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Cronaca

Trump a processo: 130mila dollari per comprare il silenzio della pornostar

L’ex presidente e candidato alla Casa Bianca Donald Trump affronta 34 capi d’accusa per aver cercato di acquistare il silenzio della ex pornostar Stormy Daniels. Trump si dichiara innocente e si prepara a testimoniare, ma le testimonianze chiave promettono di rivelare dettagli imbarazzanti.

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    Oggi, negli Stati Uniti, si apre un’epoca senza precedenti nella storia giudiziaria del paese: il primo processo penale contro un ex presidente americano. Donald Trump, noto leader politico e candidato alla rielezione alla Casa Bianca, si trova sotto i riflettori della giustizia a New York, dove dovrà rispondere a 34 capi d’accusa.

    Al centro dell’accusa c’è il presunto tentativo di acquistare il silenzio della ex pornostar Stormy Daniels, risalente alla campagna elettorale del 2016. Un pagamento di 130.000 dollari, falsificazione di documenti, e l’accusa di aver cercato di sovvertire l’esito delle elezioni presidenziali del 2020 sono solo alcune delle gravi accuse che Trump dovrà affrontare in tribunale.

    L’ex presidente, nonostante le pesanti accuse, si dichiara fermamente innocente e si prepara a testimoniare in aula. Tuttavia, le testimonianze chiave promettono di essere esplosive: oltre alla ex pornostar Stormy Daniels, è attesa la testimonianza dell’ex avvocato Michael Cohen, ora pentito, il cui racconto potrebbe rivelare dettagli imbarazzanti sulla condotta di Trump.

    Questo processo, uno dei quattro a cui l’ex presidente è sottoposto, potrebbe avere conseguenze significative sulle elezioni future e sul panorama politico americano. Nonostante le speranze della difesa di procrastinare il processo, la data di inizio è stata confermata e Trump sarà tenuto a essere presente in aula ogni giorno, tranne il mercoledì, giorno in cui presumibilmente terrà i suoi comizi politici.

    Resta aggiornato con LaCityMag per tutte le ultime notizie su questo processo senza precedenti e sulle sue possibili conseguenze politiche.

      Cronaca Nera

      Ergastolo per Filippo Turetta: i giudici decidono la pena massima per l’omicidio di Giulia Cecchettin

      Dopo un processo con rito abbreviato, il caso che ha scosso l’Italia si conclude con la sentenza più dura. Decisivi il memoriale dell’imputato e la requisitoria del pm.

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        Il processo a Filippo Turetta, accusato dell’omicidio volontario della ex fidanzata Giulia Cecchettin, si è concluso con una condanna all’ergastolo. La sentenza, emessa dai giudici del tribunale di Venezia, è arrivata al termine di un procedimento in cui l’accusa ha dimostrato una premeditazione brutale, mentre la difesa ha chiesto invano il riconoscimento delle attenuanti generiche.

        Un delitto pianificato con crudeltà

        Turetta, reo confesso, era accusato di un omicidio aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza, stalking e occultamento di cadavere. Secondo la ricostruzione del pm Andrea Petroni, l’imputato aveva preparato il delitto con meticolosità, stilando una lista di oggetti da acquistare e studiando le mappe dell’area per nascondere il corpo e fuggire.

        La requisitoria del pm, pronunciata il 25 novembre durante la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, aveva sottolineato l’evidenza della premeditazione: «È stata pianificata con azioni preparatorie quotidiane, in un rapporto costante con la persona offesa. Mi sembra difficile trovare una premeditazione più provata di questa».

        La dinamica dell’omicidio

        Durante il processo, Turetta ha ricostruito in aula l’omicidio avvenuto l’11 novembre. Nel memoriale di 80 pagine presentato dalla difesa, ha descritto con vaghezza e contraddizioni il momento del delitto: «Non ricordo bene, ma devo essermi girato a colpirla mentre eravamo in macchina. Forse le ho dato almeno un colpo sulla coscia, tirando colpi a caso».

        Turetta ha ammesso di aver coperto il corpo della vittima per evitare che fosse trovato in quelle condizioni. Ha anche dichiarato di aver tentato il suicidio subito dopo, senza successo: «Ho provato a uccidermi con un sacchetto di plastica in testa, ma non ci sono riuscito».

        La difesa invoca l’emotività dell’imputato

        Gli avvocati della difesa, Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, hanno cercato di ottenere attenuanti generiche, sostenendo che Turetta avesse agito in preda a un’alterazione emotiva. «Filippo Turetta merita le attenuanti generiche», ha dichiarato Cornaviera, definendo il giovane come «un ragazzo che ha commesso un atto efferato, privando una ragazza meravigliosa dei suoi sogni e delle sue speranze».

        Tuttavia, i giudici hanno ritenuto prevalenti le aggravanti contestate nel capo di imputazione, confermando la linea dell’accusa e condannando l’imputato alla pena massima.

        Una sentenza simbolo

        Il caso ha profondamente colpito l’opinione pubblica italiana, diventando un simbolo della lotta contro la violenza di genere. La famiglia di Giulia Cecchettin, presente durante il processo, ha accolto la sentenza con commozione, sottolineando l’importanza di un verdetto che rende giustizia alla memoria della giovane.

        Il processo, iniziato con rito abbreviato il 23 settembre 2024, si è concluso rapidamente, ma ha lasciato una ferita aperta nella società italiana, ricordando ancora una volta l’urgenza di combattere la violenza contro le donne.

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          Storie vere

          Una bambina di Auschwitz, creduta morta nel lager, ricompare negli USA

          Le peripezie della piccola Gertrude, deportata nell’inferno di Auschwitz. Creduta morta da tutti, ora ha 86 anni e vive negli Stati Uniti. La scoperta grazie alla preside di un liceo romano.

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            Si chiama Gertrude ed è la protagonista di una storia tragica, con un finale però di speranza. Per anni lei è stata una dei troppi bambini la cui esistenza si era spezzata nel tristemente famoso campo di concentramento di Auschwitz. Una rapida apparizione nella storia la sua, scoperta per altro casualmente, al fianco del padre Isidor Stricks, cittadino polacco ebreo catturato vicino a Roma e deportato dai nazisti.

            Sorriso e forza senza pari

            Visto che non sempre i bambini venivano registrati sui treni della morte, si era creata l’idea che anche lei avesse finito i suoi giorni in un lager. «Ma Trudy lì non è mai arrivata, si è salvata ed è ancora viva: oggi ha 86 anni, si trova in America, è sposata e ha tre figli. Ha un sorriso bellissimo e una forza senza pari». Questa la descrizione dolcissima che ne fa di lei Maria Grazia Lancellotti, attuale preside del liceo classico e linguistico romani Orazio. Nell’ambito del progetto «Il civico giusto», che si pone l’obiettivo di scoprire storie di solidarietà e di coraggio nell’Italia fascista al tempo delle ldiscriminazioni raziziali, si è imbattuta in un dettaglio che ha catturato la sua attenzione. Tanto da spingerla alla ricerca della verità.

            L’intuito della preside Lancellotti

            «Mi stavo documentando sulla fuga di Sandro Pertini e Giuseppe Saragat dal carcere romano di Regina Coeli. Quando nei racconti Marcella Ficca, la moglie di Alfredo Monaco, il medico che quella fuga ideò, comparvero Trudy e suo padre – racconta con trasporto la Lancellotti -. Mi disse che quest’uomo che teneva stretta a sé una bambina di 5-6 anni, prima di essere caricato sul camion diretto a Fossoli, le rivolse uno sguardo terrorizzato. Come di chi non sapeva cosa lo aspettasse, trovò gli occhi di una donna, le fece un cenno, si fidò e le affidò quello che aveva di più caro pur di salvarlo». Così Marcella ospita la piccola in casa sua per qualche mese, fino a quando la mamma, Fanny, non la rintraccia e la riprende con sé.

            Da Napoli verso la salvezza ad Oswego

            Da questo momento ha inizio una storia fatta di fughe, svariate peripezie e lunghe settimane nascoste in due distinti conventi di Roma, fino alla fine della guerra. Poi la salvezza arriva quando nel luglio del ’44 salgono a bordo della Herry Gibbons, una nave che salpa da Napoli con mille profughi verso raggiunge Oswego, negli Stati Uniti.

            Il figlio Brian è venuto in Italia per abbracciare i figli di chi salvò sua madre

            «Da qui si perdono le tracce della piccola Trudy, la mamma si sposa e cambia cognome. La stessa cosa fa lei anni dopo – riprende a raccontatre la Lancellotti -. Ma a questo punto volevo arrivare alla verità su di lei per cui ho scritto a un museo della città: Trudy in America doveva essere arrivata viva e qualcuno doveva sapere qualcosa di lei. Poco dopo mi ha risposto direttamente suo figlio Brian e mi ha raccontato la vita di sua mamma Gertrude».

            I gesti che cambiano il destino delle persone

            Brian – assoluta casualità – aveva già organizzato un viaggio in Italia per la scorsa estate. Con l’occasione si è recato pure a Roma, dove ha potuto conoscere e abbracciare i figli di Alfredo e Marcella Monaco. «Purtroppo loro sono morti senza sapere se quella bambina ebrea che avevano salvato alla fine ce l’avesse fatta. Ma l’aver scoperto il loro grande gesto d’amore ha fatto in modo che venissero avviate le pratiche allo Yad Vashem per far insignirli del titolo di “Giusti fra le Nazioni”». Ora la preside Lancellotti, di questa bella storia, ne vorrebbe fare un libro.

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              Politica

              Il funerale del Movimento 5 Stelle: Beppe Grillo si presenta su un carro funebre e annuncia battaglia

              Un videomessaggio dai toni funebri, trasmesso dal blog di Grillo, segna una frattura insanabile tra il comico e il leader politico. Grillo parla di tradimenti, progetti ignorati e valori smarriti in tre anni di trasformazione in “partitino progressista”.

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                «Il Movimento 5 Stelle è stramorto». È così che Beppe Grillo, cofondatore e garante del M5S, ha definito il progetto politico che aveva contribuito a fondare nel 2009 insieme a Gianroberto Casaleggio. Il comico genovese, in un videomessaggio trasmesso ieri dal suo blog alle 11:03, ha intonato un vero e proprio “de profundis” per il movimento che, secondo lui, avrebbe perso completamente la sua identità e i suoi valori fondanti.

                Seduto al volante di un carro funebre, Grillo ha parlato con toni severi, denunciando il presunto tradimento dei principi originari del M5S e puntando il dito contro Giuseppe Conte, definito un “Mago di Oz” capace solo di incantare eletti ed elettori. «Quando venivo giù in quell’ufficio che mi era stato concesso, non veniva nessuno», ha detto con amarezza, sottolineando un profondo isolamento.

                Conte nel mirino: «Valori traditi e zero risposte ai miei progetti»

                Grillo ha accusato Conte di aver trasformato il movimento in un “partitino progressista” che non rappresenta più i cittadini. «Non facciamo neanche i giochetti che faceva la Democrazia cristiana vent’anni fa», ha detto, riferendosi alle alleanze del “campo largo” e agli accordi regionali con il Partito Democratico.

                Nel suo discorso, Grillo ha elencato una serie di proposte, definite “stelle polari”, che avrebbe sottoposto a Conte negli ultimi anni, senza però ricevere mai risposta. Tra queste, la “legge anti-zombie” per limitare i cambi di casacca parlamentari, una riforma per facilitare le decisioni condominiali e misure per ridurre il consumo energetico e l’orario di lavoro.

                «Gli ho detto: fammi dare una mano. Gli ho mandato cinquantina di progetti meravigliosi, ma lui non si è mai fatto trovare. Questo comportamento, questa sindrome compulsiva di proiezione, ha distrutto l’identità del Movimento», ha aggiunto il garante.

                Un movimento “compostabile” e il declino elettorale

                Secondo Grillo, il declino del M5S è evidente: dal 25% dei consensi è sceso a “meno della metà”, mentre i valori originari, come la trasparenza e la partecipazione dal basso, sono stati abbandonati. «Non c’è più niente. Vedere questo simbolo rappresentato da queste persone mi dà un senso di disagio», ha affermato il comico, ribadendo la sua visione del Movimento come un’entità “compostabile”, pronta a sparire se necessario.

                Il distacco con Giuseppe Conte è apparso insanabile, con accuse personali e politiche lanciate senza filtri. Grillo ha descritto il leader politico come un uomo che lo considera un “sopraelevato” e che ha costruito il proprio successo personale sulle macerie del progetto originale.

                Un futuro incerto tra nostalgie e recriminazioni

                La diretta, seguita da poco più di duemila utenti, ha segnato il tramonto di quella che era stata definita una delle rivoluzioni politiche più innovative degli ultimi decenni. Lontani i tempi degli streaming seguiti da milioni di italiani, il messaggio di Grillo si è concluso con toni amari, tra rivendicazioni e recriminazioni.

                Mentre il comico si dice pronto a mantenere il suo ruolo di garante, il Movimento sembra ormai aver preso una strada autonoma sotto la guida di Conte. Resta da vedere se il messaggio di Grillo avrà un impatto significativo o se sarà l’ultimo capitolo di una storia che aveva promesso di cambiare la politica italiana, ma che oggi sembra destinata a dissolversi.

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