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Poliziotte tatuate? Nemmeno per sogno! La Corte europea dice no

Sara Alberti e Valeria Di Nardo volevano fare le poliziotte. Un sogno destinato a restare tale per colpa di alcuni tatuaggi che sono costati l’esclusione dal concorso per entrare in Polizia.

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    Sara Alberti e Valeria Di Nardo, due giovani donne con il sogno di diventare poliziotte, hanno visto infrangersi le loro aspirazioni a causa di alcuni tatuaggi sul corpo. In particolare quelli sul polso, che le hanno portate all’esclusione da un concorso per entrare nelle forze di polizia. Il caso risale al maggio 2017, quando il bando di concorso specificava che la presenza di tatuaggi in aree non coperte dall’uniforme sarebbe stata motivo di inidoneità, come indicato nell’articolo 3.1 del decreto del Ministero dell’Interno n. 198 del 2003.

    Da eroine a escluse: la storia di Sara e Valeria e dei loro tatuaggi

    Consapevoli della regola, Sara e Valeria decisero di sottoporsi a trattamenti laser per rimuovere i tatuaggi, ma al momento della visita medica, nell’aprile 2018, i segni erano ancora leggermente visibili, portando alla loro esclusione dal concorso. Le due donne, convinte dell’ingiustizia subita, decisero di fare ricorso al Tar del Lazio, chiedendo l’annullamento della loro esclusione e, in via cautelare, la sospensione degli atti che le avevano dichiarate non idonee.

    Il Tar del Lazio dice sì

    Il primo successo arrivò quando il Tar accolse le loro richieste, permettendo a Sara e Valeria di essere ammesse provvisoriamente al concorso. Le due parteciparono, lo vinsero e iniziarono a frequentare il corso di formazione per diventare agenti di polizia. Addirittura, nel giugno del 2019, prestarono giuramento come membri effettivi della Polizia di Stato, iniziando a percepire regolarmente uno stipendio.

    Mai arrendersi ma l’Europa dice no

    Tuttavia, il Ministero dell’Interno decise di ricorrere al Consiglio di Stato, che ribaltò la sentenza del Tar e sancì l’esclusione definitiva delle due donne. A seguito di questa decisione, Sara e Valeria persero il lavoro e lo stipendio che avevano legittimamente ottenuto grazie al concorso. Le due donne, tuttavia, non si arresero e decisero di portare il loro caso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), sostenendo che la decisione del Consiglio di Stato fosse eccessivamente formalistica e non tenesse conto di un precedente a loro favore. Inoltre, evidenziarono l’effetto sproporzionato della sentenza, dato che avevano già rimosso i tatuaggi con un costoso trattamento laser e avevano già assunto il ruolo di poliziotte.

    Anche Strasburgo non ci sta i tatuaggi delle poliziotte non sono ammessi

    Nonostante queste argomentazioni, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con una sentenza definitiva, ha respinto il loro ricorso. Secondo i giudici di Strasburgo, Sara e Valeria erano consapevoli che la loro ammissione al concorso fosse solo provvisoria e che la decisione del Tar non fosse definitiva. La Corte ha quindi ritenuto irricevibile il loro ricorso, sottolineando che le due candidate avevano scelto consapevolmente di proseguire nella loro carriera pur sapendo del rischio di esclusione.

    Un coperchio scoperchiato che farà luce su casi simili

    La sentenza della CEDU rappresenta quindi una conclusione amara per Sara e Valeria, il cui sogno di indossare la divisa si è scontrato con un rigido rispetto delle norme, nonostante gli sforzi fatti per conformarsi ai requisiti richiesti. Il caso ha sollevato interrogativi sulle regole riguardanti i tatuaggi nelle forze dell’ordine e su come vengano interpretate in modo stringente, anche quando il segno dei tatuaggi è ormai quasi impercettibile.

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