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Truffato con un falso SMS: Poste Italiane condannata a risarcire un pensionato raggirato

Un 73enne di San Casciano Val di Pesa derubato di 18mila euro da una truffa di phishing. Il tribunale stabilisce la responsabilità di Poste per mancata protezione del cliente.

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    Un uomo di 73 anni, residente a San Casciano Val di Pesa, ha vissuto un incubo quando ha scoperto di essere stato derubato di ben 18.039 euro. Tutto è iniziato con un messaggio SMS apparentemente inviato da Poste Italiane, che lo informava di una presunta anomalia sul suo conto corrente. Nel messaggio, corredato del logo delle Poste, si invitava il cliente a cliccare su un link per risolvere il problema. L’ignaro pensionato seguendo le istruzioni è stato contattato da un finto operatore che, con modi convincenti, lo ha persuaso a inserire la tessera Postamat in un lettore, con la scusa di resettare i codici di accesso per motivi di sicurezza. In pochi minuti, i truffatori sono riusciti a effettuare nove operazioni fraudolente, sottraendo la somma per acquisti in buoni fruttiferi postali.

    Quando l’uomo si è reso conto del raggiro, si è recato immediatamente nella filiale delle Poste, ma ormai il danno era fatto. Poste Italiane, tuttavia, si è rifiutata di risarcire il cliente, costringendolo a rivolgersi al tribunale per ottenere giustizia. Ma come?

    La sentenza: Poste Italiane è responsabile

    Il tribunale di Firenze, nella persona della giudice Elisabetta Carloni, ha emesso una sentenza che ha condannato Poste Italiane a risarcire integralmente il pensionato. Secondo il giudizio, l’azienda non aveva adottato le misure necessarie per proteggere il cliente da un attacco di phishing, come l’implementazione di sistemi di sicurezza avanzati, tra cui la doppia autenticazione con codice OTP.

    La responsabilità di Poste Italiane – ha sottolineato la giudice – avrebbe potuto essere esclusa solo dimostrando l’adozione di tutte le misure tecniche e organizzative necessarie per tutelare il cliente”. Nel caso specifico, il tribunale ha stabilito che il pensionato non aveva alcuna responsabilità, poiché non c’erano prove di negligenza o di errata custodia dei codici personali. La sentenza ha fatto riferimento a un precedente giurisprudenziale della Cassazione (sentenza 23683/2024), che chiarisce come i prestatori di servizi di pagamento abbiano l’obbligo di garantire la sicurezza delle operazioni, verificando che queste siano effettivamente riconducibili alla volontà del cliente.

    Un caso che apre una breccia sulla sicurezza digitale

    Questo episodio mette in luce l’importanza di adottare sistemi di sicurezza più robusti, soprattutto in un’epoca in cui le truffe digitali sono sempre più sofisticate. Per il pensionato, difeso dall’avvocato Pierpaolo Florio, la sentenza rappresenta una vittoria significativa, ma la vicenda solleva interrogativi sulle responsabilità delle aziende nel proteggere i propri clienti da attacchi di phishing. Il caso è un monito per i consumatori a essere sempre cauti di fronte a comunicazioni sospette. Ma anche un richiamo per le istituzioni finanziarie a investire maggiormente nella sicurezza informatica. Come dimostrato dalla vicenda, i danni delle truffe digitali non riguardano solo le somme sottratte, ma anche la fiducia dei clienti nei confronti delle aziende che dovrebbero proteggerli.

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