Storie vere
Scompare per oltre un mese, il padre non regge e si toglie la vita. Ma lei torna dopo una “fuga spirituale”…
Hannah Kobayashi ha sconvolto la sua famiglia sparendo volontariamente. Mentre attraversava il confine con il Messico, il padre, incapace di sopportare l’angoscia, si è tolto la vita a Los Angeles. La giovane ora parla di un “risveglio spirituale”.
Hannah Kobayashi, 30enne originaria delle Hawaii, è stata protagonista di una vicenda che ha lasciato il segno su una famiglia già duramente provata. Per oltre un mese, la giovane è scomparsa senza lasciare tracce, se non vaghi messaggi inviati ad amici e parenti che parlavano di una misteriosa “fuga spirituale”. Il suo ritorno, avvenuto improvvisamente, è stato accolto con sollievo dalla famiglia, ma anche con profondo dolore: il padre di Hannah, durante le ricerche, non ha retto alla tensione e si è tolto la vita a Los Angeles, dove si trovava per cercare la figlia.
L’ultima traccia
Hannah era partita da Maui l’8 novembre per raggiungere New York, dove avrebbe dovuto far visita a una zia, ma non è mai arrivata a destinazione. L’ultimo avvistamento risaliva a Los Angeles, in compagnia di un uomo sconosciuto, e le immagini delle telecamere di sorveglianza hanno mostrato come avesse attraversato volontariamente il confine con il Messico. Questo ha portato le autorità a considerare il caso come una fuga volontaria, interrompendo le ricerche ufficiali.
La famiglia, però, non si è arresa. Il padre di Hannah si è recato a Los Angeles per cercare ulteriori indizi, ma l’angoscia e il peso della situazione sono diventati insostenibili. Come riportato dalla BBC, l’uomo è stato trovato morto, con il medico legale che ha confermato il suicidio.
Il ritorno di Hannah
Dopo settimane di silenzio e incertezza, Hannah è tornata a casa. La famiglia ha emesso un comunicato nel quale esprime sollievo per il suo ritrovamento, chiedendo però rispetto per il dolore che stanno vivendo: “Questo mese è stato un calvario inimmaginabile per la nostra famiglia e ora chiediamo il tempo necessario per elaborare ciò che è accaduto”.
Hannah, dal canto suo, ha parlato di un “risveglio spirituale”, spiegando che la sua fuga era motivata dalla necessità di staccarsi dalla vita quotidiana per ritrovare sé stessa. Tuttavia, il prezzo pagato dalla famiglia è stato altissimo, con un dolore che difficilmente potrà essere dimenticato.
Un dramma complesso
La vicenda di Hannah Kobayashi mette in luce la complessità dei rapporti familiari e il peso delle scelte individuali. Mentre la giovane cerca di riprendere in mano la propria vita, la tragedia del padre resta un monito per le conseguenze imprevedibili che le decisioni personali possono avere su chi ci circonda.
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Storie vere
Scuola in rivolta: prete svela ai bambini che Babbo Natale non esiste e scatena il caos natalizio
Invitato per una lezione sulla Natività, il reverendo Paul Chamberlain ha dichiarato che Babbo Natale non esiste e che i regali sotto l’albero sono opera dei genitori. Genitori furiosi, bambini sconvolti e un Natale compromesso.
La magia del Natale si è trasformata in un incubo per i bambini della Lee-on-the-Solent Junior School, una scuola elementare nell’Hampshire, in Inghilterra. Il responsabile? Il reverendo Paul Chamberlain, un prete anglicano invitato dalla scuola per una lezione sulla Natività, che ha finito per svelare ai piccoli alunni che Babbo Natale non esiste.
La rivelazione che ha sconvolto i bambini
L’episodio, raccontato dal Times, ha avuto luogo durante un progetto natalizio in classe. Il prete, parlando a un gruppo di bambini di circa 10 anni, ha spiegato la storia della nascita di Gesù, come richiesto dalla scuola. Ma il discorso ha preso una piega inaspettata quando il religioso ha deciso di commentare l’esistenza di Babbo Natale, dichiarando che l’uomo con la barba bianca e vestito di rosso non esiste.
Come se non bastasse, alle domande dei bambini sui regali sotto l’albero, Chamberlain ha insistito spiegando che sono i genitori a comprarli, aggiungendo che anche i biscotti lasciati per Babbo Natale vengono mangiati da mamma e papà.
Lacrime e proteste
Molti bambini sono scoppiati in lacrime, sconvolti dalla rivelazione. “La mia bambina era sconvolta ma, per fortuna, ancora ci crede e pensa che il prete abbia perso la testa”, ha raccontato una madre. Un’altra genitrice, meno fortunata, ha spiegato: “Molti di noi sono stati costretti a confessare tutto ai nostri figli. Ha rovinato la magia del Natale”.
Le proteste non si sono fatte attendere. Insegnanti e genitori hanno denunciato pubblicamente il comportamento del prete, definendolo “un gesto assolutamente disgustoso”.
Scuse tardive e critiche dalla diocesi
Dopo il caos, la scuola si è scusata ufficialmente con i genitori, assicurando che episodi simili non si ripeteranno. Anche la diocesi di Portsmouth, da cui dipende il reverendo, ha condannato il gesto. Un portavoce ha dichiarato: “Paul ha ammesso che si è trattato di un errore di giudizio. Siamo dispiaciuti per le conseguenze delle sue parole”.
Un Natale difficile da rimediare
Mentre la scuola cerca di riportare la serenità, i genitori si interrogano su come rimediare ai danni fatti. “Non so come si possa recuperare la magia del Natale per i nostri figli”, ha commentato una madre amareggiata.
Storie vere
Un test del DNA per gioco riapre un cold case: la nonna accusata di omicidio
Il profilo genetico di Jenna ha riaperto il mistero del Baby Garnet, un caso irrisolto di asfissia neonatale del 1997. La nonna nega le accuse, ma la verità potrebbe finalmente emergere dopo quasi tre decenni.
Un test del DNA fatto per gioco ha riportato a galla un caso di cronaca nera rimasto irrisolto per quasi trent’anni. Jenna Gerwatowski, una ragazza di 23 anni del Michigan, ha scoperto che il suo profilo genetico era legato a un neonato trovato morto in un campeggio nel 1997. Questa scoperta ha portato all’arresto della nonna, Nancy Gerwatowski, accusata di aver causato la morte del piccolo.
Il caso del Baby Garnet
La vicenda ha avuto inizio con una telefonata inattesa. Jenna, che lavorava in un negozio di fiori a Newberry, ha risposto a un numero sconosciuto: dall’altra parte c’era un detective della polizia di stato del Michigan che le chiedeva se avesse mai sentito parlare del caso “Baby Garnet”.
Il caso risale al 1997, quando il corpo di un neonato fu trovato abbandonato in un gabinetto presso il Garnet Lake Campground. Nonostante gli sforzi, le indagini non avevano mai portato all’identificazione del bambino o di chi lo avesse abbandonato.
Un test del DNA riapre il caso
Nel 2023, i detective hanno deciso di riaprire il caso, utilizzando nuove tecnologie per estrarre il DNA del neonato dal femore. Quando Jenna ha fatto analizzare il suo DNA per curiosità, i risultati hanno rivelato una connessione sorprendente: era imparentata con il piccolo.
Le indagini successive hanno stabilito che Jenna era la nipote del neonato e che sua nonna, Nancy, sarebbe la madre del bambino. La scoperta ha sconvolto Jenna, sua madre Kara e l’intera comunità di Newberry.
La ricostruzione dei fatti
Secondo i documenti del tribunale, Nancy, all’epoca quarantenne, avrebbe partorito da sola nella sua casa nel 1997. Il neonato sarebbe morto per asfissia, una tragedia che, secondo l’accusa, si sarebbe potuta evitare con un’assistenza medica tempestiva. Successivamente, Nancy avrebbe messo il corpo del bambino in un sacco, abbandonandolo nel campeggio.
La difesa di Nancy
Nancy, attraverso i suoi avvocati, ha respinto le accuse. Sostiene che il neonato sia morto durante un parto traumatico nella vasca da bagno, mentre lei era svenuta. Al suo risveglio, il bambino era già morto.
L’impatto sulla comunità
Jenna ha raccontato la vicenda in un video di sette minuti, che ha ottenuto 17 milioni di visualizzazioni sui social. La storia ha scosso la comunità di Newberry, portando alla luce un mistero rimasto sepolto per quasi tre decenni.
Man mano che il processo legale prosegue, resta da capire se emergeranno nuovi dettagli in grado di chiarire definitivamente le circostanze della morte del Baby Garnet.
Un passo verso la verità
La vicenda, che ricorda per certi versi il caso di Chiara Petrolini, ha riaperto un doloroso capitolo della storia locale, offrendo però la possibilità di dare finalmente giustizia al neonato abbandonato. Per Jenna e la sua famiglia, il test del DNA ha portato non solo risposte, ma anche domande che aspettano ancora una spiegazione.
Storie vere
Compie 23 anni e ha un cuore a pezzi…di pizza che lo consola con una inaspettata sorpresa finale
Un ragazzo di 23 anni non ha avuto il compleanno che immaginava, ma ha scoperto che, a volte, un semplice gesto può rendere la vita un po’ meno amara.
A questo ragazzo di 23 anni protagonista di questa storia buonista proviano a dargli un nome a caso: Giuseppe. Succede che a due giorni dal suo compleanno Giuseppe è stato lasciato dalla ragazza. E si sà affrontare una rottura non è mai facile soprattutto alla sua età. Ma scoprire di essere stati lasciati appena due giorni prima del compleanno è un colpo che lascia il segno. Un carico nel cuore difficile da gestire. E così Giuseppe si è ritrovato a vivere uno dei giorni più tristi della sua vita senza nessuno accanto per festeggiare. In un tentativo di sollevare un po’ il morale, ha deciso di ordinare una pizza con una richiesta speciale che ha dato il via a una piccola, inaspettata magia.
Una pizza che scalda il cuore
Giuseppe decide di ordinare una pizza e con un messaggio affidato all’app della pizzeria, il ragazzo ha scritto: “Oggi compio 23 anni, ma sono giù di morale: due giorni fa la mia ragazza mi ha lasciato. Vivo da solo e non ho molto tempo libero per distrarmi. Sarebbe fantastico se poteste mettere il numero 23 sulla pizza, magari con i peperoni, se possibile.” Certo che è possibile. Anzi di più… Il personale della pizzeria, che immaginiamo più o meno della stessa età del protagonista di questa storia, colpito dalla richiesta, non solo ha esaudito il desiderio preparando una pizza decorata con il numero 23, ma ha deciso di andare oltre. Quando il ragazzo è andato a pagare il conto, ha ricevuto uno scontrino davvero unico. Sopra c’era scritto:
“Se hai un appartamento tutto per te e tanto tempo libero, adotta un cucciolo. Vedrai, ti riprenderai presto. Dimentica la tua ragazza.“
Un gesto semplice che fa la differenza
Per Giuseppe questo semplice gesto ha trasformato una giornata amara in un ricordo dolce e incoraggiante. In un momento di solitudine, un piccolo atto di gentilezza ha fatto la differenza, regalando al ragazzo la sensazione di non essere davvero solo. Infatti spesso basta un gesto di empatia per riportare un sorriso e accendere una nuova scintilla di speranza.
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