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Storie vere

Si chiama Alen, il giovane eroe della Bassa Padana che salva una vita sulle Rive del Po

Un giovane autista di una ditta di Verona, lunedì mattina mentre era diretto a Dosolo per una consegna, ha notato qualcosa di strano…

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    Questa storia si svolge nella quiete apparentemente immutabile della Bassa Padana, a due passi dal fiume Po, tra campi di nebbia e paesaggi che sembrano usciti dalle storie di Don Camillo e Peppone. Lì si è consumato un dramma che avrebbe potuto finire in tragedia. È solo grazie al coraggio di Alen Halilovic, un giovane di 21 anni originario della Bosnia ma cresciuto in Italia, che quella giornata a Guastalla non si è trasformata in un altro tragico racconto di cronaca nera.

    L’inizio di un atto eroico

    E’ successo che lunedì mattina, lungo una strada solitaria che costeggia i campi umidi vicino al ponte sul Po, Alen, autista per una ditta di Verona, era diretto a una consegna. All’incrocio con la provinciale, una BMW bianca ferma con le portiere aperte ha attirato la sua attenzione. Avvicinandosi, ha visto qualcosa che lo ha fatto fermare di colpo: un uomo corpulento era a cavalcioni su una donna, la picchiava e brandiva un coltello. Senza pensarci, Alen ha invertito la marcia, si è piazzato dietro la vettura e, con il cellulare in mano, ha iniziato a filmare la scena mentre urlava per distrarre l’aggressore.

    Alen: faccia a faccia con il pericolo

    L’uomo della BMW, alto quasi un metro e novanta, si è girato verso di lui, il coltello sporco di sangue nella mano destra. “Aveva gli occhi spalancati e le labbra bianche, sembrava fuori di sé“, racconta Alen. Nonostante il timore, il giovane non si è tirato indietro: ha continuato a distrarlo e, quando l’uomo ha cercato di trascinare la donna in auto, si è lanciato contro di lui, riuscendo a mettersi in mezzo e a bloccarlo.

    Una lotta contro il tempo

    La donna, ferita al collo, si è aggrappata alla gamba di Alen, disperata. “Mi diceva: sto morendo, aiutami, non vedo e non sento più niente“, ricorda il ragazzo. Nel frattempo, il destino ha mandato un aiuto insperato: un’ambulanza della Croce Rossa, che passava per caso, si è fermata per prestare soccorso. Alen, con una lucidità straordinaria, ha persino chiamato la madre della donna per rassicurarla e raccontarle quanto accaduto. Nel frattempo, l’aggressore è fuggito, ma il giovane aveva già ripreso tutto con il cellulare, fornendo così alle autorità preziose prove per identificarlo.

    Alen un eroe alla Guareschi…

    Tanta gente si volta dall’altra parte“, ha detto Alen con amarezza. “Io ho pensato che quella donna poteva essere una mia amica, mia sorella o mia madre. Non ci ho pensato un secondo: dovevo intervenire“.

      Storie vere

      “Sei sporca, brutta e grassa”: 12enne bullizzata in classe, la scuola condannata a risarcire 60mila euro

      Una 12enne di Pescara è stata vittima di bullismo per mesi, senza che la scuola intervenisse tempestivamente. Gli insulti e le vessazioni subiti l’hanno costretta a cambiare scuola e hanno causato gravi danni psicologici. Dopo otto anni di battaglie legali, la Corte d’appello dell’Aquila ha condannato l’istituto a risarcire la ragazza e la sua famiglia con 60mila euro, criticando duramente l’indolenza della scuola nel proteggere la studentessa.

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        La storia di una 12enne bullizzata nella sua scuola media di Pescara fa ancora parlare. Offese, insulti e vessazioni quotidiane l’hanno costretta a vivere un incubo durato mesi, senza che la scuola intervenisse tempestivamente. La bambina, oggi 23enne, ha finalmente ottenuto giustizia: la Corte d’appello dell’Aquila ha condannato l’istituto a risarcire lei e la sua famiglia con 60mila euro per non aver preso provvedimenti adeguati contro il bullo.

        Un incubo lungo otto anni

        “Tu sei una ragazza sporca, come tua madre, fai cose sporche, sei una p… Sei brutta, grassa, guardati”. Queste le parole che risuonavano nella mente della 12enne ogni giorno. Le offese e le umiliazioni arrivavano dal suo coetaneo, compagno di classe, che la perseguitava continuamente. La scuola, invece di intervenire immediatamente, ha lasciato che la situazione degenerasse.

        La lenta risposta della scuola

        La scuola ha sospeso il bullo solo per una settimana, una misura ritenuta insufficiente dai giudici. Le testimonianze dei compagni di classe hanno evidenziato l’indifferenza del corpo docente e la mancanza di interventi adeguati. “I professori sapevano che la mia amica era bullizzata e non hanno mai rimproverato quel ragazzo,” ha dichiarato una compagna di classe. Questa indifferenza ha portato la bambina a perdere 20 chili, a cambiare scuola e a perdere l’anno scolastico.

        La sentenza e le critiche alla scuola

        La Corte d’appello dell’Aquila ha confermato la condanna della scuola, sottolineando l’obbligo di vigilanza e protezione degli studenti. “Il compito della scuola era quello di tutelare la minore, adempiendo all’obbligo di controllo e vigilanza prima che si verificasse la situazione di pericolo e non intervenire in un momento successivo,” hanno scritto i giudici nella sentenza.

        Un lungo cammino verso la giustizia

        Otto anni di udienze e sofferenze ripercorse in tribunale hanno finalmente portato giustizia alla ragazza e alla sua famiglia. Il risarcimento di 60mila euro è solo un parziale sollievo per il dolore subito, ma rappresenta un importante riconoscimento della responsabilità della scuola. La giovane, ora 23enne, ha ripreso in mano la sua vita grazie a cure e sostegno psicologico, ma le ferite lasciate dal bullismo e dall’indifferenza della scuola rimarranno per sempre.

        Una lezione amara

        Questa vicenda evidenzia la necessità di un intervento immediato e deciso contro il bullismo nelle scuole. Le istituzioni educative hanno il dovere di proteggere i loro studenti e di creare un ambiente sicuro e supportivo. Speriamo che questa sentenza serva da monito affinché nessun altro bambino debba soffrire come la giovane di Pescara.

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          Storie vere

          Casa inagibile per i lavori dei vicini: Walter, malato e senza un tetto, chiede aiuto NG

          I vicini fanno i lavori e la sua casa diventa inagibile. Un uomo di 53 anni, gravemente malato, non sa dove andare a vivere con la moglie.

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            Ma povero signor Walter…la sua vita è stata stravolta dai lavori di ristrutturazione nell’appartamento sottostante alla sua abitazione. Questo episodio è successo ad Ancona e ha coinvolto il signor Walter Dominici, 53 anni, invalido civile al 55% per una grave cardiopatia. Un un contratto di lavoro precario, una moglie e due cani di grossa taglia a carico, Walter oggi si trova ora senza un luogo dove vivere stabilmente. Ma coa è successo? Perché si trova n questa situazione così precaria e instabile?

            I fatti: da casa sicura a incubo quotidiano

            Walter viveva in un appartamento al terzo piano di un antico palazzo a Montesicuro, quando, a novembre, i proprietari dell’appartamento al piano di sotto hanno avviato importanti lavori di ristrutturazione. Walter in alcuni momenti della giprnata sentiva traballare le mura di casa sua come se ci fossero delle piccole scosse di terremoto. “Un giorno ho sentito rumori così forti che tremava tutta la casa,” racconta. Dopo aver scoperto che erano stati abbattuti muri portanti, Walter ha subito avvisato i proprietari, che lo hanno rassicurato dicendo che avrebbero verificato con l’ingegnere. Ma da quel girno la situazione è rapidamente peggiorata. Il pavimento del suo appartamento ha iniziato a cedere. Temendo per la sicurezza, Walter ha chiamato i Vigili del Fuoco, i quali, dopo un controllo, hanno dichiarato l’intero appartamento inagibile. “Non mi aspettavo che ci costringessero a lasciare subito casa,” ricorda oggi Walter.

            E il Comune come ha trattato Walter?

            Nonostante l’emergenza abitativa, il Comune di Ancona ha comunicato che tutti gli alloggi d’emergenza erano occupati. La prima notte, Walter e la moglie sono stati costretti a dormire in un hotel vicino alla stazione, ma la mattina successiva hanno ricevuto una doccia fredda. Ovvero? “All’ufficio di Promozione Sociale mi hanno detto che non potevano fare nulla perché ho un lavoro e non ho figli minori a carico.” Le alternative proposte non erano accettabili: i figli vivono lontano, e un eventuale ricovero per senzatetto avrebbe separato la coppia, con Walter ad Ancona e la moglie a Jesi o Falconara. “Non potevo accettare di essere separato da mia moglie e dai nostri cani. Siamo una famiglia.” E ha ragione… Quindi?

            La situazione attuale? Un fragile equilibrio

            Quindi ora Walter e la moglie vivono in un albergo a Osimo Stazione, grazie ai risparmi personali. Nel frattempo, sono riusciti a trovare una casa in affitto temporaneo a Numana, dove si trasferiranno nei prossimi giorni. Tuttavia, questa soluzione è solo provvisoria. “A maggio dovremo lasciare la casa. Non so cosa fare dopo,” spiega Walter, che spera di trovare un’abitazione a canone agevolato. Comunque sul lato pratico finora, Walter non ha ricevuto aiuti concreti dalle istituzioni, nonostante i ripetuti appelli. La comunità locale non sembra aver mobilitato risorse per sostenere la sua situazione. “Mi sento abbandonato,” dichiara. La speranza è che, come accaduto in altri casi simili, venga trovata una soluzione d’urgenza, magari attraverso fondi comunali per situazioni di emergenza o un intervento delle associazioni di volontariato. “Ho bisogno di aiuto, di una casa temporanea dove poter stare finché non sistemano la mia. Non voglio mollare, ma non posso farcela da solo.”

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              Storie vere

              La superiora coinvolta in una chat erotica col prete, ma le suore negano

              La religiosa a capo del Most Holy Trinity di Arlington è stata accusata di aver violato il voto di castità con telefonate sconce con un prete. Il vescovo locale vuole prendere il controllo della struttura, ma le suore si sono ribellate

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                La saga del monastero Most Holy Trinity di Arlington, Texas, è diventata la trama principale di una telenovela dall’andamento tanto imprevedibile quanto scandaloso. Il palcoscenico di questa storia boccaccesca è un monastero in lotta tra suore ribelli e un vescovo determinato, con tanto di violazione dei voti di castità e telefonate sconce a un prete.

                Le suore carmelitane hanno alzato la voce, sfidando il Vaticano e denunciando il vescovo locale e l’Association of Christ the King. La battaglia per il controllo del monastero e dei suoi trenta ettari di terreno è diventata un vero e proprio campo di battaglia legale, con milioni di dollari in gioco e un’accusa di violazione dei voti sacri che avrebbe fatto arrossire persino il Papa.

                Il Vaticano ha emesso un decreto assegnando il controllo del monastero a un’organizzazione privata cattolica, scatenando una guerra legale senza precedenti. Ma le suore non si sono arrese facilmente: hanno chiesto di bloccare il provvedimento e hanno denunciato il vescovo locale per tentativo di appropriazione indebita.

                Ma la vera bomba è stata la rivelazione dei loschi affari della madre superiora, Teresa Agnes Gerlach, accusata di aver rotto il voto di castità con telefonate sconce a un prete di un altro monastero. Un’indagine interna condotta dal Vaticano ha portato alla rimozione di Gerlach, ma la madre superiora non si è data per vinta, sostenendo di essere vittima di un complotto ordito dal vescovo per prendere il controllo del monastero.

                Il tribunale diventa così il palcoscenico di una battaglia epica, con suore coraggiose che lottano per difendere la loro casa e il loro onore. La richiesta di 100 mila dollari di risarcimento è solo l’ultima mossa in questa partita che sembra non avere fine.

                Ma mentre il pubblico si prepara a scrutare ogni mossa sul palcoscenico del tribunale, ci si chiede: chi sarà il vincitore di questa battaglia? Le suore sono pronte a tutto pur di difendere il loro monastero, e il vescovo dovrà fare i conti con una rivolta che potrebbe mandare in fumo i suoi loschi piani.

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