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Selvaggia Lucarelli e le querele: «Stanno diminuendo, mi preoccupo»
Da una causa per aver detto “bimbomin***ia” a un rapper fino alle vittorie in tribunale contro gli hater: Selvaggia Lucarelli parla delle sue battaglie legali con la solita graffiante ironia. «Vorrà dire che mi sto imborghesendo?»
Se c’è una persona che ha ormai fatto il “callo” alle querele, quella è Selvaggia Lucarelli. Da anni bersaglio preferito – e al tempo stesso tiratrice scelta – della rete, la giornalista e opinionista ha collezionato esposti e denunce quasi quanto follower. Ma, come ha raccontato con ironia ad Alessia Marcuzzi durante il programma Obbligo o verità, il trend pare in calo. E la cosa, sorprendentemente, la preoccupa.
«Stanno diminuendo con il tempo, mi preoccupo. Vorrà dire che mi sto imborghesendo? Saranno massimo una decina le ultime», ha detto sorridendo, ammettendo però che in fondo ci ha fatto l’abitudine. E non solo: alcune le sono rimaste particolarmente nel cuore.
Quando Marcuzzi le ha chiesto qual è la sua querela preferita, Selvaggia ha risposto senza esitazioni: quella ricevuta da un noto rapper – il nome non è stato esplicitato, ma in molti pensano a Fedez – per averlo definito, in un post social, “bimbomin**ia”. «Questa mi diverte tantissimo – ha spiegato – perché immaginati gente togata che deve deliberare se sia un termine offensivo o solo giocoso. È un processo che ruota attorno a una parola. Non vedo l’ora!».
Eppure, dietro il sarcasmo, c’è anche la consapevolezza di quanto certi processi siano diventati battaglie simboliche. «La querela che più mi ha dato soddisfazione vincere? Quella contro alcuni miei hater. Quelle sentenze diventano il simbolo di una vittoria importante. Non per me come persona, ma per ciò che rappresentano. Far capire che non si può dire tutto, che esistono dei limiti, che anche sui social esiste la responsabilità delle parole».
Lucarelli è abituata agli attacchi, non solo verbali. Ma col tempo ha imparato a distinguere tra critiche legittime e violenza verbale gratuita. «Spesso mi accusano di dire le cose “troppo dirette”. Ma io credo che ci sia bisogno di dire le cose, appunto. Se no ci si abitua al rumore e si smette di ascoltare davvero».
Alla fine, però, è sempre la sua inconfondibile ironia a prendersi la scena. «Se arrivasse una settimana senza una querela – ha concluso, ridendo – probabilmente chiamerei l’avvocato preoccupata: “Dove ho sbagliato?”».