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Storie vere

Una coppia alla ricerca della felicità: cambia vita su una piccola isola del Tamigi

Dalla metropoli alla natura: la scelta coraggiosa di una giovane coppia che lascia Londra a causa del caro affitto e va a vivere su isola del Tamigi.

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    Sacha Pritchard, 25 anni, e il suo compagno Matt King, 28 anni, hanno deciso di abbandonare la frenesia e i costi proibitivi della vita a Londra per trasferirsi su una piccola isola nascosta nel fiume Tamigi. Dopo anni passati a pagare affitti esorbitanti per minuscoli appartamenti condivisi con altre persone, questa giovane coppia ha trovato una soluzione decisamente fuori dagli schemi.

    Sul Tamigi una vita diversa ma appagante

    La loro nuova casa è un bungalow spazioso con una splendida vista sul fiume. Un affitto più ragionevole rispetto agli standard cittadini ha permesso loro di risparmiare l’equivalente di oltre 20.000 euro all’anno rispetto a quanto spendevano nei sette anni precedenti in città. Il costo include anche il trasporto in barca, dato che l’isola non è collegata alla terraferma da alcun ponte. La dipendenza dalla barchetta a motore rappresenta sia una peculiarità affascinante che una sfida logistica. Sacha usa questo mezzo per raggiungere il lavoro, dove presta servizio quattro giorni alla settimana. Tuttavia, quando il motore si è guastato, la coppia è rimasta bloccata sull’isola finché il problema non è stato risolto.

    Una comunità unita

    Sull’isola sul Tamigi vivono circa venti persone, un numero ridotto che ha favorito la nascita di una comunità stretta e solidale. Condividere questo particolare stile di vita ha permesso a Sacha e Matt di sentirsi parte di un gruppo unico, sebbene la vita sociale possa essere limitata. “Se uno di noi ha bisogno di andare sulla terraferma, l’altro deve accompagnarlo,” raccontano. Questo aspetto logistico richiede coordinazione e pazienza, ma per loro ne vale la pena.

    Una scelta di vita che ripaga

    Nonostante le sfide, Sacha ha dichiarato alla BBC Radio London: “Posso dire onestamente che è una delle cose migliori che abbiamo mai fatto, finanziariamente e mentalmente. Solo per essere nella natura ogni singolo giorno, ci godiamo ogni secondo“. La coppia ha mostrato la loro vita quotidiana su TikTok, dove raccontano come questa scelta sia stata liberatoria. La possibilità di vivere circondati dalla natura, lontani dal caos urbano, ha avuto un impatto positivo sulla loro salute mentale e sul loro rapporto.

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      Storie vere

      Quando l’eccellenza diventa un ostacolo: studente bocciato perché troppo dotato, è stato promosso dal Tar

      L’intervento del Tar nel caso vicentino rappresenta un passo importante verso un’istruzione più inclusiva e attenta alle esigenze di tutti gli studenti.

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        Essere troppo intelligenti può diventare un problema? Sembra incredibile, ma è ciò che è accaduto a uno studente di seconda media in provincia di Vicenza troppo dotato. Bocciato dalla scuola a causa delle sue elevate capacità cognitive, lo studente è stato successivamente promosso dal Tar del Veneto, che ha accolto il ricorso presentato dai genitori. Il tribunale ha stabilito che l’istituto scolastico non ha fornito il necessario supporto per gestire la “plusdotazione cognitiva” del giovane, portando alla condanna del Ministero dell’Istruzione al pagamento delle spese legali per un totale di 2.000 euro.

        Il caso dello studente vicentino

        Il ragazzo, caratterizzato da un’intelligenza superiore alla media, aveva sviluppato ansia da prestazione, tendenza al perfezionismo e bassa autostima. Questi elementi, secondo gli esperti, rientrano nella cosiddetta “neurodiversità della plusdotazione cognitiva” e richiedono percorsi educativi personalizzati. La scuola, però, non ha adottato strategie specifiche per sostenere il giovane nel suo percorso didattico. Nonostante fosse stato inserito nei programmi di recupero estivi, l’istituto ha comunque deciso di non ammetterlo alla classe successiva, senza coinvolgere adeguatamente il consiglio di classe. Il Tar ha ritenuto questa decisione ingiustificata, sottolineando la mancanza di un piano educativo che tenesse conto delle peculiarità del ragazzo. Di conseguenza, la bocciatura è stata annullata.

        Superdotati bocciati

        Il caso di Vicenza non è isolato. Altri studenti con capacità fuori dal comune si sono trovati in difficoltà a causa di un sistema scolastico incapace di adattarsi alle loro esigenze.

        Il caso di Matteo, il ragazzo genovese costretto a cambiare scuola.

        Un bambino genovese di 9 anni, con un quoziente intellettivo superiore alla media, ha vissuto un’esperienza simile. Considerato “difficile” per il suo approccio divergente alla risoluzione dei problemi, è stato spesso emarginato dai compagni e non supportato dagli insegnanti. I genitori hanno dovuto trasferirlo in un istituto privato, più attento alle necessità degli studenti ad alto potenziale.

        Il caso di Colin, il bambino prodigio negli Stati Uniti

        Negli Stati Uniti, il caso di Colin Carlson ha fatto scalpore. A soli 11 anni frequentava l’università, ma gli è stato negato l’accesso a un corso sul cambiamento climatico perché ritenuto troppo giovane per partecipare a una spedizione sul campo. Nonostante la sua preparazione avanzata, ha dovuto lottare per essere riconosciuto come studente a tutti gli effetti.

        Il caso di Laurent Simons, il bambino belga laureato a 9 anni

        Laurent Simons, un ragazzo belga con un quoziente intellettivo di 145, ha completato la scuola superiore a 8 anni e si è iscritto a ingegneria elettrica all’università di Eindhoven. Tuttavia, il suo percorso accademico è stato interrotto dalle rigide regole universitarie che non riuscivano a gestire un talento così precoce.

        La necessità di un’educazione inclusiva

        Questi casi dimostrano come il sistema scolastico, non solo nel nostro Paese, non sia ancora pienamente in grado di accogliere e valorizzare le menti eccezionali. La plusdotazione cognitiva è spesso trattata come un’anomalia, anziché come un’opportunità. L’assenza di programmi educativi adeguati porta a situazioni in cui studenti brillanti rischiano di essere esclusi o penalizzati, piuttosto che incentivati a esprimere il loro potenziale.

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          Storie vere

          Un matrimonio da dimenticare. Niente acqua, antipasti saltati e piatti in ritardo. Società di catering dovrà risarcire 16mila euro

          Durante il ricevimento per un matrimonio quando qualcosa va storto, come nel caso del disastroso catering di Siena, le conseguenze possono essere devastanti. Ma la legge tutela.

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            Quella che doveva essere una giornata da sogno si è trasformata in una giornata da incubo per una coppia di sposi di Siena, costretti a fare i conti con un servizio di catering disastroso. Dopo il matrimonio, gli sposi hanno deciso di portare la vicenda in tribunale, ottenendo un risarcimento di 16mila euro dalla società responsabile del servizio di catering. Il matrimonio si è svolto il 10 settembre 2022 in una location suggestiva tra le colline senesi. La coppia aveva organizzato tutto nei minimi dettagli da molti mesi prima, affidandosi a una società di catering con cui aveva concordato un menù raffinato e completo. Purtroppo, la realtà si è rivelata molto diversa dalle aspettative. Un lungo elenco di dolenti note…

            Il disastro del catering

            Il cocktail di benvenuto? Non pervenuto. Mai arrivato, così come l’acqua, che gli sposi hanno dovuto comprare personalmente al supermercato. L’antipasto, previsto in otto portate, è stato servito solo a due tavoli su tutta la sala. Inoltre, i seggiolini richiesti per i bambini erano assenti, costringendo i piccoli ospiti a restare in braccio ai genitori per l’intero banchetto. I primi piatti sono stati serviti con un ritardo considerevole e i menù speciali per vegani e celiaci sono stati completamente ignorati. Come se non bastasse, il servizio è stato gestito da camerieri in abiti casual anziché in divisa professionale. Insomma un disastro vero e proprio. Ma come è stato possibile?

            Lo stress e la battaglia legale

            L’accumulo di tensione e disservizi ha avuto un impatto così negativo sulla sposa da causarle un malore durante il ricevimento. Nei giorni successivi, la coppia ha deciso di intraprendere un’azione legale contro la società di catering. Gli invitati hanno testimoniato in tribunale confermando la versione degli sposi. Dopo tre anni di attesa, la giudice Cristina Cavaciocchi ha condannato il catering a risarcire i coniugi con 9.400 euro per danni materiali e altri 6.600 euro per danni morali e spese legali, per un totale di 16mila euro. Ecco fatto!

            Matrimoni da incubo

            Sfortunatamente, questo non è un caso isolato. In Italia e nel mondo ci sono stati numerosi episodi simili. Per esempio nel 2019 a Napoli, una coppia ha denunciato un catering che ha servito cibo avariato, causando un’intossicazione alimentare a oltre 50 invitati. Anche in quel caso, la società è stata costretta a un risarcimento. In Gran Bretagna nel 2021, una coppia di Londra ha subito un’esperienza traumatica quando il catering non si è presentato al matrimonio, lasciando 200 invitati senza cibo. Gli sposi hanno dovuto ordinare pizze d’asporto all’ultimo momento. Negli Stati Uniti nel 2020 un matrimonio texano ha visto gli sposi dover gestire una situazione imbarazzante quando il catering ha portato un menù completamente diverso da quello concordato, servendo piatti di bassa qualità invece di quelli gourmet pattuiti.

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              Storie vere

              Senzatetto chiede il reddito di dignità e scopre di essere milionario: un raggiro da tre milioni di euro

              Organizzazioni criminali sfruttano la vulnerabilità dei più deboli per portare avanti affari illeciti, approfittando della loro condizione di estrema povertà ma soprattutto dell’assenza di controlli sulle operazioni finanziarie.

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                A Taranto, un senzatetto di 59 anni ha fatto una scoperta sconvolgente quando ha presentato domanda per il reddito di dignità. L’uomo, ospite del centro di accoglienza notturno della Caritas nella città vecchia, ha scoperto di essere l’intestatario di una società che aveva ricevuto finanziamenti statali per un totale di tre milioni di euro. Scusa?

                L’ignaro clochard non aveva mai avuto alcun ruolo attivo in questa attività imprenditoriale. L’inchiesta della procura di Taranto, condotta dalla Guardia di Finanza, ha portato alla chiusura delle indagini e alla notifica di accuse nei confronti di tre uomini. Si tratta di un 52enne tarantino, un 39enne di Grottaglie e un 74enne, sempre di Taranto. I tre sono accusati di truffa aggravata, sostituzione di persona e circonvenzione di incapace.

                Il raggiro ai danni del clochard tarantino

                Il senzatetto ha scoperto la truffa quando la sua richiesta di sostegno economico è stata respinta. Approfondendo la questione, ha appreso che risultava essere il legale rappresentante di una società di costruzioni meccaniche che aveva ricevuto finanziamenti pubblici. Secondo la ricostruzione della “Gazzetta del Mezzogiorno”, il 52enne imprenditore di Taranto, con l’aiuto di un complice, avrebbe portato il clochard da un commercialista di Martina Franca, facendogli firmare inconsapevolmente una serie di documenti che lo nominavano amministratore della società. Da quel momento, l’azienda ha ottenuto un sostanzioso contributo statale, senza che il legittimo intestatario ne sapesse nulla.

                Senzatetto come prestanome delle mafie, un fenomeno diffuso

                Questo episodio non è un caso isolato. Le mafie e organizzazioni criminali utilizzano spesso senza tetto, persone indigenti e nullatenenti come prestanome per attività illecite. Questi individui vengono costretti o raggirati a intestarsi società, conti bancari o beni immobili, rendendosi inconsapevoli protagonisti di frodi finanziarie, riciclaggio di denaro e appropriazione indebita di fondi pubblici. Un caso analogo si è verificato a Napoli, dove un uomo senza fissa dimora ha scoperto di essere l’intestatario di dieci appartamenti e diverse auto di lusso. Le indagini hanno rivelato che la camorra aveva usato la sua identità per occultare le proprie ricchezze ed eludere controlli fiscali. A Milano, invece, un’altra truffa ha coinvolto un anziano senzatetto che, senza saperlo, risultava titolare di un’azienda di import-export con un giro d’affari di milioni di euro. Gli inquirenti hanno scoperto che dietro questa operazione c’era un’organizzazione specializzata nel riciclaggio di denaro sporco attraverso prestanome indigenti.

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