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Daniela Santanchè e Francesca Pascale una borsa per l’amica. Anzi due di Hermès ma false. Come distinguere le originali da quelle tarocche?

Le due borse sarebbero state regalate dalla Ministra all’amica Francesca. Erano false e la Pascale c’è rimasta male. Ecco gli accorgimenti da seguire per distinguere le borse di marca da quelle da ‘mercato rionale’.

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    Daniela Santanchè avrebbe regalato due borse Hermès contraffatte a Francesca Pascale. L’attuale ministra del Turismo, nota per il suo amore per il lusso, forse a causa degli alti costi delle borse del celebre marchio (che variano dai 6.000 ai 100.000 euro), avrebbe optato per un’alternativa più economica. Oppure, ipotesi non da escludere, potrebbe a sua volta essere stata ingannata. Ma chi lo dice? Le borse in questione erano una Birkin rosa pesca e una Kelly verde militare, entrambe dal valore di circa 18.000 euro.

    La scoperta delle false Hermès: una scenetta imbarazzante

    Le borse false in questione sono state scoperte quando la Kelly verde ha avuto un problema con la cerniera interna. Pascale si è recata nella boutique Hermès di via Montenapoleone a Milano per chiederne la riparazione. Il commesso, però, dopo un rapido controllo, l’ha portata nel retro del negozio e le ha spiegato che la borsa risultava contraffatta, in quanto priva dei Codici Identificativi tipici dei prodotti originali. Già ma cose si fa a distinguere una borsa autentica da una taroccata? Quali sono le accortezze da tenere sott’occhio? Quali i particolari che bisogna controllare prima di acquistarne una a “buon mercato”?

    Come distinguere una borsa originale da una contraffatta

    Prima di acquistare una borsa di marca che, visto i costi, resta sempre un investimento, è essenziale sapere come riconoscere un prodotto autentico. Si può fare un breve esame dei materiali, della lavorazione e dei dettagli. Ecco i principali elementi da verificare per distinguere una borsa originale da un falso.

    Le borse di lusso sono realizzate con pelli pregiate come vitello, agnello, coccodrillo e struzzo, garantendo morbidezza, resistenza e una finitura uniforme. Le imitazioni spesso utilizzano materiali sintetici o pelle di scarsa qualità, caratterizzati da un odore chimico e una consistenza rigida. Il colore delle borse autentiche è intenso e uniforme, mentre nei falsi possono esserci sbavature e imperfezioni.

    Che cos’è il Codice di Autenticità che ha smascherato le borse in questione…

    Molti brand di lusso inseriscono un codice univoco sotto forma di cartellino o etichetta interna. Questo codice può essere verificato direttamente sul sito ufficiale del marchio o presso un rivenditore autorizzato. Tuttavia, i modelli vintage potrebbero non avere questo elemento.

    Cuciture precise al millimetro

    Le borse originali presentano cuciture impeccabili: linee dritte, punti regolari e simmetrici. Le imitazioni spesso hanno cuciture irregolari, fili fragili e sfilacciati. Nei modelli trapuntati, il motivo deve risultare perfettamente allineato.

    Fodera e interni

    Le case di moda di lusso utilizzano fodere di alta qualità, come seta o tela di cotone, con cuciture rifinite e ben nascoste. Le borse contraffatte, invece, hanno fodere sottili, economiche e cuciture approssimative. Anche l’organizzazione degli scomparti nelle borse originali è studiata con precisione.

    Logo, marchi e dettagli metallici

    Il logo deve essere inciso o stampato con la massima precisione. Deve risultare nitido, con caratteri ben definiti e senza sbavature. Nelle borse false, il logo può essere leggermente alterato nel font, posizionato in modo errato o con lettere sfocate. Inoltre, il logo spesso appare anche sulla fodera interna, sulle fibbie e sulle zip.

    Le zip, le fibbie e le chiusure delle borse originali sono realizzate con materiali di alta qualità, hanno un peso consistente e scorrono senza intoppi. Le borse contraffatte tendono a presentare metalli leggeri, fragili o con finiture poco curate. Molti marchi incidono il logo anche su questi componenti. A volte i controllori di qualità e di autenticità conoscono perfettamente il suono che fa la zip originale scorrendo. Sono in grado quindi di distinguere il vero o falso solo dal rumore emesso dalla zip.

    Anche la custodia e la confezione sono un marchio di fabbrica

    Le borse autentiche vengono vendute con un packaging curato, solitamente una dust bag con logo e un imballaggio elegante. Se una borsa viene fornita senza alcuna custodia o con un involucro anonimo, potrebbe trattarsi di un’imitazione.

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      Beatrice Luzzi: «Guadagnavo 12 milioni al mese con Vivere. Poi ho mollato tutto e mi sono giocata la carriera»

      «Quel ruolo mi stava consumando l’anima. Ho detto no a un collega che detestavo e mi sono tagliata le gambe. Per anni ho scritto domande per L’Eredità. Oggi? L’amore non c’è, nella mia vita non c’è spazio»

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        Chi pensava che Beatrice Luzzi si sarebbe eclissata dopo il Grande Fratello, non aveva fatto i conti con la sua personalità. Tagliente, ironica, scomoda, è diventata uno dei volti più discussi del reality, prima concorrente, poi opinionista. E anche adesso che i riflettori sulla casa si sono spenti, Beatrice non ha alcuna intenzione di smettere di dire quello che pensa.

        In una lunga intervista al Corriere della Sera, l’attrice 54enne racconta tutto, o quasi: la popolarità esplosiva con la fiction Vivere, gli anni di stop, la scrittura per L’Eredità, l’incontro surreale con Madonna e la “non” storia con Giuseppe Garibaldi. «Quando ho lasciato Vivere guadagnavo 12 milioni al mese», confessa, «ero superpopolare, ma quel ruolo mi stava consumando l’anima. E l’ho mollato. L’ho pagata cara: per rimettermi in carreggiata ci ho messo un bel po’».

        Il percorso di Luzzi è tutt’altro che lineare. Gli esordi sono da copertina: uno spot con Vittorio e Alessandro Gassman, un altro con Michael Schumacher per la Fiat Multipla. «Mi chiese di dove fossi. “Di Roma”. E lui: “Sei romena?”». Poi arriva Vivere e il boom televisivo. Ma anche il grande rifiuto: «Nel 2001 mi proposero un ruolo importante, ma avrei dovuto lavorare con un collega che non sopportavo. Rifiutai e persi il treno».

        Nel silenzio mediatico che segue, Beatrice non si ferma. «Per tre anni ho scritto le domande a L’Eredità. Un lavoro di fino: 12 ore al giorno a fare ricerche, le risposte sbagliate devono sembrare vere, tutto deve passare tre fasi di controllo. Una faticaccia, ma stimolante».

        Il capitolo sentimentale? In stand-by. «In questo momento l’amore non c’è. Ho due figli adolescenti, è una fase delicata, hanno bisogno di me. Se mi lasciassi andare alla passione, avrebbe la meglio su tutto. E non posso permettermelo».

        E Giuseppe Garibaldi? «Al Gf c’è stata una connessione profonda, quasi ancestrale. Ma non si è integrata nella realtà. La magia non basta».

        Immancabile il capitolo polemiche. Su Cesara Buonamici dice chiaramente: «Non mi ha accolto con entusiasmo». Su Alfonso Signorini, invece, parole più morbide: «Dipende da come gli gira. Quando è in buona, è in buona». E su Stefania Orlando, con cui i rapporti sembravano tesi: «Alla fine mi ha estorto un aperitivo».

        Beatrice Luzzi non risparmia nemmeno una critica alla narrazione femminile nei reality: «Viene esaltata l’aggressività delle donne come segno di forza, ma non è così. È la stessa prepotenza maschile, solo con un altro volto. Il fatto che siano donne non le assolve. Finora mi hanno contestato, ma tra qualche mese mi daranno ragione».

        Divisiva? Forse. Ma lucida, indipendente, coerente. Beatrice Luzzi, dopo anni di alti e bassi, sembra aver trovato la sua voce. E a quanto pare, non ha alcuna intenzione di abbassarla.

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          Addio a suor Paola, volto amato della tv e tifosissima della Lazio

          La religiosa, morta a 77 anni, è stata un’icona di umanità e passione sportiva. Lotito: “Esempio d’amore e sacrificio, la sua eredità è la solidarietà”. Dalle curve all’impegno sociale, sempre al fianco degli ultimi.

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            Se n’è andata in silenzio, com’era nel suo stile, ma lascia un’eco che risuonerà a lungo nei cuori di chi l’ha conosciuta. È morta a 77 anni suor Paola, al secolo Rita D’Auria, volto amatissimo della tv, religiosa appassionata, e simbolo di un tifo diverso: quello che sa essere fedele, profondo e generoso, senza mai perdere l’umanità. È morta a Roma, nel convento delle Suore Scolastiche Francescane di Cristo Re. Era malata da tempo.

            A darne l’annuncio è stato il giornalista Guido De Angelis, durante una serata in ricordo di Giorgio Chinaglia, il “Long John” che suor Paola aveva amato da tifosa e da sorella spirituale. Originaria di Roccella Jonica, in Calabria, si era trasferita nella capitale giovanissima, e da allora non l’ha più lasciata. È a Roma che ha costruito la sua vocazione, ricevuta – come amava ricordare – il 25 gennaio, giorno della conversione di San Paolo. E da San Paolo ha preso anche il nome con cui tutti l’hanno conosciuta.

            Religiosa dal cuore immenso e dallo spirito combattivo, è stata un punto di riferimento non solo per la tifoseria laziale, ma per tutte le persone che vivono ai margini: giovani in difficoltà, donne vittime di violenza, detenuti, famiglie segnate dalla povertà. Con la sua So.Spe. (Solidarietà e Speranza), suor Paola ha portato avanti per anni progetti di inclusione, assistenza, accoglienza. Sempre col sorriso, sempre in prima linea.

            La grande popolarità arrivò con la tv, grazie alle sue apparizioni fisse a Quelli che il calcio, prima con Fabio Fazio, poi con Simona Ventura. In un mondo televisivo che spesso predilige il rumore e la polemica, suor Paola portava uno stile inconfondibile fatto di ironia, garbo e devozione sincera, riuscendo nell’impresa di farsi amare anche da chi non tifa Lazio.

            Il presidente biancoceleste Claudio Lotito, profondamente legato alla religiosa, ha voluto ricordarla con parole cariche di affetto: “Sento il dovere di esprimere la mia più profonda riconoscenza verso suor Paola per l’esempio di amore, sacrificio e passione che ha incarnato quotidianamente. Conserverò sempre il ricordo delle sue parole e del suo sorriso, capaci di scaldare il cuore di tutti. Ci lascia un’eredità preziosa: la certezza che l’altruismo e la solidarietà siano la forza più grande che possiamo donare al prossimo”.

            Anche Cristina Mezzaroma, presidente della Fondazione SS Lazio 1900, ha voluto salutarla: “Suor Paola non è stata soltanto un simbolo di dedizione e di fede, ma una vera amica e una guida spirituale. La sua presenza discreta e la sua opera instancabile sono state un faro per la nostra comunità. Il suo esempio continuerà a ispirarci ogni giorno”.

            Suor Paola era un’anomalia luminosa. Una donna di Dio che sapeva ridere e gioire per un gol al 90esimo, ma che poi tornava a occuparsi delle ferite degli ultimi con la stessa passione. Il suo tifo era amore, la sua fede era azione, la sua voce una carezza in un tempo spesso troppo duro.

            Ora la curva Nord è più vuota. Ma la sua eredità è viva, e continuerà a brillare.

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              Marco Predolin compie 74 anni: «Berlusconi? Lo incontrai sporco di cozze. Potevo essere Bonolis o Scotti»

              Tra successi tv e polemiche, falsi scoop e grandi rimpianti, Marco Predolin racconta la sua vita lontano dai riflettori. E rivela: «Potevo diventare il numero uno, ma ho fatto scelte diverse. E qualcuno ha remato contro…»

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                Il nome completo è Marco Maria Dalmazio Predolin, ma per milioni di italiani degli anni Ottanta e Novanta era semplicemente Marco Predolin, volto amatissimo del preserale Fininvest e protagonista di programmi diventati cult come M’ama non m’ama e Il gioco delle coppie. Oggi compie 74 anni – è nato il 26 marzo 1951 a Borgo Val di Taro – e festeggia lontano dai riflettori, nella sua seconda vita: quella di ristoratore a Porto Rotondo, dove gestisce un locale di successo affacciato sul mare.

                Ma chi pensa che Predolin si sia “ritirato” si sbaglia. Perché oltre al ristorante, coltiva da anni un’altra passione: il mare, anzi il mondo subacqueo. «Realizzo video sub con un’équipe di professionisti, è un’avventura entusiasmante. Ogni tanto qualche cliente del ristorante mi riconosce e mi chiede: “Ma lei è Predolin? Quello di M’ama non m’ama?”», racconta con un sorriso.

                È proprio grazie a M’ama non m’ama che Marco Predolin diventa uno dei volti simbolo della TV commerciale italiana. Al suo fianco, tra il 1983 e il 1985, ci sono prima Sabina Ciuffini e poi Ramona Dell’Abate. Poi arriva Il gioco delle coppie, altro fenomeno di ascolti, che conduce dal 1985 al 1990 su Italia 1, Rete 4 e infine Canale 5. A quel punto, però, qualcosa si rompe.

                «Potevo diventare Bonolis. Potevo essere Scotti. Ma c’è sempre qualcuno che, nel momento giusto, ha preferito che restassi indietro», ha dichiarato più volte. E a chi gli chiede se ha dei rimpianti, risponde senza giri di parole: «Sì, certo. Ma anche tanta riconoscenza per quello che ho avuto».

                In un’intervista ha raccontato un aneddoto curioso sul suo primo incontro con Silvio Berlusconi: «Ero andato a fare immersioni e mi presentai alla riunione ancora sporco di cozze e con la tuta da sub. Mi guardarono tutti malissimo. Tranne lui, che mi disse: “Lei mi piace perché è fuori dagli schemi”. Quel giorno capii che Berlusconi cercava proprio personalità forti. E io lo ero».

                Dopo Passiamo la notte insieme, varietà sexy dell’estate 1988, e Una rotonda sul mare al fianco di Red Ronnie, la carriera di Predolin prosegue ancora qualche anno in TV, poi arriva il distacco. E insieme a quello, i rumors.

                «Mi hanno dato per morto, mi hanno detto sieropositivo, mi hanno fatto di tutto. Ma io sono sempre qui», dice oggi. Quelle false voci – alimentate da un certo sensazionalismo della cronaca – lo hanno ferito, ma non abbattuto: «La gente mi vuole ancora bene. E quando mi fermano per strada, mi ringraziano per la leggerezza che portavo ogni sera in casa loro».

                Negli ultimi anni, lo abbiamo rivisto solo sporadicamente: nel 2017 partecipa al Grande Fratello VIP, ma viene squalificato per una bestemmia. Episodio che lui stesso definisce «una sciocchezza», ma che segna la sua ultima apparizione importante in TV.

                Oggi la televisione gli manca, ma non troppo: «Ho altri ritmi, altri valori. La notorietà è una droga pericolosa. Ti illude che tutto ti sia dovuto. Ma poi arriva la vita vera. E io ho scelto di viverla guardando il mare ogni mattina».

                E chissà, magari davanti a un piatto di linguine alle cozze. Quelle stesse cozze con cui, una volta, si presentò da Berlusconi. E gli cambiò la vita.

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