Storie vere
“Un uomo davanti casa mia ogni giorno”: la denuncia di Giulia Hamiti contro lo stalking digitale
“Voglio giustizia, non posso più lavorare o dormire serenamente”. Le indagini non portano a risposte, ma Giulia non si arrende.
Era il 2017 quando Giulia Hamiti, allora poco più che ventenne, scoprì per la prima volta che le sue foto erano state rubate e utilizzate per creare profili fake su Instagram e piattaforme di dating come Tinder e Badoo. I nomi utilizzati – Elisa, Elise, Eli – erano parte di un personaggio fittizio, descritto come una ragazza slovena in cerca di relazioni con altre donne.
“All’inizio pensavo fosse opera di un pazzo, mi sono fatta persino una risata”, racconta Giulia. Ma il suo sorriso si è spento presto. Quello che sembrava uno scherzo di cattivo gusto si è trasformato in un incubo senza fine, con un escalation culminata pochi mesi fa, quando centinaia di immagini pornografiche con il suo volto, montate sul corpo di altre donne, sono state pubblicate su un sito.
Un persecutore invisibile
Per anni Giulia ha cercato di scoprire chi si nascondesse dietro questi profili. “Ho trovato un profilo Facebook che sembrava appartenere a un ragazzo – spiega – e alcune foto di paesaggi lì caricate erano identiche a quelle usate sui profili fake. Gli ho scritto per dirgli di smetterla. La sua risposta? Bloccarmi. Due settimane dopo sono comparse le immagini pornografiche”.
Il persecutore, che sembra seguire non solo Giulia ma anche le sue amiche e parenti, continua a distruggere la sua vita senza sosta.
Le denunce senza risposta
Con l’aiuto dell’avvocato Alfredo Maccarone, Giulia ha presentato quattro denunce alla Polizia Postale per furto d’identità. Tuttavia, non ha ricevuto aggiornamenti sull’andamento delle indagini. Nel frattempo, la sua situazione psicologica si è aggravata. “Non riesco più a dormire senza farmaci, soffro di attacchi d’ansia e panico, e non posso più lavorare. È come avere uno stalker davanti casa ogni giorno”.
Un appello per la giustizia
Giulia continua a combattere per essere ascoltata e per far sì che le autorità intervengano in modo efficace contro lo stalking digitale. “Se una persona perseguita un’altra tramite i social, è lo stesso che farlo di persona”, sottolinea.
Il suo caso è un drammatico esempio delle lacune nel contrasto al cyberstalking, un fenomeno che continua a mietere vittime nell’era digitale. Giulia non vuole arrendersi, ma il tempo stringe: ogni giorno che passa, il suo persecutore rimane impunito, alimentando un incubo che sembra non avere fine.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Storie vere
Un gesto d’amore senza volto: l’eroe della donazione samaritana di un rene che ha salvato tre vite
In un’Italia sempre più generosa, un uomo ha donato un rene a uno sconosciuto innescando una catena di solidarietà che ha salvato altre due vite.
In un’epoca dominata dall’individualismo, la storia di un uomo che ha deciso di donare un rene a uno sconosciuto risuona come una nota di speranza. Un gesto d’amore puro e disinteressato che ha dato il via a una catena di solidarietà, salvando non solo una, ma ben tre vite. L’uomo, che ha preferito mantenere l’anonimato, ha spiegato la sua decisione con una semplicità disarmante: “L’ho fatto per gratitudine verso la vita“. Un sentimento profondo che lo ha spinto a condividere il dono più prezioso: un pezzo di sé. La sua scelta, coraggiosa e altruista, ha innescato una reazione a catena, dando vita a una serie di trapianti che hanno restituito la speranza a tre persone gravemente malate.
Una catena di solidarietà con 110 sanitari coinvolti
Il rene donato è stato trapiantato a un paziente dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila. A sua volta, un familiare del paziente aquilano, incompatibile con quest’ultimo, ha donato un rene a un’altra persona ricoverata a Bologna, dando il via a una sorta di “effetto domino” che ha portato alla realizzazione di tre trapianti, tutti perfettamente riusciti. Dietro a questo successo c’è un’organizzazione impeccabile. Grazie alla collaborazione tra il Centro nazionale trapianti le regioni coinvolte e le forze dell’ordine, i tre reni sono stati trasportati in tempi record e trapiantati con successo. Un’operazione complessa che ha coinvolto oltre 110 operatori sanitari.
Rene, dono della vita
La donazione di organi è un gesto di grande generosità che permette a molte persone di ritrovare una nuova vita. Negli ultimi anni, l’Italia ha fatto passi da gigante in questo campo, diventando uno dei Paesi leader in Europa. Tuttavia, c’è ancora molto da fare. I dati sono incoraggianti. Il numero di donatori e di trapianti è in costante aumento. Nel 2023, l’Italia ha raggiunto un nuovo record, superando le 4.000 donazioni da cadavere. Un risultato straordinario, frutto dell’impegno di tutti gli attori coinvolti: dai medici agli infermieri, dai volontari ai cittadini. Nonostante questi progressi, ci sono ancora molte sfide da affrontare. In primo luogo, è necessario continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della donazione di organi. Inoltre, è fondamentale semplificare le procedure burocratiche e ridurre i tempi di attesa per i trapianti.
Storie vere
Calcio e coraggio: le nonne calciatrici di Calès si spogliano per un sogno mondiale
Con scarpette e tacchetti ai piedi e spirito di squadra, le giocatrici francesi dimostrano che la vita non ha scadenze: “Dimostriamo che possiamo ancora fare tutto”.
Nella pittoresca Dordogna, un piccolo paese francese ha dato vita a un progetto straordinario. A Calès, un gruppo di donne over 50 ha deciso di mettersi in gioco in un modo che sfida pregiudizi e convenzioni: posare nude per un calendario e finanziare così la loro partecipazione alla Coppa del Mondo delle Nonne in Sudafrica nel 2025.
L’inizio di un’avventura straordinaria
L’idea è nata nel luglio 2023 da Karine Van den Eynde, una dinamica sessantenne sempre alla ricerca di nuove sfide. “Perché non fondare una squadra di calcio riservata alle donne over 50?” chiese Karine. Da quell’idea iniziale, ciò che sembrava un passatempo si è trasformato in una passione collettiva: da otto partecipanti iniziali, ora le giocatrici sono una trentina.
Gli allenamenti bisettimanali a Calès, che all’inizio erano poco più che incontri improvvisati, sono diventati sessioni strutturate e impegnative. “Era una sciocchezza, ma abbiamo riso tanto!” ricorda Joëlle Mayer, una delle prime partecipanti.
Un calendario simbolico per finanziare il sogno mondiale
Per finanziare il viaggio in Sudafrica, la squadra ha deciso di posare per un calendario, un gesto che rappresenta molto più di un semplice mezzo per raccogliere fondi. “A una certa età diventiamo invisibili. Non ci guardano più, come se avessimo superato la data di scadenza”, spiega il tesoriere del club. Posare nude è stato un modo per rivendicare la propria visibilità e orgoglio.
Le 300 copie del calendario, vendute a 14 euro l’una, hanno già permesso di raccogliere una cifra significativa. Non tutte hanno scelto di posare, ma il progetto ha coinvolto tutte le giocatrici, unendo ironia e determinazione.
Una sfida oltre lo sport
Per queste donne, il calcio non è solo una passione, ma anche un modo per riscoprire sé stesse e creare un legame unico. Anna, 57 anni, racconta: “Giocare mi fa tornare bambina. Quando sei sul campo, non vuoi tornare a casa”.
La squadra ha già partecipato a tornei locali e a una partita a Siviglia, ma ora il sogno è puntato sulla Coppa del Mondo delle Nonne, una competizione che riunirà 32 nazioni. “Alla nostra età ci viene spesso detto che non possiamo più fare molto. Dimostriamo il contrario!” ride Karine.
Un messaggio di ispirazione
Oltre al successo sportivo, queste donne hanno ottenuto una vittoria ben più importante: quella della fiducia, dell’amicizia e della gioia di vivere. “Questo club è diventato una famiglia”, confida Joëlle.
Le regine del calcio di Calès stanno dimostrando che non è mai troppo tardi per vivere i propri sogni. Con la loro energia contagiosa e il coraggio di rompere gli schemi, inviano un messaggio potente: l’età è solo un numero, e i limiti sono fatti per essere superati.
Storie vere
Il mondo che vorremmo: due coniugi trovano 100mila euro e li consegnano ai Carabinieri
Cosa faresti se vi capitasse di rinvenire per strada degli assegni immediatamente esigibili, oltretutto per una somma di grande rilevanza? Una coppia della provincia di Foggia non ha avuto nessuna tentazione, consgenandoli immediatamente alle forze dell’ordine. Un esempio di grande senso civico e di specchiata onestà.
Dopo aver rinvenuto per strada due assegni circolari del valore complessivo di 100mila euro, una coppia di coniugi di Cerignola non ha avuto esitazione: immediatamente li hanno consegnati ai carabinieri per permettere ai legittimi proprietari di tornarne in possesso. Questo l’esemplare comportamente civico di Nicola e Donata che, mentre camminavano per il centro cittadino, hanno notato sull’asfalto i due assegni da 50mila euro ciascuno, prontamente esigibili.
Questa dovrebbe rappresentare la normalità
Dopo un comprensibile, iniziale momento di smarrimento, i due si sono recati alla caserma dei carabinieri per denunciarne il ritrovamento. Dopo aver iniziato i controlli di routine, attraverso il numero identificativo degli assegni gli agenti potranno risalire al titolare. “Senza alcuna esitazione abbiamo deciso di consegnare ai carabinieri gli assegni, che erano subito esigibili. Queste azioni devono essere qualificate come gesti normali e non eccezionali. Le persone oneste e perbene devono farli”, hanno commentato i due coniugi
Un esempio per i loro figli
Nessun pensiero differente, neanche per un istante hanno pensato di trattenere qualcosa per loro: “Anche perché già in passato, altre volte, abbiamo trovato per strada denaro in contante e lo abbiamo sempre restituito. E aggiungo che lo abbiamo fatto anche senza sperare in una ricompensa. Quello che abbiamo fatto per noi è del tutto normale. È quello che ogni giorno insegniamo ai nostri figli”.
Cosa prevede il codice in questi casi
In caso di restituzione di oggetti di valore smarriti, il codice prevede una ricompensa. Esistono alcune sentenze “rilevanti”, che vengono prese come riferimento in casi di questo tipo. la Corte di Cassazione con una sentenza del 2015 stabilisce che “L’omessa consegna di un oggetto trovato può configurare il reato di appropriazione indebita, con conseguenze penali per il ritrovatore.” Nel 2018 è stato deciso che “il ritrovatore ha diritto a una ricompensa pari al 10% del valore dell’oggetto trovato, a meno che non rinunci espressamente a tale diritto”. Una sentenza che evidenzia come il ritrovatore, pur dovendo consegnare l’oggetto, ha diritto a una ricompensa, incentivando così il comportamento etico e legale. Ai due coniugi pugliesi spetterebbe quindi la somma di 10mila euro. Ma loro hanno fatto sapere di non essere interessati a nessun corrispettivo: “Non ci interessa nessuna ricompensa, l’importante è aver fatto il nostro dovere di cittadini”.
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