio e un grave incidente da cui ne è uscito senza conseguenze.
La necessità di ripartire da zero
La sua vita, fino ad allora, era stata segnata da successi nel mondo del marketing e delle pubbliche relazioni. Ma c’era qualcosa che lo tormentava fin da quando era un bambino: il suo cognome italiano, Pisani. Un mistero che lo aveva sempre affascinato e che lo ha spinto a intraprendere un viaggio alla scoperta delle origini della sua famiglia. E di lui stesso.
Un viaggio nelle radici
Durante la pandemia, Antoni decise di recarsi a San Cassiano di Controne, un piccolo borgo frazione del comune di Bagni di Lucca sulle montagne lucchesi, da dove, secondo le sue ricerche, provenivano i suoi antenati. Il paese è noto soprattutto per la Pieve menzionata per la prima volta in un documento redatto nel 772 protetta dal FAI insieme al Museo annesso. Inizialmente, il suo intento era semplicemente quello di documentare la storia della sua famiglia, ma ben presto il suo cuore è stato catturato da questo luogo incantevole e dalle persone che lo abitavano. In inverno meno di 50 persone compresa Santina con il suo locale di ristoro che accoglie tutto l’anno viandanti, stranieri e cacciatori tra Tordelli al ragù e cinghiale arrosto.
Tra la Pieve e Santina qui la storia la puoi toccare con mano
A San Cassiano Pisani acquista un rudere datato nientemeno che 1790 dove avevano vissuto i suoi antenati. “È come se avessi acquistato un pezzo della mia storia“, dice. E’ a quel punto che per Antoni scatta la voglia di restare in Lucchesia. Un luogo dove intende dedicarsi alla scrittura e alla ricerca, ma che, secondi i suoi intenti, diventi presto un punto d’incontro per chi, come lui, è alla ricerca delle proprie radici.
C’è un puzzle da ricomporre
Attraverso una minuziosa ricerca negli archivi, in breve tempo, Antoni è riuscito a ricostruire la storia della sua famiglia. Ha potuto scoprire che un suo antenato, Matteo Pisani, aveva lasciato l’Italia diretto in Olanda e, successivamente, si era stabilito in Norvegia dove si era sposato. “Conoscere le mie origini mi ha dato una nuova prospettiva sulla vita” – afferma. “Mi ha aiutato a comprendere chi sono e da dove vengo. Le mie radici. Voglio trasmettere questa conoscenza alle mie figlie, affinché anche loro possano sentirsi parte di questa storia.”
Ricominciare a vivere e sognare
Per Antonio la casa di San Cassiano di Controne rappresenta molto più di una semplice proprietà. È un simbolo di rinascita, un luogo dove poter ricominciare a vivere e a sognare. “Spero che la mia storia possa essere d’ispirazione per tutti coloro che si trovano a affrontare momenti difficili “, conclude. “Non bisogna mai arrendersi, perché la vita ci offre sempre nuove opportunità.“
Storie vere
Un bacio potrebbe ucciderla, la lotta quotidiana di Caroline contro la malattia rara
Un gesto semplice come dare un bacio può provocarle difficoltà respiratorie, gonfiore della gola e perdita di coscienza. La difficile vita di una 25enne alle prese con una rara sindrome.

Si chiama Caroline Cray Quinn, la ragazza di 25 anni, costretta a convivere con la sindrome da attivazione dei mastociti (MCAS) che le proibisce di dare un bacio. O quasi. La sindrome è una condizione rara e potenzialmente mortale che trasforma anche i gesti più comuni, come dare un bacio, in un grave rischio per la sua salute.
La sindrome da attivazione dei mastociti è una minaccia invisibile
Una persona su 150mila soffre di MCAS, una malattia che provoca reazioni allergiche estreme a cibi, profumi e comuni fattori ambientali. Nel caso di Caroline i suoi sintomi includono difficoltà respiratorie, gonfiore della gola e perdita di coscienza. Per prevenire tali reazioni, può mangiare solo due alimenti: avena e una formula nutrizionale preparata appositamente per lei.
Un bacio che può essere fatale
Anche un bacio può innescare una reazione pericolosa per Caroline. Per questo motivo, il suo partner, Ryan, deve osservare rigide precauzioni prima di un gesto così semplice. Per prima cosa deve lavarsi i denti con molta attenzione, non può mangiare nelle tre ore precedenti e deve evitare gli allergeni principali 24 ore prima. Nonostante ciò, Caroline affronta la situazione con ironia, dicendo che queste regole possono rivelare l’interesse reale di un partner nei suoi confronti.
La diagnosi tardiva e l’impatto sulla vita quotidiana
Nonostante soffrisse di allergie dall’infanzia, Caroline ha ricevuto la diagnosi di MCAS solo nel 2017, quando una reazione a una contaminazione incrociata ha scatenato una serie di episodi anafilattici. Da allora, la sua vita è cambiata radicalmente, e persino attività normali come andare in spiaggia per lei sono diventate assai rischiose.
Bacio o non bacio? La forza di non arrendersi
Nonostante le difficoltà, Caroline non si lascia abbattere e dice che non intendere smettere di vivere per paura. Con coraggio e determinazione, continua a vivere la sua vita, affrontando la malattia con molto umorismo – l’arma migliore – e con tanta voglia di non rinunciare ai piccoli piaceri della quotidianità.
Storie vere
Parroco ubriaco provoca un incidente: sospeso dal vescovo che lo spedisce a disintossicarsi
Dopo la messa un parroco avellinese beve alcuni bicchieri di amaro e uno spritz, si mette in auto e provoca un incidente stradale. Il Vescovo Aiello lo sospende e lo invita a disintossicarsi.

Si chiama Don Florin Cipca, il parroco di Arcella, sospeso dal vescovo di Avellino, monsignor Arturo Aiello, dopo essere risultato positivo all’alcol test in seguito a un incidente stradale. L’episodio è avvenuto il 23 febbraio, intorno a mezzogiorno, sulla Statale Provinciale 242, in località Arcella di Montefredane. Alla guida di un’Alfa Romeo, il sacerdote ha invaso la corsia opposta, travolgendo un’auto condotta da un 30enne, che ha riportato gravi ferite. Ma Don Cipca che fa?
I provvedimenti della Curia
Mentre sul posto sono intervenuti i carabinieri e un’ambulanza del 118, che ha trasportato il ferito al pronto soccorso dell’ospedale Moscati, l’alcol test ha stanato Don Cipca. Il tasso alcolemico dl parroco ea ben oltre i limiti legali. Un po’ increduli i carabinieri non hanno potuto fare altro che ritiare la patente di don Florin. Ma non solo. Spietata è scattata la denuncia per lesioni personali con il relativo sequesto dell’auto del prelato. Appena è venuto a conoscenza dell’accaduto, il vescovo Aiello ha sospeso il sacerdote. E in più gli ha chiesto di ricoverarsi entro venti giorni in una comunità terapeutica per affrontare la dipendenza dall’alcol. Poteva andare molto peggio. La notizia ha suscitato stupore tra i fedeli, i quali, seppur scioccati, hanno sottolineato come sia stata evitata una tragedia. Per la cronaca il 30enne ferito è stato dimesso ed è potuto tornare dalla sua famiglia.
Le scuse del parroco
In un’intervista all’emittente irpina Telenostra, don Florin Cipca ha espresso rammarico per quanto accaduto: «Chiedo scusa a tutti», dichiarando di aver iniziato a bere durante il periodo del Covid a causa dell’isolamento. «Mi ubriacavo con il desiderio di morire», ha confessato. Ha inoltre spiegato la dinamica dell’incidente: dopo aver celebrato la messa, aveva bevuto alcuni bicchieri di amaro e uno spritz con amici ad Avellino. Sulla via del ritorno ha tamponato un’auto, ma sostiene di non essere stato il responsabile dell’incidente per il quale fanno fede le verifiche dei carabinieri.
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