Cronaca
Il rapper indagato per rissa nel caso Iovino!
Deferimento di Federico Leonardo Lucia all’autorità giudiziaria per il reato di rissa. Fedez è ufficialmente iscritto nel registro degli indagati alla Procura di Milano per un presunto episodio di violenza che ha visto coinvolto Cristiano Iovino.

Fedez è ancora al centro di uno scandalo, ma bello grosso. L’artista è indagato per rissa, lesioni e percosse a seguito di un presunto pestaggio ai danni di Cristiano Iovino. L’episodio, vede Fedez accusato di aver aggredito il personal trainer in circostanze che sono ancora sotto inchiesta. Le autorità stanno lavorando per ricostruire esattamente cosa sia accaduto e determinare le responsabilità.
Nessuna denuncia
L’agguato a Iovino è avvenuto intorno alle 3.30 del mattino. I vigilantes di un complesso di CityLife hanno allertato il 112 riferendo che un uomo era stato aggredito da un folto gruppo di persone. Nel frattempo, Iovino è salito a casa per medicarsi. All’arrivo dei soccorsi e dei carabinieri, la vittima ha scelto di non sporgere denuncia e di non andare in ospedale.
Senza querela si va avanti lo stesso
Ma questo reato è procedibile d’ufficio, a differenza del reato di lesioni, che richiede la querela di parte. Ma, nonostante le ripetute sollecitazioni, Iovino non ha ancora depositato querela. E poiché Fedez è stato “certamente identificato” dai carabinieri, è stato possibile procedere con la “Comunicazione di notizia di reato”.
Conseguenze legali?
Al momento, i dettagli della rissa rimangono in parte oscuri, ma la gravità delle accuse ha già scatenato un acceso dibattito tra i fan del rapper. Fedez, che non è nuovo a controversie pubbliche, dovrà ora affrontare le conseguenze legali di questo caso.
Le accuse sono state formulate in relazione ai fatti avvenuti tra il 21 e il 22 aprile a Milano, quando il personal trainer Cristiano Iovino è stato aggredito nei pressi della sua abitazione. Testimoni oculari dell’accaduto hanno riconosciuto il noto rapper, ormai ex marito di Chiara Ferragni, come parte di un gruppo che scende da un van e attacca il personal trainer dei vip, Iovino.
Fedez era tra gli aggressori
Tutto questo si sa grazie ai filmati di sorveglianza della zona, che hanno ripreso l’intera scena, confermando la presenza di Federico Lucia tra gli aggressori. E il tutto è stato acquisito dagli investigatori. Le immagini ottenute, anche se non di elevatissima qualità, che i carabinieri hanno visionato e poi hanno deciso, la mattina del 22 aprile scorso, sono state sufficienti per comunicare alla Procura il resoconto di quanto avvenuto poche ore prima.
E in questa comunicazione, una Pec inviata alla procura di Milano, infatti, si legge il “deferimento di Federico Leonardo Lucia all’autorità giudiziaria per il reato di rissa”.


Un’auto dei carabinieri e a destra Fedez durante le sue recenti dichiarazioni sul caso
Ma la famiglia Lucia prende le distanze dall’accaduto
Federico afferma “Io non c’ero, e dalla telecamera non si vede niente” – “Non c’è un referto medico, non c’è la persona ferita. Il reato di lesioni personali deve avere un referto di più di 40 giorni. Anche se si fosse fatto male non c’è reato. Non ci sono gli estremi”.
In tutto questo anche la madre del rapper, Annamaria Berrinzaghi, si è espressa in difesa del figlio per denunciare un accanimento mediatico nei confronti di Federico.
I legali del rapper, invece, sono in una posizione prudente e difensiva: “Abbiamo appreso la notizia dai giornali, al mio assistito, finora, non è stato notificato alcun atto. Attendiamo il lavoro degli inquirenti”.
In attesa che la giustizia faccia il suo corso, rimane fondamentale per tutte le parti coinvolte il rispetto del diritto alla difesa e alla presunzione di innocenza.
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Storie vere
Dalla diagnosi di autismo quando aveva 3 anni all’autonomia conquistata. Il caso di Andrea Antonello
Il padre ha permesso al figlio di intraprendere un percorso che lo ha reso sempre più autonomo nella vita quotidiana.

Il trentaduenne Andrea Antonello di Castelfranco Veneto è una figura ispiratrice per chi ogni giorno è alle prese con l’autismo. La sua vita ha preso una piega particolare quando, all’età di 3 anni, gli è stata diagnosticata la sindrome dello spettro autistico. Suo padre Franco Antonello, un imprenditore, ha scelto di dedicarsi completamente al figlio, accompagnandolo in un percorso di crescita che ha portato Andrea verso una sorprendente autonomia.
Un percorso di autonomia e crescita per chi è alle prese con l’autismo
Nonostante le iniziali difficoltà, Andrea ha raggiunto importanti traguardi. Grazie al sostegno della famiglia, è riuscito a diventare sempre più indipendente. Un esempio significativo è il fatto che vive da solo da alcuni anni, un traguardo straordinario per una persona con disabilità intellettiva. Andrea gestisce la sua casa, cucina, tiene tutto in ordine e lavora nell’Impresa sociale “I Bambini delle Fate”, fondata dal padre per sostenere progetti di integrazione per ragazzi autistici.
Esperienze straordinarie
Andrea e suo padre hanno vissuto esperienze incredibili insieme, come un viaggio in moto di tre mesi attraverso le Americhe. Questa avventura ha ispirato il film Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores. La storia del loro viaggio e il racconto della loro vita sono diventati fonte di ispirazione per molte famiglie.
I contributi alla comunità e la scrittura
Andrea è anche autore di diversi libri scritti con il supporto della scrittura facilitata. Nei suoi testi, descrive in prima persona la sua esperienza con l’autismo, contribuendo a sensibilizzare il pubblico e rompere gli stereotipi. La sua narrazione offre un punto di vista unico, aiutando a comprendere meglio il mondo delle persone autistiche.
Cronaca
Caso Emanuela Orlandi: spunta l’ipotesi di un riscatto pagato dal Vaticano
Un appunto del SISMI e un’informativa del 1983 ipotizzano che la Santa Sede possa aver versato un riscatto per liberare Emanuela Orlandi. La Commissione parlamentare d’inchiesta vuole fare luce su anni di ombre e omissioni.

A oltre quarant’anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, il caso torna al centro dell’attenzione con una rivelazione che potrebbe cambiare tutto. Due documenti finora inediti, appena depositati alla Commissione parlamentare d’inchiesta, lasciano intendere che il Vaticano potrebbe aver pagato un riscatto nel tentativo di ottenere la liberazione della ragazza, scomparsa il 22 giugno 1983.
Il primo documento – rivelato dal Venerdì di Repubblica – è un appunto del SISMI, il servizio segreto militare italiano, datato 27 luglio 1983. In forma condizionale, il testo ipotizza il pagamento di una somma da parte della Santa Sede. A rafforzare questa pista, un secondo dossier, risalente al 12 agosto dello stesso anno, riporta una riunione in Vaticano alla presenza di alti magistrati e funzionari italiani, tra cui Domenico Sica e Nicola Cavaliere. In quell’occasione l’arcivescovo Eduardo Martinez Somalo, in rappresentanza della Segreteria di Stato, smentì ogni voce su un presunto esborso e negò contatti diretti con i rapitori, avanzando invece sospetti su un profugo bulgaro.
Le nuove carte, ora in possesso della Commissione parlamentare, hanno sollevato interrogativi cruciali. Il deputato Roberto Morassut (PD), vicepresidente della Commissione bicamerale d’inchiesta, ha espresso preoccupazione: «Ci era stato detto che il fascicolo dell’Archivio di Stato era vuoto, ma ora emergono materiali di grande rilevanza. Approfondiremo con i nostri poteri investigativi».
Anche l’avvocato Laura Sgrò, legale della famiglia Orlandi, ha chiesto massima trasparenza: «Da anni chiediamo l’accesso ai documenti vaticani. Adesso che ne è stata ammessa l’esistenza, è fondamentale che vengano messi a disposizione della Procura di Roma e della Commissione parlamentare per fare finalmente luce su questa vicenda».
Nel frattempo, il mistero si infittisce. Se davvero il Vaticano ha pagato un riscatto, perché Emanuela non è mai stata liberata? Chi ha trattenuto il denaro? E qual è stato il ruolo reale della Santa Sede nella gestione del caso?
Domande che trovano un nuovo contesto in un dossier di 459 pagine custodito nell’Archivio Centrale dello Stato, intitolato proprio Caso Emanuela Orlandi e collocato nella sezione “Sabotaggi e attentati”. Si tratta di documenti del SISMI prodotti tra il 1983 e il 1985: vi si trovano riferimenti al caso Ali Agca, al sedicente Fronte Turco Anticristiano Turkesh, alle telefonate anonime, ai contatti internazionali e alla vicenda “Phoenix” legata a misteriosi messaggi anonimi.
Questo faldone, versato nel 2014 in base alla Direttiva Renzi, sembrava scomparso nel 2022 ma in realtà è sempre stato custodito negli archivi. Oggi potrebbe rivelarsi una chiave fondamentale per decifrare uno dei più inquietanti enigmi della storia italiana recente. E finalmente, forse, restituire una verità attesa da oltre quattro decenni.
Storie vere
Sessismo in un’aula di Tribunale: l’avvocata Eleonora Coletta e la sua lotta per la verità
Accuse calunniose e strategie difensive discutibili: l’avvocata Coletta denuncia domande sessiste durante il processo contro la Asl di Taranto, in una battaglia legale per ottenere giustizia e risarcimento dopo la perdita del marito e del padre.

Eleonora Coletta, avvocata e vice presidente del comitato Verità e Giustizia vittime Covid Moscati, ha intrapreso una difficile battaglia legale contro la Asl di Taranto, accusata di malasanità per la morte del marito Dario e del padre durante la pandemia. Gli eventi si sono svolti presso l’ospedale Moscati di Taranto. Coletta attribuisce i decessi a errori sanitari piuttosto che alle conseguenze del virus. Questa dolorosa vicenda ha spinto l’avvocata a scrivere il libro Canale Terminale, in cui descrive quel reparto come il punto finale per molti pazienti Covid.
Un causa civile che in aula degenera
Fin dal suo inizio la causa civile si è trasformata in una sfida spinosa per Coletta, che denuncia di essere stata bersaglio di domande «sessiste» durante il processo. Secondo lei, tali domande mirano a screditare il suo dolore e a ridurre il risarcimento richiesto. Nonostante i periti abbiano accertato le responsabilità della Asl, l’azienda ha rifiutato la conciliazione, prolungando la controversia. Eleonora Coletta continua così a combattere, sottolineando l’importanza della dignità personale e della giustizia per le vittime di malasanità.
La lotta di Coletta per difendere il rispetto della dignità personale
L’avvocato della Asl ha adottato una strategia difensiva che ha cercato di insinuare che la sua presunta condotta privata libertina ridurrebbe il suo dolore per la perdita del marito, E, di conseguenza, il risarcimento richiesto. Coletta respinge fermamente le accuse, sottolineando il legame profondo con il marito, che l’ha sostenuta in momenti difficili, come durante un ricovero a Milano. La vicenda solleva interrogativi sul rispetto della dignità personale e sulla giustizia per le vittime di malasanità, evidenziando le difficoltà che le donne possono incontrare nel difendere la propria integrità in contesti legali.
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